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Menu dedicati, baby sitting e molti divieti. La mappa dei grandi ristoranti che accettano (e non accettano) i bambini

Nostra inchiesta sulle differenti policy che i ristoranti di alta cucina riservano ai clienti più piccoli: da quelli che propongono menu dedicati fino a quelli che vietano l'accesso agli "under 12"

  • 19 Maggio, 2025

«Siamo davanti a un paradosso – ci dice Daniel Canzian, chef dell’omonimo ristorante a Milano -. Da un lato diciamo che dobbiamo addestrare i palati del futuro, visto che questa generazione di giovani l’abbiamo perduta, dall’altra chiudiamo loro le porte. Il futuro è questo, è importante che i bambini imparino a distinguere i sapori buoni da quelli fake, per cui porte aperte, e pazienza se magari portano un po’ di scompiglio». La verità però è che quando si parla di pargoli al ristorante si tocca sempre un tasto spinoso. Da un lato nessun ristoratore ha il coraggio di negare l’accesso del ristorante alle famiglie con piccoli, soprattutto in un momento di crisi del settore. Dall’altro i ristoranti, in particolare i fine dining, non sono ambienti kids friendly, con le loro lungaggini, il loro sussiego, la propensione a orientare la cucina verso menu degustazione bloccato, l’atmosfera ovattata che poco si confà a pianti e strepiti. Il bambino al ristorante è spesso un problema per il ristoratore, per gli altri clienti e talora anche per la famiglia. Anche se gli chef non la vedono così. «Sono assolutamente a favore dei bambini al ristorante – ci dice Andrea Berton dell’omonimo ristorante milanese -. Sono i clienti del futuro, vanno subito abituati. Io già a un mese portavo mia figlia a mangiare fuori». E Francesco Apreda di Idylio a Roma concorda: «Cerchiamo di dargli una bella accoglienza, di instradarli, perché alla fine quello che si deve fare e formar loro il palato, i miei figli li ho portato negli stellati e in giro per il mondo a conoscere sapori nuovi fin da piccoli».

Bambini al ristorante

Il K Factor

Che però il K Factor, il fattore kids, sia un problema si capisce dalla cautela con cui viene trattato l’argomento sui siti dei ristoranti di alta cucina. Dove si individuano fondamentalmente quattro cluster che si distinguono per le differenti pratiche. In ordine decrescente di accoglienza individuiamo quelli che accolgono con entusiasmo gli “under” e prevedono per loro anche attività e/o menu dedicati, quelli che li accettano senza dubbi ma precisano di non avere formule ad hoc, i “sì ma” che chiedono che la loro presenza sia segnalata e in ogni caso incoraggiano i genitori a riflettere sull’opportunità di portarli, chiedendo loro di marcarli stretti e infine quelli che pongono precisi limiti di età per l’accesso all’”esperienza”. C’è poi il gruppo più numeroso: quello dei ristoranti che non danno alcun tipo di indicazione in merito sulla piattaforma per la prenotazione dei tavoli, lasciando intendere una posizione pilatesca. Non specifico e quindi non incoraggio.

Il diploma che il Luogo di Aimo e Nadia consegna ai clienti più piccoli

Menu dedicati

Alla categoria degli entusiasti appartengono in pochi. Nota di merito per Paolo Griffa al Caffè Nazionale di Aosta per cui “i clienti non hanno età: tutti i bambini sono i benvenuti!”. E quindi ad aspettarli ci sono un menu dedicato, foglie, matite per colorare. Anche Vignamare di Andora segnala “un menu su misura” per i bimbi. Al Luogo di Aimo e Nadia di Milano portano i bambini alla fine dell’esperienza in cucina e consegnano loro un diploma “da chef” che molti di loro appendono in camera (“un’operazione di baby marketing” la definisce ridendo Alessandro Negrini). Harry’s Piccolo a Trieste, forse per onorare quell’aggettivo (piccolo) è tra i pochi a postare un colorato menu per i bambini, con mini-pizzette a 15 euro, lasagnetta a 18 euro, cotoletta di pollo a 22 e il Lollipop al cioccolato a 12.

