Mangio, dunque sono. Ma non era cogito ergo sum? Fino all’inizio di giugno 2020 la bella mostra allestita al Musรฉe de l’Homme di Parigi ci ricorda che la celebre massima cartesiana non esclude il primo assunto. E che ripercorrere la storia dell’alimentazione, nella sua dimensione culturale, ambientale, biologica รจ molto utile per scoprire un po’ di piรน di quello che siamo, che siamo stati e che vogliamo essere. Il 2019 รจ stato un anno prolifico per le mostre a tema gastronomico. Lo dimostra la buona riuscita dell’esposizione sul food design ideata dal Victoria&Albert Museum di Londra: Bigger than a plate, partendo dal passato per ipotizzare scenari futuri illuminati dal progresso tecnologico, ha raccolto il plauso di critica e pubblico. Terminata solo qualche giorno fa, non รจ detto che l’idea non possa rivelarsi itinerante. A Forlรฌ, intanto, tiene banco la prima esposizione fotografica di Steve McCurry dedicata interamente al cibo. Mentre a New York รจ atteso per l’inizio del nuovo anno l’esordio del progetto African/American, sul contributo della cultura gastronomica afroamericana per la formazione dell’identitร alimentare statunitense.
A Parigi, invece, la mostra Je mange donc je suis ha debuttato un mese fa, per focalizzare l’attenzione sull’attivitร con cui quotidianamente tutti abbiamo a che fare: mangiare. Un tema onnipresente โ e lo sappiamo bene noi italiani, che di cibo parliamo continuamente โ che influenza la sfera fisica, mentale, culturale e sociale della nostra vita. E dunque particolarmente affine alle materie d’interesse del Museo dell’Uomo, che chiama il visitatore a confrontarsi con gli aspetti religiosi, identitari, politici e artistici del cibo. Con quell’approccio antropologico che non trascura la trattazione di temi ambientali e nutrizionali legati alla produzione e al consumo di cibo oggi e nel futuro prossimo. Gusto, etica ed estetica, dunque, si alleano per raccontare il rapporto dell’uomo col cibo. Tanti sono i quesiti da sciogliere, provocazioni comprese: che ruolo ha avuto il cibo nella nostra evoluzione? Esistono alimenti โdi genereโ? Come impatta sull’ambiente l’industria alimentare? Come influiscono le migrazioni nella definizione di โnuoveโ tradizioni gastronomiche? Il cibo puรฒ aiutarci a conoscere l’altro?
Foto di JC Domenech
L’esposizione, quindi, alterna testimonianze di cultura materiale, documenti e testi storici, opere d’arte di celebri artisti, modelli agronomici (dall’Amazzonia al Burkina Faso, alla Grecia), proiezioni sulle culture gastronomiche del mondo (Giappone, Stati Uniti, Algeria e Indonesia), installazioni interattive che traghettano il visitatore in situazioni inconsuete, ora seduto alla tavola presidenziale dell’Eliseo, poi messo a confronto con una mucca virtuale (il Docteur Meuh) per discutere di regimi alimentari, o chiamato a entrare nella testa di un pasticcere, per capire come nascono le sue creazioni.
Giocare sul diretto coinvolgimento del pubblico รจ la chiave per sottoporgli in modo efficace un tema cosรฌ vasto. Dunque nei prossimi mesi si terranno tavole rotonde e laboratori sensoriali, ma anche quattro banchetti a tema organizzati nell’atrio del museo di place de Trocadero, dirimpetto alla Tour Eiffel. Si comincia il 4 dicembre, con un paleontologo e lo chef Emannuel Perrodin per Mangiare come nella Preistoria. Seguiranno altri tre appuntamenti, sulla sostenibilitร (buono per il clima, buono per lo stomaco, con Regis Marcon, il 6 febbraio), sul gusto delle migrazioni (il 19 marzo con lo chef siriano Mohammad Elkhaldy), sul cibo degli altri (il 5 giugno, in concomitanza con il Paris Food Forum). Il catalogo della mostra, invece, si annuncia come โpiccola enciclopedia curiosa dell’alimentazioneโ, a cura del Museo di Storia Naturale di Parigi, coinvolto nell’organizzazione della mostra.
Musรจe de l’Homme โ Parigi โ place de Trocadero, 17 โ fino al 7 giugno 2020 – Informazioni sulla mostra
a cura di Livia Montagnoli
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