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Salute

Allarme microplastiche: ne hanno di più bibite in vetro, hamburger e crocchette di pollo

Le microplastiche sono ovunque: nelle bevande conservate in vetro e nei cibi processati. Un servizio del Washington Post spiega perché e cosa fare

  • 25 Giugno, 2025

Le microplastiche sono ovunque. Non è un modo di dire, ma un vero e proprio allarme che ormai trova conferma in un numero crescente di ricerche scientifiche. Le troviamo nell’aria che respiriamo, negli alimenti che consumiamo e perfino nei nostri tessuti cerebrali. Un’analisi recente ha stimato che ogni giorno ingeriamo quantità pari al peso di un cucchiaio da tè di plastica. Ma da dove arrivano, precisamente, queste particelle invisibili e pervasive?

L’allarme del Washington Post

Se fino a ieri si puntava il dito contro bottiglie e contenitori in plastica, oggi nuovi studi rivelano uno scenario ben più complesso. Secondo un’indagine pubblicata di recente e riportata dalla giornalista Shannon Osaka sul Washington Post, le microplastiche non sono un’esclusiva degli imballaggi in plastica: possono contaminare anche alimenti conservati in contenitori di vetro o metallo. Una delle sorprese più clamorose è arrivata da una ricerca francese condotta su decine di campioni di bevande – acqua, tè, birra, vino – conservate in bottiglie di vetro, plastica e lattine. I ricercatori si aspettavano di trovare più particelle nella plastica. E invece, i livelli più alti sono stati registrati proprio nelle bottiglie di vetro: fino a 100 particelle per litro, un valore da 5 a 50 volte superiore rispetto ad altri contenitori.

La vernice dei tappi nei contenitori in vetro

Il colpevole? Non il vetro in sé, materiale notoriamente inerte, ma i tappi. La vernice al poliestere con cui vengono decorati i tappi metallici corrispondeva chimicamente alle microplastiche rinvenute nelle bevande. La buona notizia è che una semplice pulizia dei tappi prima dell’imbottigliamento ha ridotto del 60% la contaminazione, come ha spiegato Alexandre Dehaut, ricercatore dell’agenzia francese per la sicurezza alimentare ANSES.

I cibi lavorati hanno più microplastiche

Ma c’è di più. Un altro studio condotto dall’Ocean Conservancy e dall’Università di Toronto ha messo sotto la lente i cibi trasformati. È emerso che gli alimenti sottoposti a lavorazioni industriali – come crocchette di pollo o burger vegetali – contengono molte più microplastiche rispetto ai corrispettivi freschi. Ad esempio, una porzione di bocconcini di pollo può contenere fino a 62 particelle, contro le sole due presenti in un petto di pollo fresco. Secondo la ricercatrice Britta Baechler, la complessità dei processi industriali – ricchi di nastri trasportatori e componenti in plastica – aumenta le possibilità di contaminazione prima ancora che il prodotto venga confezionato.

Cosa fare e cosa si sa dei danni

Nonostante alcune voci minimizzino la portata del problema – come l’American Chemistry Council, che sottolinea come non esistano prove certe di danni alla salute – il quadro emerso è chiaro: la plastica si insinua ovunque, spesso da fonti insospettabili. Come ha spiegato Lisa Zimmerman del Food Packaging Forum, è opportuno evitare il riscaldamento di contenitori in plastica e ridurne l’uso. Ma la vera sfida, oggi, è comprendere fino in fondo tutti i canali di esposizione.

«Dobbiamo sapere cosa possiamo fare», conclude Zimmerman. Ed è un’urgenza che riguarda tutti: cittadini, industria alimentare e decisori politici. Perché, ormai, la plastica non è più solo un problema ambientale. È questione di ciò che mangiamo, beviamo e respiriamo ogni giorno.

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