Botteghe, alimentari, vinerie, salumerie, fruttivendoli; negli ultimi tempi si ĆØ iniziato a mangiare un po’ ovunque. Siamo certi che la fluiditĆ nella fruizione del cibo sarĆ la chiave di volta per il nostro settore.
Ve li ricordate gli chef nomadi dello scorso anno? Ora alcuni hanno trovato momentaneamente casa. Una casa, però, che non rispecchia i canoni del ristorante classico, ma che poggia le fondamenta in luoghi ādecontestualizzatiā, come può essere una bakery o una vineria. Da Ortolan a Milano a L’Antidoto di Roma, chef tecnicamente preparati si mettono in gioco in locali non proprio funzionali, tra cucine minuscole e sedute scomode, dando vita a dei menu che rimangono impressi nella memoria.
Spesso questi āristoranti non ristorantiā hanno menu dove la suddivisione antipasti-primi-secondi viene scardinata e sostituita da un elenco di una decina di piatti, dove la pasta a volte neppure compare. A proposito di pasta, questa volta spostandoci nei fine dining, capita che slitti dall’essere una delle prime portate a diventare un ottimo pre-dessert. Non a caso nella guida Ristoranti d’Italia di quest’anno abbiamo premiato come miglior pre-dessert gli spaghetti cotti in vino ossidativo, olio al ginepro e scorza di agrumi bruciati ed erbe balsamiche di Sustanza a Napoli.
Spieghiamo: ci sono stati tempi, non troppo lontani – e forse neppure troppo finiti, ma noi ne auspichiamo la fine -, dove ĆØ andata di moda la rapa rossa, il topinabur, la salicornia, l’anguria, il crescione o chi più ne ha più ne metta. Sembra che nell’ultimo periodo non ci sia più un proliferare di un unico ingrediente, notiamo invece la tendenza di proporre impiattamenti simili (vincono le āstratificazioniā, la āterrinizzazioneā o gli impiattamenti a mo’ di pavĆ© di patate) e le ricette in stile Ottolenghi, specie nei numerosissimi wine bar con cucina (e vini naturali e piattini Ć gogo). Il rischio omologazione ĆØ alto, perlomeno la riuscita del piatto ĆØ garantita.
La crisi del personale nella ristorazione ĆØ un dato di fatto. E il reddito di cittadinanza poco c’entrava. C’entra invece una modalitĆ di lavoro da ripensare, rendendola semplicemente compatibile a una vita privata. Ci stanno provando in molti a individuare soluzioni in merito, con chiusure nei weekend ā come succede nel resto d’Europa da anni ā o aperture solo giornaliere. O, nel campionato dei fine dining, con un unico menu degustazione che consente di ottimizzare tutto, compreso le ore lavorate in cucina.
L’invasione ĆØ innegabile. Molto probabilmente anche in questo caso c’entrano gli orari, la crisi del personale e il fatto che le bakery chiudano la sera. A testimonianza, Mario Sansone quando ha trasformato Marzapane in bakery ha smesso di avere problemi nel reperirlo, il personale. Poi le bakery sono decisamente più democratiche: una colazione, per quanto di livello, sarĆ sempre più economicamente sostenibile rispetto a una cena, e in tempi di crisi economica non ĆØ dato da sottovalutare. C’ĆØ di più – e qui torniamo al punto uno (ristoranti fluidi) – in molte si ĆØ cominciato a mangiare davvero bene. Solo a pranzo, chiaramente.
La bakery mania ha coinvolto pure i ristoranti, nei quali tornano come dessert dolci da forno e da credenza (dagli sfogliati, alle brioche, alla torta delle rose, quest’ultima in voga da un po’): i dolci al cucchiaio forse hanno un po’ stufato? Nei menu dei ristoranti vediamo spesso anche l’introduzione di lievitati salati, tipo focacce o pizze al padellino (il trend pizza sta coinvolgendo tutti).
O della fruizione di cibo e vino in posti inaspettati. Pensiamo a PizziCĆ rola – qui avevamo raccolto un po’ di fruttivendoli nella Capitale dove concedersi una pausa pranzo -, o Ciao sempre a Roma, a Malinconico a Napoli, all’Edicola 518 di Perugia che a fine 2023 ha aperto una vineria, alla ābottega di quartiereā Sottobanco di Milano. Esempi di come fruttivendoli, alimentari, edicole, botteghe, salumerie possano diventare posti dove una virtuosa selezione della materia prima passa dal banco al piatto. Bella l’iniziativa dell’azienda agricola Janas che ha organizzato un tour delle botteghe romane con le quali ha affinitĆ elettive.
Sul classico, più che un ritorno del ristorante classico (ne vorremmo di più) vediamo un ritorno del ricettario classico: in tavola ci sono molte preparazioni di stampo classico in posti contemporanei, il pâté en croûte, ad esempio, ma anche il fondo bruno utilizzato a condimento, ormai sempre più diffuso.
La brace non ĆØ propriamente una novitĆ dell’ultimo anno, ma nell’ultimo anno sono stati sempre più numerosi i cuochi infatuati dalla fiamma. Anche nei ristoranti classici, anche coinvolgendo il mondo vegetale. E parlando di vegetale, nonostante i piatti vegetariani siano aumentati e onnipresenti ovunque (fortunatamente), ci sembra invece che sia in crisi il ristorante puramente vegetariano, non ne aprono praticamente più. SarĆ che i cuochi non vogliono mettersi paletti da soli?
Hanno collaborato Antonella De Santis, Valentina Marino e Pina Sozio
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