Meno tasse sulle mance e più risorse per migliorare la remunerazione dei dipendenti e la gestione interna delle risorse. È questa la svolta che la flat tax sulle “tip” sta portando nel settore del turismo e della ristorazione. Grazie all’introduzione della tassazione agevolata al 5% sui compensi extra di camerieri, baristi e personale di ristoranti e alberghi, nel 2024 è stata registrata una crescita dell’importo medio detassato, sforando la quota dei mille euro. Il segno di come la misura stia guadagnando terreno, contribuendo a rendere più trasparente la loro gestione nel comparto turistico con effetti benefici non solo per il fisco, ma anche per i lavoratori e per titolari di ristoranti e strutture ricettive.
Introdotta dalla legge di Bilancio 2023 e pienamente applicata dal 2024, questa flat tax permette di considerare le mance percepite tramite il datore di lavoro come reddito da lavoro dipendente, ma con un prelievo sostitutivo agevolato. Una misura che ha l’obiettivo di valorizzare quel di più che arriva al personale di alberghi, bar e ristoranti, evitando che venga disperso in adempimenti fiscali complessi. Dai dati elaborati dal Caf Acli per Il Sole24Ore, pubblicati oggi sul quotidiano economico, emerge con chiarezza un trend in crescita: l’importo medio annuo detassato è salito da 943 a 1087 euro e la percentuale di lavoratori che ne usufruiscono è passata dallo 0,33% allo 0,53% dei modelli 730 presentati.
Per gli albergatori e ristoratori, questo sistema rappresenta una duplice opportunità. Da un lato, consente una gestione più snella e trasparente delle mance, evitando ambiguità nella distribuzione e nella contabilizzazione degli importi extra. Dall’altro, costituisce uno strumento efficace per motivare e fidelizzare il personale, una leva fondamentale in un settore che fatica a trattenere i dipendenti qualificati. La flat tax si traduce quindi in un vantaggio competitivo, perché permette di trasformare la mancia in una componente concreta e netta di reddito per chi si occupa di accoglienza e servizio. Le regole prevedono però alcuni limiti: la detassazione si applica fino al 30% del reddito annuo da lavoro dipendente percepito nel settore e soltanto per chi ha un reddito inferiore a 75mila euro annui. Soglie innalzate rispetto ai primi mesi di applicazione per garantire che il beneficio arrivi a chi realmente opera a contatto con i clienti.
Dal punto di vista territoriale, la flat tax sulle mance è più presente nelle aree a forte vocazione turistica. I dati indicano la provincia autonoma di Bolzano come area leader, con il 3,69% dei modelli 730 che ne fanno uso, seguita da Toscana e Liguria. La Lombardia svetta per importo medio dichiarato, sfiorando i 1550 euro annui, mentre altre regioni come Abruzzo, Lazio, Friuli Venezia Giulia e Molise si attestano sopra i mille euro. In termini numerici, su 1,5 milioni di lavoratori del comparto, circa 100mila sarebbero i beneficiari della flat tax.
Nonostante la diffusione, le difficoltà tecniche legate all’implementazione restano, in particolare per quanto riguarda la distinzione chiara tra pagamento del servizio di mancia e la gestione tramite strumenti elettronici di pagamento. Come ricordato da Luciano Sbraga, vicedirettore generale di Fipe-Confcommercio, «anche se circa un terzo degli smart Pos in circolazione è già abilitato alla gestione delle mance elettroniche, molti esercenti devono ancora affrontare la complessità di attivare questa funzione tramite banche o intermediari». Semplificare questa fase, dunque, potrebbe favorire una diffusione ancora maggiore della flat tax, in un settore che si sta digitalizzando rapidamente. «La misura ha allineato l’Italia alle normative europee, offrendo a lavoratori e imprenditori un sistema più giusto e moderno» ha commentato a IlSole24Ore il vicepresidente vicario di Confindustria Alberghi, Antonio Zacchera. «Un’iniziativa – continua – che da un lato rende più attrattivo il lavoro nel comparto, dall’altro assicura che le mance arrivino veramente a tutti»
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