Fine wine

Soffrono i vini di pregio: prezzi in caduta negli ultimi due anni. Ma è proprio questo il momento di investire

Collezionisti più prudenti a causa di un mercato incerto, ma nella nuova classificazione Liv-Ex aumentano le etichette italiane

  • 16 Settembre, 2025

La nuova classificazione Liv-Ex sui fine wine mondiali pubblicata a settembre ci insegna alcune cose. In primo luogo, che il -23% registrato dal mercato secondario dei prezzi dei vini (basati sul Liv-ex 1000, indice principale) indica un netto ridimensionamento a partire dal 2023 (anno dell’ultima Liv-ex Classification); in secondo luogo, che per molti appassionati e imprenditori è il momento di investire nei vini da collezione, in attesa di una ripresa – si spera – delle quotazioni nei prossimi anni; in terzo luogo, che l’Italia ben figura, incrementando le etichette pregiate, con performance percentuali migliori di una Francia che resta leader incontrastata.

Prezzi in discesa

La caduta dei prezzi è il leit motiv di questo 2025, in cui la borsa dei vini di pregio firmata Liv-ex include dieci Paesi: il più alto numero da quando è stata creata. Alla luce dell’andamento delle compravendite, i limiti minimi e massimi delle singole fasce di prezzo sono stati notevolmente ribassati. Per esempio, tra le cinque fasce, la prima parte da 2.839 sterline invece che da 3.641 come nel 2023; la seconda da 781 e non più da 1.002 sterline come due anni fa. Il limite minimo è sceso da 364 a 284 sterline. Pubblicata per la prima volta nel 2009, il suo ordine rimane basato sulla classificazione bordolese dei vini più prestigiosi, dal quinto al primo cru, in base al prezzo di vendita e alla frequenza degli scambi sul mercato secondario.

Il rafforzamento del made in Italy

L’Italia rafforza il suo posizionamento, passando da 65 a 86 etichette, di cui 9 nella fascia più alta e 42 in seconda fascia. L’Italia segue la Francia (207 etichette, con ben 106 vini da Bordeaux) e precede gli Stati Uniti (15), la Spagna (9), l’Argentina (6), il Cile (3), l’Australia (2), la Nuova Zelanda (2), la Svizzera e il Portogallo, entrambe con una etichetta.

Tra i soli vini italiani, prevalgono quelli della Toscana (45), rispetto a Piemonte (36), Veneto (3), Umbria (1) e Abruzzo (1). Toscani e piemontesi sono gli unici presenti nella prima fascia, che comprende complessivamente 66 etichette, rispettivamente con 5 e 4 etichette. Si tratta del Barolo Monfortino (Giacomo Conterno), Masseto (Frescobaldi), Case Basse (Soldera), Brunello di Montalcino riserva (Biondi Santi), Barbaresco Sorì San Lorenzo (Gaja), Barolo Falletto Vigna Le Rocche (Bruno Giacosa), Barolo Monvigliero (Burlotto), Lodovico (Tenuta di Biserno) e Matarocchio (Antinori, Guado al Tasso).

Dominio francese in prima fascia

La testa della classifica della prima fascia, che include 66 prodotti, è occupata dalla Borgogna, con ben tre etichette a firma Domaine de la Romanée-Conti. Il primo posto (occupato da Romanée-Conti grand cru) registra un prezzo medio (per 12 bottiglie da 0,75 litri, una cassa da 9 litri) di oltre 172mila sterline. Quarto posto per Petrus, seguito da Domaine Armand Rousseau e dall’americana Screaming Eagle con il suo Cabernet Sauvignon. La prima azienda italiana (Giacomo Conterno) è al 17esimo posto.

Il posizionamento italiano risulta meno sbilanciato rispetto ai competitor nella seconda fascia dei vini più costosi nel Liv-ex, che conta 160 vini di sei Paesi, di cui metà provenienti dalla Borgogna. Di fronte a un podio guidato da Opus One (Napa Valley), da Domaine Jean Louis Chave (Rodano) e da Krug (Champagne), il Barolo del piemontese Giuseppe Rinaldi è in quinta posizione, dopo Vega Sicilia (Spagna). Ma nelle prime dieci posizioni c’è anche l’Amarone di Giuseppe Quintarelli. Due etichette made in Italy che – come rilevano gli analisti del Liv-Ex – hanno fatto meglio di vini blasonati e storici come Sassicaia e Solaia.

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La chiesa di Saint Claire de Préhy immersa nei vigneti di Chablis

Mercato incerto e acquirenti verso le regioni “sicure”

Il commento degli analisti londinesi del Liv-ex è collegato al difficile momento del mercato. «Sebbene Francia, Italia, Stati Uniti e Spagna abbiano registrato un numero di vini qualificati superiore nel 2025 rispetto 2023, ci sono regioni che hanno registrato risultati meno positivi. Per esempio, i vini australiani sono scesi da 5 a 2 unità. Questo – concludono – potrebbe riflettere la tendenza degli acquirenti, in un mercato incerto, a orientarsi verso regioni vitivinicole più sicure e conosciute, rispetto a quelle emergenti».

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