La ristorazione dopo il coronavirus: parla chef Gennaro Esposito

8 Mag 2020, 13:29 | a cura di
Londra, Ibiza, Milano, ma soprattutto Vico Equense, che ospita il ristorante la Torre del Saracino e il mega evento di beneficienza Festa a Vico: l'esperienza di chef Gennaro Esposito a servizio della task force voluta dal Presidente della Campania Vincenzo De Luca per la riapertura.

Gennaro Esposito è un personaggio che da anni dimostra una visione aperta e coinvolgente del mondo della ristorazione. Prova ne sia la manifestazione Festa a Vico che ogni anno raccoglie fondi da dare in beneficenza a diverse strutture sanitarie locali, grazie agli amici cuochi, alla città di Vico Equense, alle aziende piccole e grandi che sponsorizzano l’evento.

La chiamata di Vincenzo De Luca a Gennaro Esposito

Non poteva stare fermo di fronte all’emergenza coronavirus, e per questo, su richiesta specifica del governatore della Campania Vincenzo De Luca, si è impegnato per dare un contributo personale alla ripartenza del comparto ristorazione della Campania. “Sono mosso da entusiasmo e spirito di servizio, nonostante la mia attività sia tra quelle che necessitano di minori 'sconvolgimenti' perché alcuni temi centrali della riapertura, quale ad esempio il distanziamento sociale, ci toccano in modo marginale visto che alla Torre del Saracino già eravamo in grado di garantirlo da tempo proprio per la nostra modalità di servizio. Certo, anche noi modificheremo qualcosa per attenerci alle disposizioni che arriveranno, ma adesso è il momento dell’interesse generale ed è quello che deve prevalere”. È quello che pensa subito dopo aver accettato la nuova incombenza.

Una vista delle strade di Vico con molte persone

Festa a Vico

La mappatura gastronomica e i documenti unici di zona

La prima fase è quella dell’ascolto delle esigenze dei colleghi, al fine di produrre un documento per avanzare richieste specifiche alle autorità competenti. “Abbiamo provato ad entrare a fondo nel territorio campano, lo abbiamo fatto in modo capillare così da mettere insieme poi una serie di indicazioni che potranno rappresentare una base comune. Andando nello specifico, abbiamo tenuto conto delle differenti modalità di ristorazione con le quali ci siamo andati a confrontare. Di conseguenza, per ciascuna area geografica ci sono stati dei referenti così da realizzare una sorta di ‘mappatura gastronomica’ a cura di chef, ristoratori, pizzaioli, imprenditori del settore, chiamati a lavorare - ciascuno in base al proprio territorio di riferimento - per contattare quanti più colleghi fosse possibile raggiungere e ricevere quante più indicazioni”. Il risultato? Oltre 1000 aziende del settore raggiunte. Da ogni gruppo di lavoro è nato un “documento unico di zona”: ne sono stati scritti in totale 11. Questi documenti hanno rappresentato la base per la stesura del protocollo Brother in Food presentato in Regione.

Come hai vissuto l’inizio di questa pandemia?

I primi segnali che sono arrivati dalla Cina non hanno spaventato abbastanza. D’altronde, nessuno si aspettava una tragedia simile, mancava l’esperienza nel gestire il tutto, sono nati slogan sbagliati come “Milano non si ferma”, però non era facile all’inizio comprendere la portata di questo evento.

Voi come vi siete mossi?

Per quanto ci riguarda, abbiamo chiuso subito le attività a Londra e a Ibiza, dove ci sono state gravi perdite da un punto di vista economico, come chiaramente anche qui da noi. Il crollo del turismo ha fortemente penalizzato la Costiera Salentina, reduce da dieci anni di crescita straordinaria.

Come vedi il proseguimento della stagione?

