La Svezia è diventata il primo Paese al mondo a dire addio agli allevamenti in gabbia per le galline ovaiole. Dopo cinquant’anni di battaglie politiche e sociali, l’obiettivo è stato raggiunto: nessuna gallina verrà più costretta a vivere rinchiusa in celle strette, compressa tra le altre e spinta a produrre uova in modo forzato.
Ci sono voluti decenni per arrivare a questo traguardo. Già nel 1988 il Parlamento svedese aveva provato a vietare l’allevamento in gabbia, ma dopo dieci anni di transizione il divieto è decaduto, riportando il Paese al punto di partenza. Solo nel 2008, grazie all’impegno di aziende della ristorazione e della grande distribuzione, la questione è tornata centrale, aprendo la strada a una svolta storica. «La Svezia ci dimostra che un mondo senza gabbie è possibile», ha dichiarato Matteo Cupi, direttore esecutivo di Animal Equality Italia. «Un risultato ottenuto senza un divieto per legge, ma grazie alla pressione dell’opinione pubblica e all’azione delle imprese: la prova che il cambiamento è nelle nostre mani».
In Italia, però, la strada è ancora lunga. Secondo i dati riportati da Essere Animali, in un documento presentato dalla deputata Luana Zanella del gruppo parlamentare Alleanza Verdi e Sinistra lo scorso 20 marzo nell’ambito di un’interrogazione a risposta immediata discussa in Commissione Affari Sociali e diretta al Ministero della Salute, la percentuale di galline allevate in Italia con la pratica delle gabbie si attesta oltre il 35%. Nel corso dell’interrogazione, il sottosegretario del Ministero della Salute Marcello Gemmato ha sottolineato che la transizione per il divieto totale delle gabbie è oggetto d’esame della Commissione Europea che presenterà una proposta solo nel 2026. «Anche in Italia, continueremo a lottare ogni giorno fino a quando nessun animale sarà più costretto a vivere prigioniero. Le gabbie devono diventare un lontano ricordo, ovunque» ha dichiarato Matteo Cupi.
Ma cosa succede alle galline allevate in gabbia? Come ci aveva raccontato qui Greta Cilia, referente marketing e comunicazione di Galline Felici, allevamento romano di galline allevate liberamente: «Le galline sono in gabbie chiuse di ferro, sono una decina a gabbia, restano schiacciate per tutto il tempo, immobili, vengono iperstimolate con la luce che rimane accesa per tutto il giorno, o con la musica. Stressandole in questo modo, spesso si beccano, si uccidono fra loro, diventano isteriche e sono propense ad ammalarsi più frequentemente ed è per questo che spesso vengono imbottite di antibiotici».
Le galline iperstimolate in gabbia producono anche 4 uova al giorno a differenza di quelle non stressante che ne producono naturalmente una ogni 26 ore. Ma come viene segnalato il tipo di allevamento delle galline? Ogni uovo è etichettato con un codice da 0 a 3 dove 0 sta per uova derivanti da galline allevate in modo biologico che si nutrono di mangime biologico, 1 uova da galline che razzolano libere ma rientrano nel pollaio solo per dormire, 2 uova da galline allevate a terra in capannoni chiusi, 3 uova da galline allevate in gabbia. Saper scegliere quali uova portiamo in tavola non è solo una questione di salute, ma anche di etica e di impatto ambientale.
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