Cannolicchi da raccogliere a mani nude e da gustare solo con olio, limone e pangrattato. È questo il ricordo vivido dell’estate di Dacia Maraini sulle dune di Sabaudia. Una stagione magica, condivisa con Pier Paolo Pasolini e Alberto Moravia anche attraverso il cibo, come raccontato dalla scrittrice in un’intervista a Il Messaggero. In quei primi anni Settanta, la cucina era una parte essenziale del vivere insieme. Non solo un rito gastronomico, ma un modo concreto e intimo per sentirsi parte di un tempo e di un luogo ancora incontaminati.
«Si parlava poco di letteratura», racconta Maraini. «Era una vita comune, basata sul piacere del quotidiano del mare. Andavamo a pescare i molluschi direttamente sotto la sabbia, per poi prepararli al forno con un filo d’olio, una spruzzata di limone e una leggera spolverata di pangrattato. Spesso cucinavo io, organizzando pranzi e cene sul terrazzo comune. Ma il patto era che se fossimo stati troppi, saremmo andati al ristorante».
Nel racconto rilasciato al quotidiano romano prende forma un ritratto intimo e autentico di questo mitico trio. Una delle abitudini più care ai tre intellettuali era quella della pausa gelato sul lungomare di Sabaudia, seguita da un’attenta selezione del pesce da cucinare. Moravia e Pasolini si intrattenevano lungamente nella scelta: «Stavano ore e ore a discutere: “questo pesce va bene”, “questo no”, “questo ha il colore sbagliato”. Era un rito», ricorda la scrittrice.
Se Maraini amava mettere le mani in pasta, non si può dire lo stesso dei suoi compagni di vacanza. Mentre Moravia dimostrava maggiore dimestichezza in cucina, almeno per farsi un caffè o cucinare un pesce, «Pasolini era assolutamente negato ai fornelli, quasi sempre affidati alla madre o alla cugina Graziella», ammette sorridendo la scrittrice.
Il mare da cui veniva quel pescato era l’unico palcoscenico delle giornate estive che la scrittrice, il regista e lo scrittore trascorrevano tra tuffi, pesca e chiacchiere. Del resto, dopo essere arrivata dal Giappone e aver vissuto nove anni in Sicilia, Maraini si è sempre raccontata come un’esperta di mare: «Nuotavo chilometri, andavo sott’acqua o a prendere i ricci. Il mare per me non è un problema. Mi consideravo una creatura marina».
Un legame profondo con l’acqua che si manifestò anche in un episodio tragico, quando durante una nuotata la scrittrice salvò un ragazzo che stava affogando, mostrando la sua esperienza e la padronanza delle insidiose correnti del litorale laziale.
Oggi, spiega Maraini, il mare di Sabaudia è profondamente cambiato, soffocato dall’inquinamento e dal turismo di massa. «Purtroppo non c’è più niente, se non pezzi di plastica», fa notare. Eppure, il ricordo di quelle vacanze nel silenzio della spiaggia dell’Agro Pontino resta intatto e ci parla di estati in cui vivere una natura ancora incontaminata e rafforzare legami attraverso il cibo. Ricette fatte di pochi ingredienti, che confermano quanto, dietro il genio artistico e letterario, ci siano gusti e desideri semplici immersi nel fascino di un mare ormai quasi perduto.
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