La crisi del vino c’è e bisogna intervenire. È questo, in estrema sintesi, il senso dello studio Eurispes – Il futuro del vino italiano – appena pubblicato dall’Istituto italiano di ricerca, che analizza le criticità del settore proponendo un vero e proprio pacchetto di salvaguardia. Il settore «sta attraversando una delle crisi più profonde di sempre» e i dazi statunitensi «frenano e danneggiano l’export». Basta negazionismo, dunque: prima si agisce meglio è.
Le proposte, messe nero su bianco su un documento di 74 pagine, comprendono la revisione del Testo Unico, la sospensione nuove autorizzazioni (come già proposto da Unione italiana vini), ma anche l’istituzione di un fondo assicurativo solidale, il ritorno al pegno rotativo e soprattutto una misura che riguarda anche i ristoratori (categoria di cui si è tanto parlato negli ultimi tempi a causa dei ricarichi): la riduzione dell’iva per il vino servito nei locali. Ma prima delle singole proposte, vediamo i numeri della crisi.
Il documento inizia con un riferimento ai consumi che sono andati giù, quando tutti, anche a causa di previsioni sbagliate, si aspettavano ben altro andamento: «Fino a poco tempo fa, peraltro, autorevoli agenzie manifestavano aspettative positive per il settore, indicando che i consumi di vino sarebbero cresciuti del 10% dal 2023 al 2028 (con il consumo di spumanti che sarebbe dovuto crescere addirittura del 14% nello stesso periodo). Altre previsioni parlavano di una crescita del mercato globale del vino, tra il 2023 e il 2027, del 2,1% annuo in volume e dell’8,8% annuo in valore. L’evolvere effettivo della situazione del mercato globale ha, successivamente, portato a rivedere tali previsioni troppo ottimistiche, stimandosi ora una progressiva, sebbene lieve, riduzione dei consumi globali di vino, da qui al 2029, quantificata ad un tasso annuo dell’1%». L’altro errore è stato credere alle stime ottimistiche sui mercati che hanno portato ad un eccesso di scorte post pandemia.
Ad incidere sul calo strutturale dei consumi, secondo l’analisi, sono tre fattori: inflazione e recessione economica; preoccupazioni per la salute e cambiamenti sociali; mutamento delle preferenze, con i consumatori che scelgono sempre più altre bevande alcoliche, come birra e superalcolici, rispetto al vino. Gli analisti, poi, indicano tra i fattori da non sottovalutare l’impatto dei dazi di Trump: «la “guerra” commerciale in corso con gli Stati Uniti, potrebbe coinvolgere tutto il comparto».
«Alla luce dei dati di sintesi di un settore che sta attraversando una delle crisi più profonde di sempre – si legge nel testo – l’Eurispes intende evidenziare, in una sorta di “pacchetto di salvaguardia”, alcune proposte operative di sicuro interesse per il suo sostegno». La prima riguarda la revisione del Testo Unico del vino, che ormai risale a quasi 10 anni fa. In particolare, le misure suggerite prevedono: riduzione delle rese per ettaro; allineamento delle rese delle uve ai dati reali degli ultimi cinque anni; revisione dei disciplinari di produzione e revisione del meccanismo degli esuberi; revisione delle riclassificazioni e degli strumenti di gestione; riforma del sistema delle denominazioni, con l’accorpamento regionale delle denominazioni. Tutte proposte in linea con quanto più volte suggerito dal presidente di Unione italiana vini Lamberto Frescobaldi.
Sempre in linea con Uiv, c’è la sospensione alle nuove autorizzazioni per un anno. «Da valutare anche – si legge nel documento – l’estensione della validità delle autorizzazioni di reimpianto a otto anni, periodo ritenuto necessario per consentire ai produttori di riallineare la produzione ai mutati stili di consumo e ai nuovi mercati».
Quella che sembrava un’idea peregrina, lanciata qualche mese fa dal ristoratore Roberto Astuni, trova spazio anche nel pacchetto Eurispes: «Una risposta ai dazi, anche al fine di rilanciare i consumi interni, potrebbe consistere nel tagliare l’Iva sul vino a pasto nei ristoranti, sul modello di quanto già accaduto nei primi anni Duemila in Francia, quando l’Iva fu abbassata al 7 per cento. Oggi, infatti, il vino è considerato un bene voluttuario, con un’Iva all’acquisto pari al 22% e al 10% se servito al tavolo». Di sicuro, la misura servirebbe anche a risolvere il problema dei ricarichi, tanto sentito in questo periodo, ma scontenterebbe tanti altri comparti in fila da tempo per ottenere l’agevolazione.
Guardando a quanto avvenuto in Francia, l’Eurispes propone anche l’adozione di un regime assicurativo di sostegno. Infatti, la Commissione europea ha recentemente approvato a favore della Francia, in base alle norme Ue sugli aiuti di Stato, un regime di riassicurazione francese da 5 miliardi di euro per i crediti all’esportazione verso gli Stati Uniti. Il regime è rimasto in vigore dall’8 maggio 2025 all’8 luglio 2025 e ha consentito agli esportatori di vini e alcolici di spedire scorte negli Stati Uniti prima dell’entrata in vigore della annunciata nuova ondata di tariffe.
«Certo – si legge nel documento – dopo l’entrata in vigore dei detti dazi, una tale soluzione perde il suo interesse. Tuttavia, sempre compatibilmente con la disciplina in materia di aiuti di Stato e forti proprio del detto precedente, potrebbe essere interessante studiare comunque un analogo regime di copertura assicurativa, garantito dallo Stato e a sostegno del settore».
Sempre in ambito assicurativo, la proposta Eurispes è di creare un fondo assicurativo tra produttori per evitare che le rese in eccesso svalutino il vino. In sostanza, si tratterebbe di un fondo comune di investimento, magari con cofinanziamento pubblico, per eliminare i bassi prezzi del vino nel mercato. Il meccanismo è spiegato nel testo: «Facendo una stima delle vendite prima della vendemmia e confrontandola poi con le rese, si potrebbe calcolare il differenziale, che costituisce un volume di ettolitri avanzati da vendere prima che le eccedenze stesse possano svalutare il prodotto. In definitiva, sarebbe una sorta di “assicurazione solidale” tra produttori».
Tra le altre soluzioni sul tavolo, i “crediti natura“, per premiare, sostenendolo finanziariamente, chi tutela l’ambiente, sulla scorta di quanto già fatto in Ue con il mercato di scambio del carbonio; il ritorno del pegno rotativo, che vede il vino in cantina trasformarsi in garanzia per prestiti bancari; le compensazioni Ue, ovvero misure emergenziali mirate e limitate nel tempo per attenuare gli effetti dell’aumento dei dazi. E poi anche l’utilizzo di nuovi strumenti digitali come l’impiego dell’Intelligenza artificiale non solo in vigna, ma anche per l’analisi dei consumi in modo da identificare le preferenze dei consumatori. «Utilizzando algoritmi di machine learning – si legge nel documento – i produttori possono così comprendere meglio quali caratteristiche del vino (come dolcezza, acidità, corpo) sono più apprezzate dai consumatori. Con queste informazioni, i produttori possono, quindi, conquistare anche nuovi mercati». O, almeno, quello è l’obiettivo.
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