Il Lux Lucis a Forte dei Marmi accoglie i bambini e propone anche dei menu dedicati ma chiede di indicare l’età e la necessità eventuale del seggiolone. Campo del Drago a Montalcino dispone di un menu per i più piccoli con piatti da 8 a 15 euro (ma il pescato del giorno al vapore con verdure viene 25). Moreno Cedroni della Madonnina del Pescatore a Senigallia è contento quando qualche bambino si affaccia in sala (“da sempre noi abbiamo portato nostra figlia in giro, come faremmo a non accettarli?”, ci dice) e prepara per loro “pasta al pomodoro o alle vongole e fish and chips”. Hyle a San Giovanni in Fiore specifica che in caso di bambini di meno di 10 anni è necessario acquistare un pacchetto di baby sitting comprensivo di menu bimbi al prezzo di 10 euro l’ora. Italo Bassi Confusion a Porto Cervo dispone di menu dedicati, come Horto a Milano. Al Gallo Cedrone di Madonna di Campiglio si dicono disposti “a preparare piatti adeguati alle loro esigenze” e per questo invitano a segnalare la presenza dei pargoli.

Paolo Griffa al Caffè Nazionale di Aosta

Favorevoli

Alla seconda categoria appartengono Del Cambio e Condividere a Torino, che però invitano a segnalare la loro presenza. Dal Pescatore a Canneto sull’Oglio invita al momento della prenotazione a segnalare l’età dei bambini dividendoli in tre fasce (0/3, 3/10 e 10+). Kitchen a Como avverte che non sono disponibili menu dedicati ai più piccoli, ma che questi “potranno ordinare dal nostro menu à la carte”. Via libera da Trattoria Contemporanea di Lomazzo, all’Atelier Moessmer Norbert Niederkofler di Brunico, negli altoatesini Castel Fine Dining, Zur Rose e Dolomiueu. Local a Venezia non pone condizioni. Il Piccolo Principe di Viareggio chiede di indicare sia i bambini sia i neonati. La Pergola di Roma accetta i bambini ma segnala l’assenza di menu ad hoc anche se “piatti semplici idonei per bambini possono essere concordati fuori menù”. In molti fra questi ristoranti ricordano di non avere a disposizione seggioloni. Danì Maison a Ischia e Taverna Estia a Brusciano danno indicazioni in fotocopia: “Vi preghiamo di segnalarci la presenza di bambini, in questo modo saremo in grado di organizzarci al meglio per accontentarli in tutto”. Veritas Napoli chiede di indicare la presenza di bambini sotto gli 8 anni “in modo tale da riservarvi la nostra sala privata”.

Il Carignano a Torino

Sì ma…

La categoria dei “sì ma” è la più numerosa ed è spesso buffo leggere i giri di parole con cui i ristoratori si sforzano nella loro “moral suasion” all’indirizzo dei genitori cercando di non passare per degli Erode della ristorazione. La Ciau del Tornavento di Treiso accoglie tutti ma chiede di “prestare la massima attenzione al rispetto degli altri ospiti” come Enoteca Pinchiorri a Firenze, Vescovado a Noli, La Zanzara di Codigoro, Alto a Fiorano Modenese, Il Pievano di Gaiole in Chianti, Duomo di Ciccio Sultano a Ragusa Ibla. Carignano a Torino parla di bambini come di “ospiti graditi” ma chiede “tuttavia ai genitori di valutare l’opportunità della loro presenza per una cena che ha una durata media di due ore e mezza». La Tana Gourmet di Asiago «accoglie con piacere i piccoli ospiti» ma avvisa i genitori che «la struttura stessa potrebbe non essere compatibile con le esigenze dei più piccoli», come Contrada Bricconi di Oltressenda Alta che prevede «un percorso più semplificato fino ai bambini di 11 anni». Alle Calandre di Rubano sì ai mocciosi ma «gli ospiti con bambini sotto gli 8 anni saranno accomodati in saletta privata, se disponibile». Da Laite a Sappada sono molto preoccupati di «preservare la tranquillità dell’ambiente per l’intera durata del pasto».

