In un mix sensuale di carattere tropicale, sentimento nazionale e influenze esotiche, i dominicani contano su una cultura culinaria ricca e variegata, fermentata in un passato di apporti, fusioni coloniali e influenze etniche, tra aborigeni, spagnoli e africani, che nei secoli hanno modellato il profilo della sua identitร . Oggi il paese รจ nel pieno di un interessante boom gastronomico. Che perรฒ risulta ancora sconosciuto, cosรฌ nel numero di Gennaio del mensile del Gambero Rosso ne abbiamo parlato. Qui un assaggio.
Nel mondo poco o nulla si conosce della ricchissima e stratificata tradizione gastronomica dominicana caratterizzata dalla genuinitร della cucina e dal valore ancora domestico delle preparazioni. Ed รจ proprio da questa semplicitร e insieme dalla infinita varietร di verdure e ortaggi concentrati nelle terre dominicane (a cominciare dai tuberi di yuca e mapuey) che prendono avvio i progetti gastronomici dei nuovi chef di scena sullโisola e a Santo Domingo, per la seconda volta nominata dall’Accademia Ispanoamericana della Gastronomia, capitale gastronomica dei Caraibi.
La gastronomia criolla si trova in un momento di grande carica, prolifico per entusiasmo e voglia di riscatto sulla scena internazionale, con al centro la cultura della cucina come mezzo efficace per lโinterscambio sociale. Riflettere su ogni prodotto originario, appropriarsene, rielaborarlo, e condividerlo a nuova vita, รจ il mantra dei nuovi chef. Molto cโรจ ancora da fare nella costruzione di unโidentitร ben riconoscibile e strutturata, ma lโorgoglio dominicano e la creativitร dei protagonisti, spingono la sua evoluzione nella giusta direzione. Ma quale รจ la storia di questo paese di passaggio e di immigrazioni?
Partiamo dalle origini. Il repertorio alimentare aborigeno dai Tainos in poi si basa sul Pan de Conquista o casabe, uno dei prodotti piรน elaborati dallโepoca di Colombo. ร una sorta di torta di farina di yuca infornata in gabbie gigantesche. ร apprezzata per le proprietร di eccellente conservazione e trasportabilitร per i mari dei Caraibi. Tra i prodotti autoctoni troviamo ananas, mais e batata; intraducibili gli altri: lechosa caimito, guanร bana, mamo, jobo, jagua, zapote, yautรฌa, lerรฉn, palmito, bija e manรฌ. Il mabรฌ, una bevanda a base di corteccia fermentata ottenuta dalla fermentazione del bejuco indio, emerge tra le migliori bevande rinfrescanti precolombiane.
Con lo sviluppo degli allevamenti, tra gli ingredienti della dieta coloniale cominciรฒ il consumo di carne di montagna. Lโapporto in carboidrati proveniva dal pane di granturco (arepa, in tutte le forme) e dalle banane importate dalle Canarie. Oggi le banane (platano) tanto verdi quanto mature, sono onnipresenti sulle tavole dominicane: il purรจ mangu โ platano pestato โ รจ fisso a cena come a pranzo, insieme al mofongo, la versione arrosto con aglio e chicharrรฒn di maiale. Il mais รจ alla base di gran parte delle pietanze salate, dalla frittura con lโanice alla polenta ripiena, dai chencรฉn ai pastelones caseros, e diventa dessert con il chacร e il gofio o majarete, con cioccolato, zenzero o caffรจ. Il cambio radicale, rispetto a questa situazione, viene determinato dallโingresso dello zucchero sullโisola.
Con lโespansione del commercio repubblicano irrompono sullโisola gli alimenti di importazione: carni salate come il tasajo del Montevideo, la pancetta di maiale americano, il pesce disidratato, salato o affumicato, baccalร , aringhe e merluzzi. Dalla fine del 1800 compare lo stufato di baccalร marinato o al cocco o in insalata con patate e cipolla, il locro criollo con mais, fagioli, patate e carne (o aringa) e il famoso ropa vieja de tasajo. Arrivarono anche strutto e farina dal Nord America e burro dal Nord Europa, insieme ai formaggi edam e gouda dallโOlanda. Olive da Spagna e Italia e riso da ovunque nel mondo.
