Inutile girarci intorno. Se pensiamo alla pizza bassa e croccante viene subito in mente quella romana, tonda per lo più. Un impasto che spesso ha attirato a sé anche qualche critica, sulla scia di una ormai (per fortuna) archiviata lotta alla supremazia per la vera pizza italiana. Eppure quella che sembrava appartenere, in via esclusiva, alla tradizione capitolina e del centro Italia, si sta letteralmente spargendo a macchia d’olio da Nord a Sud. Ed è ciò che sta accadendo da qualche tempo anche in Puglia. Facciamo le dovute puntualizzazioni, però, stando attenti a chiamarla romana. Pare infatti che la pizza tonda, bassa e croccante, appartenga al retaggio culturale pugliese già da tempo e sembrerebbe unica nel suo genere. Nessuna moda o imitazione. A dimostrarlo anche un nuovo disciplinare presentato in regione.
Come detto, che la pizza sottile e croccante piaccia ai pugliesi si era capito da un po’. Sono infatti molti i pizzaioli ad aver messo in carta la scelta tra due o più impasti, ma c’è anche chi ormai ha fatto di questo la sua cifra stilistica. È il caso di Andrea Godi che, dopo essersi lasciato alle spalle il successo raggiunto con 400 gradi, si è gettato a capofitto in un nuovo recentissimo (quanto fortunato) progetto: Loop, sempre a Lecce e sempre insieme al suo storico collaboratore Martin Mirchev. Qui la pizza non conosce altre forme se non quella sottile, bassa e croccante, con il suo panetto di soli 180 g, rigorosamente steso a mano.
«La Puglia è conosciuta principalmente per l’iconica focaccia, eppure non tutti conoscono la sua pizza tonda croccante che, no, non è come la romana. Cotta ad una temperatura massima di 350 gradi, differisce per un cornicione un po’ più alto (ma sempre fragrante), per la stesura rigorosamente a mano e una maggiore idratazione» dice. Ma Godi non è l’unico. Difatti, tra i primi a proporla nel suo menu è stato Cristiano Taurisano, che, tra una contemporanea e un padellino, ha proposto il terzo impasto di Luppolo e Farina, questa volta, appunto, croccante. «Volevo omaggiare il ricordo della pizza che mangiavo da bambino, un pò a ruota di carro ma scrocchiarella al morso» spiega Taurisano.
Bisogna poi andare sulla costa ionica di Gallipoli per provare l’ultima novità di Lievita72. Qui Michel Greco dà vita alla sua pizza pugliese servendosi di una farina di grani tradizionali del territorio prima di passare ad una cottura lenta, per un risultato crunch e leggero.
Verrebbe però da chiedersi perché sia da considerare pugliese una pizza che tanto ricorda (a primo impatto) quella romana. A questa domanda si sta cercando di dare una risposta attraverso un primo progetto di disciplinare volontario, presentato dall’APS Enogastro Hub. «L’idea di scrivere un disciplinare volontario è una maniera per rendere la pizza uno strumento di comunicazione del nostro paniere gastronomico» ha commentato Monica Caradonna, conduttrice tv e ideatrice , insieme a Ilaria Donateo, della kermesse EgoPizza Festival, che si è tenuta a Taranto lo scorso marzo.
Una sfida ambiziosa che ha visto apporre la firma di sei diversi pizzaioli pugliesi: Marco Bovio, Andrea Godi, Michel Greco, Michele Lococciolo, Francesco Pellegrino e Cristiano Taurisano. A sottoscrivere il disciplinare anche aziende, che hanno accompagnato questo percorso, per definire tutti insieme le caratteristiche tecniche, ambientali e di lavorazione, con l’obiettivo di valorizzare le eccellenze agroalimentari del territorio, come il grano pugliese evolutivo, l’olio extravergine d’oliva e la mozzarella di Gioia del Colle DOP. L’obiettivo è, insomma, quello di rendere la pizza pugliese uno strumento di marketing territoriale, che racconti la regione e le sue ricchezze, alla stregua delle più note cugine napoletane e romane.
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