L’Argine a Vencò di Dolegna del Collio propone il confino in “tavoli appartati”, mentre chissà se fa bene Casa Mazzucchelli a Sasso Marconi ad affidarsi «all’oculatezza e all’educazione dei genitori”. Vespasia a Norcia comunica che «gli ospiti con bambini sotto gli 8 anni saranno accomodati in un’area più tranquilla della sala o in saletta privata se disponibile». Otto Geleng a Taormina non dice nulla ma tra le righe sembra scoraggiare la presenza di ragazzini ricordando: «Siete solo tra i16 ospiti che si uniranno a noi per un’esperienza culinaria ispirata al pittore tedesco e leggenda di Taormina». A buon intenditore…

Giancarlo Perbellini

I limiti di età

Poi ci sono quelli che pongono precisi limiti di età per l’accesso al ristorante. I più severi sono quelli che sconsigliano o addirittura vietano il fine dining agli “under 12”: Villa Feltrinelli a Gargnano, Casa Perbellini 12 Apostoli a Verona, In Viaggio Claudio Melis a Merano, Grual a Pinzolo, Osteria Francescana a Modena, Santa Elisabetta a Firenze (che suggerisce alle famiglie bimbimunite di prenotare piuttosto all’Osteria Pagliazza), il Gabbiano 3.0 a Marina di Grosseto, Quattro Passi a Nerano, Casamatta a Manduria. Poi ci sono quelli che non accettano bambini sotto i 10 anni: i due ristoranti di Davide Oldani a Cornaredo, D’O e Olmo, Enoteca La Torre Villa Laetitia a Roma, Acquolina sempre nella capitale, Li Galli e Zass a Positano (quest’ultimo con una motivazione peculiare: “A causa della particolare posizione a strapiombo sul mare e alla mancanza di attività di intrattenimento”), Qafiz a Santa Cristina d’Aspromonte. Reale a Castel di Sangro fornisce “ai gentili clienti con bambini al di sotto dei 9 anni il nostro servizio baby sitting. Una persona di fiducia si prenderà cura dei piccoli ospiti intrattenendoli in una sala riservata dove mangiare un menu dedicato e giocare liberamente” anche se precisa: “Il servizio è a pagamento”. Alcuni bannano gli “under 8”: Villa Crespi a Orta San Giulio (che però offre agli ospiti dell’albergo un servizio di baby sitting), Piazza Duomo ad Alba (che accoglie i più piccoli solo in una saletta privata), Spinechile a Schio, Caffè Quadri a Venezia, Imàgo a Roma, Glicine ad Amalfi, La Caravella dal 1959 ad Amalfi (che si giustifica ricordando di essere “un museo”), ARIA a Napoli.

La sala del ristorante Luigi Lepore

Torre del Saracino a Vico Equense fissa il paletto a 7 anni, il Refettorio del Monastero di Santa Rosa a Conca dei Marini a 6 come Don Alfonso 1890 a Sant’Agata dei Due Golfi. Infine ci sono quelli che rifiutano solo i più piccoli: Antica Corona Reale di Cervere accoglie bambini “preferibilmente” sopra i 4 anni e si riserva di non accettare quelli più piccoli, Retroscena a Porto San Giorgio non ammette gli “under 4”. Paolo e Barbara di Sanremo si autoaccusa: “Per motivi strutturali il ristorante non è adatto all’accoglienza di ospiti con bambini”. Curioso il caso di Marco Martini a Roma che accetta i bambini solo a pranzo, come Fradis Minoris a Pula. Evidentemente il “lunch” ammette qualche disturbo in più. Infine Luigi Lepore a Lamezia Terme non pone limiti di età ma chiede ai genitori di portare bambini “che abbiano un’età che possa permettere loro di godere appieno del nostro menu”. E forse molti trentenni non entrerebbero.

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