«Siamo ancora sotto shock, ma non ci arrendiamo». Le parole di Davide Zoppi sono intrise di sgomento dopo la violenta aggressione subita dal marito, Giuseppe Luciano Aieta, tra le vigne della tenuta Cà du Ferrà, nello Spezzino. Quella che avrebbe dovuto essere una giornata dedicata alla cura dei filari della pluripremiata cantina a Bonassola si è, infatti, trasformata in un incubo. Mentre lavorava nel vigneto più alto dell’azienda, Aieta è stato vittima di un’aggressione brutale, durata diversi minuti.
«È successo tutto il 13 agosto nel nostro vigneto più alto, quello a 400 metri sul mare dove nasce il Vermentino “Luccicante”» racconta Zoppi al Gambero Rosso. «Giuseppe stava sistemando delle attrezzature per gli ospiti quando è stato colpito lungo lo stradello interpoderale che conduce alla vigna. Percosse, minacce con un’arma, poi l’immobilizzazione e il tentativo di violenza. Una cosa che mai avremmo immaginato di dover subire nella nostra terra, tra le nostre colline».
L’azienda, fondata dai due coniugi una decina d’anni fa – quando decisero di lasciare Milano per stabilirsi nel piccolo centro della riviera ligure di levante – è diventata nel giro di poco tempo un punto di riferimento della scena vitivinicola italiana. Un progetto che ha trasformato antichi filari abbandonati in un’attività di grande successo, prima di ritrovarsi a fronteggiare pressioni, minacce e atti violenti. Non si tratta, infatti, di un episodio isolato, come raccontato in un post sui social. Una vera e propria lettera aperta indirizzata alla comunità di Bonassola, in cui i titolari esprimono la ferma volontà di non lasciarsi intimidire, chiedendo ai concittadini di non rimanere indifferenti.
«Da oltre un anno e mezzo Giuseppe ed io viviamo in un clima pesante, fatto di pressioni, rancori, atti persecutori e tentativi di delegittimazione personale e professionale. Un clima che, pur senza nominare nessuno, è noto a molti e che oggi ha fatto da terreno fertile ad un gesto vile e intollerabile», si legge sui profili dell’azienda. «Chi sceglie la viltà e l’odio non ha posto qui. Siamo figli di questa terra e continueremo a custodirla, a lavorare con dignità e passione. La vostra solidarietà ci dà la forza per andare avanti».
Le autorità competenti sono già al lavoro per identificare i responsabili e portare avanti la denuncia formale presentata ai Carabinieri. Varie le ipotesi, tra cui l’ombra di una violenza omofoba che tuttavia sembrerebbe non essere confermata. «Al momento sappiamo solo che si tratta di un atto di violenza pura e inaudita. La matrice sarà chiarita dagli ulteriori sviluppi delle indagini», precisa al Gambero Rosso l’avvocato difensore della coppia, Davide Leggi, ribadendo la complessità della vicenda.
«È vero, nel passato, ci sono stati tentativi di denigrazione verso l’azienda e i titolari, ma – continua – non possiamo ricostruire se questi abbiano un legame con l’aggressione. Se ci saranno delle connessioni fra i due fatti lo scopriremo più avanti».
La richiesta rimane comunque chiara e netta: «Punire con la massima severità chiunque abbia avuto un ruolo in questo episodio», si legge nell’appello pubblico firmato da Zoppi e Aieta. Con l’indagine ancora aperta e la comunità in apprensione, la speranza è che la verità venga presto a galla. Nel frattempo, Davide e Giuseppe continuano a seminare futuro tra le vigne, portando avanti la loro missione e passione. «Siamo stanchi, Giuseppe è davvero provato però non ci possiamo lasciar abbattere», confida Zoppi. «Continueremo a lavorare la nostra vigna. E a portare con orgoglio il nome di Bonassola in Italia e nel mondo attraverso i nostri vini e il nostro impegno. Questo è certo».
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