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Mai sentito parlare di dieta planetaria? La nuova sfida per salvare il pianeta parla di equità e cultura

L'ultima revisione della Planetary Health Diet si presenta come una proposta più empatica e attenta ai temi sociali e culturali. Un cambio alimentare in questo senso potrebbe prevenire fino a 15 milioni di morti premature all’anno

  • 09 Ottobre, 2025

Se il modo in cui mangiamo contribuisce alla crisi del pianeta, allora cambiare la dieta può diventare un atto politico. La Commissione EAT-Lancet rilancia la Planetary Health Diet, il modello alimentare che unisce salute e sostenibilità, con una nuova versione pensata per essere più equa, accessibile e rispettosa delle culture locali. Oggi il cibo genera quasi il 30% delle emissioni globali e riflette, come uno specchio, le disuguaglianze del mondo.

Le nuove linee guida

Nel documento aggiornato, la PHD viene presentata come un quadro flessibile, non un modello univoco da imporre, ma una guida adattabile ai contesti locali. Essa prevede il consumo prevalente di alimenti vegetali minimamente processati (cereali integrali, legumi, frutta, verdura, frutta secca) e un’assunzione moderata di prodotti animali. Secondo lo studio, infatti, la transizione verso modelli alimentari più vegetali può tradursi in guadagni significativi in termini di salute pubblica e riduzione delle emissioni di gas serra, uso del suolo e consumo d’acqua. A tal proposito il rapporto evidenzia che un’adozione globale di questa dieta, con politiche climatiche efficaci, potrebbe far cadere le emissioni alimentari da 7,35 a 2,75 gigatonnellate di anidride carbonica — un taglio superiore al contributo cumulato di molte centrali a carbone — e liberare fino al 7% di superficie agricola, offrendo spazio per riforestazione e biodiversità.

Un equilibrio tra salute, giustizia e nutrizione

Secondo la stima del rapporto, la PHD potrebbe prevenire fino a 15 milioni di morti premature all’anno se adottata su larga scala, grazie ai suoi effetti positivi su malattie croniche come obesità, diabete e patologie cardiometaboliche. Ma il documento insiste su un punto centrale: giustizia ed equità non sono facoltative, ma prerequisiti per una trasformazione alimentare credibile. Ad oggi, infatti, circa 3,7 miliardi di persone non hanno accesso a diete sane, salari equi o ambienti salubri. La disparità nei consumi alimentari è marcata con il 30% più ricco della popolazione mondiale genera quasi il 70 % dell’impatto ambientale alimentare. Un’altra evidenza sta nel fatto che una dieta sana resta irraggiungibile per 2,8 miliardi di individui, anche nelle versioni più economiche del paniere alimentare. Il rapporto richiama inoltre l’attenzione sulle condizioni dei lavoratori della filiera con l’industria alimentare che impiega milioni di persone che percepiscono salari al di sotto di una soglia dignitosa e operano in ambienti non sicuri.

Le sfide che ci aspettano

L’aggiornamento sottolinea che non si tratta di imporre un modello globale rigido. Come ha affermato Walter Willett, co-presidente della Commissione, la PHD non è uno schema “taglia unica”, ma consente varianti adattate alle preferenze culturali e individuali. Tuttavia, il rapporto non ignora le critiche che ci sono state nel passato. Nel 2019, infatti, l’Oms aveva ritirato il proprio endorsement alla dieta EAT-Lancet avvertendo che una sua applicazione generalizzata avrebbe potuto minacciare mezzi di sostentamento tradizionali e culture alimentari. In questo senso, la nuova versione ha posto forte enfasi su equità, governance e diritti, riconoscendo che una trasformazione alimentare “forzata” rischia di generare resistenze o aggravare le disuguaglianze alimentari.

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