Si dice spesso che la Michelin valorizzi, piรน degli altri, i luoghi a forte vocazione turistica (vedi il caso Campania, che, tra Costiera e Penisola Sorrentina, continua a folgorare gli ispettori della guida francese), ma, come in mille altre situazioni di contraddizione, il parametro non pare reggere per le grandi cittร italiane, Roma, in primis.
La fotografia che la guida Michelin 2025 offre della Capitale dโItalia รจ, a dir poco, sfocata. Ma ci sentiamo di dire che la Michelin รจ fuori fuoco su tutta la corrente di ristorazione di nuova generazione che sta innovando profondamente la cucina italiana nei modi e nei tempi. Come non cโรจ la Milano di Trippa (che almeno si distingue per un Bib Gourmand) non cโรจ nemmeno la Roma di Retrobottega, che – se fosse a Parigi, invece che in via d’Ascanio – meriterebbe una stella da un bel poโ, non solo per il tipo di cucina e di progettualitร portato avanti, ma per la boccata di aria fresca che ha significato nel centro storico di una delle cittร piรน belle del mondo.
Il panel di ispettori che la Michelin fa ruotare nei vari paesi รจ, ce lโhanno ripetuto piรน volte, internazionale, ma allora il metro di giudizio internazionale, che pare essere cosรฌ attento allo street food di Bangkok, alle bettole di Tokyo e ai modernisti di Londra, รจ completamente fuori strada sulle specificitร della cucina italiana di oggi e, possiamo dire serenamente, di sempre (nonostante il bel discorso, un poโ retorico, di Gwendal Poullennec sulla nostra biodiversitร e sulla ricchezza dei patrimoni regionali, che pare voglia confinarci in una riserva indiana).
25 i ristoranti insigniti di 1 stella a Roma e in tutto il Lazio (solo una novitร questโanno) alcuni inchiodati in questa posizione da anni, anche se non si tratta di giovani emergenti ma di grandi insegne riconosciute dal pubblico italiano e internazionale, come lโImago, La Trota di Rivodutri, l’Idylio by Apreda o come Pascucci al Porticciolo, che pure ha da gioire per il premio Service Award che va alla gran classe di Vanessa Melis e della sua squadra in sala (giร premiata pure dalla guida Ristoranti dโItalia 2025). Insegne che potrebbero essere due stelle quasi ovvie, come alcuni grandi lombardi. Qualche nome? Cracco, Berton o Contraste, non solo il sempre giustamente citato Camanini.
Nel 2022 le cose parevano promettere un cambiamento, con le nuove stelle singole arrivate a locali giovani, come Pulejo di Roma e Sintesi di Ariccia, e, grande scalpore, con i due macaron ad Acquolina di via del Vantaggio e allโEnoteca La Torre a Villa Laetitia, che per la prima volta andavano a nutrire il gruppo bistellato, insieme al Pagliaccio di Anthony Genovese. Giร , Anthony Genovese, il grande maestro nel cuore di Roma, dal 2009 due stelle Michelin. Faceva intelligente autocritica qualche mese fa: ยซQuesta รจ una cittร un poโ addormentata, pigra, abbiamo bisogno di una ventata capace di scuoterla. In tutti i sensi, anche nel nostro settore. Roma ha un buon livello ristorativo, ma che ancora non viene espresso al suo massimoยป. Ma era giusto poi il mea culpa? Genovese รจ uno dei mentori della nuova cucina italiana (per utilizzare le parole della rossa, che ha premiato come Mentor Chef Antonino Cannavacciuolo questโanno e Bartolini lo scorso anno), dei quali la Michelin pare non accorgersi. Dovrร aspettare sessantโanni come Perbellini per avere un riconoscimento del suo lavoro dai francesi?
Svettano da Monte Mario salde le tre stelle di Heinz Beck, fresco di rinnovo. Dopo i premi del 2022, Roma e il Lazio perรฒ paiono essere ripiombati nel sonno tra le pagine della Michelin. Una stella allโOrma di Roy Caceres lo scorso anno e un solo nuovo macaron in questa edizione, quello di Pierluigi Gallo e Achilli al Parlamento. Ci sembra che perรฒ la rossa dimentichi, o faccia finta di non vedere, troppi altri. Il lavoro nitido sulla tradizione giapponese di Kohaku, le grandi cucine dโhotel โ che pure, in altri lidi, la Michelin dimostra di amare cosรฌ tanto โ da anni molto in forma nella Capitale, dallโEden al Vilon. E nemmeno il fronte Bib Gourmand se la passa tanto bene, se pensiamo alla valorizzazione contemporanea di territorio e cucina di mercato, a un rapporto qualitร prezzo ancora notevole, portata avanti da insegne ignorate come Epiro, Arcangelo, Mazzo, Roscioli, L’Antidoto, Barred, DLR – dopolavoro ricreativo, Buccia. Che per la Michelin la ricchezza della biodiversitร italiana, poi, sotto sotto, รจ meglio che non diventi troppo nota?
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