Bocachica
Tra i piatti portati dalle diverse etnie immigrate sullโisola, persiste il pesce al cocco consumato dai neri dโAfrica nella penisola di Samanร ; e il famoso moro de guandules e cocco: un piatto natalizio a base di riso e piselli bruni dal sapore vagamente amaro e affumicato. Lo yaniqueque prende spunto dal pancake americano, ma รจ croccante e piรน gustoso. Dai libanesi arrivรฒ il quipe, polpetta fritta di carne o altro, accompagnata da salse o yogurt. Dai cinesi approdรฒ la cultura del riso fritto, delle zuppe di pesce al vapore e delle preparazioni al wok. Simbiosi totale con gli spagnoli dalla paella al cocido, carne di maiale in tutte le sue forme, polpo, baccalร e tortillas, jamon serrano e queso manchego. Oggi tutta questa densitร e tutte queste sovrapposizioni necessitano di narrazione e di identitร . E qualcuno ci sta pensando.
Dona Esperanza De Lithgow ci aspetta a casa sua per colazione, ha preparato un menu interamente fatto in casa, con le pietanze classiche dominicane, quelle del menu delle feste. Ci accoglie con gli onori degli ospiti importanti, in un tailleur blu elettrico sgargiante quanto il suo sorriso, tacco 12 e portamento eretto, come a ventโanni, sebbene i ventโanni siano ormai lontani da un poโ. Descrivere una personalitร come dona Esperanza รจ un poโ come immaginare in lei la personificazione della Repubblica Dominicana intera. Con orgoglio caraibico insegna e cucina da piรน di 50 anni sentimento e passione per la sua isola, una vera pioniera con la missione di far conoscere tradizioni e cultura gastronomica di queste terre.
ร da qui che nasce il suo impegno, in tempi in cui, di valore e identitร di cibo e preparazioni locali, non si aveva ancora consapevolezza. Non si puรฒ che immaginarsi il clamore, quando fu proprio una donna a innescare la rivoluzione della coscienza culinaria del paese. Le si riconosce la capacitร di un sincretismo culinario perfetto tra i fondamenti della tradizione e le potenzialitร offerte dalla cucina contemporanea, nel guadare indenne le contaminazioni facili quanto delle vicine tendenze global nordamericane.
Dona Esperanza mostra il valore delle tecniche antiche, della cucina lenta. La sua ricerca recupera un intero archivio storico creolo (fagiani, capre e capretti inclusi) per aggiornarlo al gusto dei tempi senza inutili perfezionismi, in unโopera di redenzione della cucina povera nellโolimpo della nascente gastronomia contemporanea, fatta di tanti giovani talenti dominicani o giunti sullโisola a rielaborarne la storia in cucina. Oggi Dona Esperanza รจ responsabile per la Gastronomia del Ministero del Turismo e ambasciatrice di cucina dominicana nel mondo. โQuando 15 anni fa sono entrata al Ministero del Turismo, nelle universitร non esisteva un programma accademico sulla cucina dominicana. Sono andata personalmente ad incontrare i rettori per chiederne la valorizzazione, e cosรฌ รจ stato. Da quel momento รจ cominciato un fermento nuovo, visibile nelle scuole ed associazioni gastronomiche, prima fra tutte la Academia Dominicana de Gastronomia. Lo scorso giugno 2019 per la prima volta sono stati selezionati e premiati i primi 10 migliori ristoranti di Santo Domingo 2018: รจ un gran risultatoโ.
Il racconto continua nel mensile di Gennaio del mensile del Gambero Rosso.
a cura di Emilia Antonia De Vivo e Vittorio Castellani
foto di Vittorio Castellani
QUESTO ร NULLA…
Nel mensile di Gennaio del mensile del Gambero Rosso trovate il racconto completo con i mercati di Santo Domingo e i nuovi cuochi, che sempre piรน spesso fanno rete: ultimo progetto รจ Sabores Ancestrales, unโautentica enciclopedia della cultura gastronomica dominicana che ha dato vita ad uno splendido libro illustrato, che raccoglie il contributo delle firme piรน autorevoli in materia che lโisola conosca. Un servizio di 13 pagine che include anche un glossarietto per capire ingredienti e piatti tipici, i 10 classici dello street food, i pionieri della nuova cucina dominicana. E ancora, una mappa con gli indirizzi piรน interessanti, una timeline per capirne la storia e l’intervista a Carlo Raspollini, autore Rai che รจ andato a vivere in Repubblica Dominicana.
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