A Capri la situazione è allucinante: la stagione è finita prima di iniziare, lì tutto il lavoro si concentra solo in sei mesi, le spese fisse sono altissime. Arrivare al 2021 sarà indubbiamente dura e difficile. Anche perché i turisti dell’isola arrivavano da tutto il mondo e il loro ritorno al momento non è ipotizzabile a breve termine.

Quali sono stati i primi pensieri quando tutto è stato chiuso?

Mi è tornata in mente la bella serata fatta all’Osteria di Passignano, vicino a Firenze, l’ultima passata in allegria. E poi l’occasione perduta di curare gli eventi al Summer Festival di Lucca, di cui mi dispiace davvero. Poi, da lì, sono cominciati i pensieri sul futuro. Le notti insonni sono state tante, ai piedi del letto a pensare, non riuscivo a immaginare una soluzione, una probabilità di scamparla.

E questi mesi come sono trascorsi?

La terapia familiare ha funzionato bene, mi hanno sopportato in famiglia (ride). Non è nata per essere una vacanza tutti insieme, ma è stata invece una bella scoperta.

Adesso però sembra che stiamo per superare questa fase

Ora, dopo due mesi, arriva una data: forse a giugno ce la faremo ad aprire.

Con quale stato d'animo affronti questi giorni?

C’è la voglia di ricominciare e mettersi in gioco. Il nostro lavoro è la nostra vita, fatta di sviluppo, creatività, racconti, uniti tutti al cibo. Quando manca l’energia vitale sei fottuto, come un pesce fuor d'acqua

Cosa sarà il futuro?

Mettiamo alle spalle le occasioni e i soldi persi, voglio ripartire presto. Ho accettato di entrare nella task force costituita dal governatore De Luca in Regione, mi hanno coinvolto per contattare i ristoratori, per cercare di snellire tutti gli aspetti burocratici.

Quali sono le prime cose di cui occuparsi?

Penso a come trattare i clienti che saranno impauriti, desiderosi di ritrovare le coccole e il calore che gli sono mancati, in questo periodo. Saremo ben attenti ad applicare le norme sul distanziamento. La fase della riapertura deve essere gestita bene, e diventare un’occasione per impostare bene tutto.

La stagione è compromessa, ma quanto?

Riuscire ad avere almeno il 60% dei clienti dello scorso anno sarebbe già un miracolo. La speranza vera è il vaccino, si è detto tanto su questo, vedremo chi ha ragione.

E il tuo personale? Hai mantenuto un contatto con i ragazzi?

Certo, ci siamo sentiti. Anche per loro la delusione è tanta, ma c’è voglia di stare insieme, capire come sostenere l'impresa Torre del Saracino, trovare insieme un nuovo modo di raccontare la cucina. Alzare l’asticella dell’impegno e della qualità sono gli obiettivi. Non sono preoccupato a livello igienico sanitario, su questo siamo preparati.

Quali misure di prevenzione adotterai?

Non penso che utilizzerò i divisori in vetro, la mascherina andrà sicuramente indossata per proteggere gli operatori, e anche il distanziamento deve avere un senso. Però tutto deve essere graduale: è come quando ci si rompe un braccio, dopo aver tolto il gesso dobbiamo fare riabilitazione.

Quali sono i passaggi chiave?

Fra i punti più importanti da curare ci sarà l’accoglienza, per esempio bisognerà misurare temperatura all’arrivo dei clienti, così come sui bagni l’attenzione sarà massima. Ci saranno da gestire i flussi nella giusta maniera per evitare assembramenti, i piani HACCP su sanificazione e gestione merci pulite e sporche saranno ancora più severi, ma la sanificazione non mi preoccupa, sarà fatta usando prodotti a base di acqua e poi sarà importante lavare le mani, tutte le volte che uno serve al tavolo.

La tua cucina cambierà?

La mia cucina è sempre stata legatissima al territorio e lo sarà sempre di più. Attaccamento ai nostri prodotti e alle nostre tradizioni sono le due basi da cui ripartire soprattutto con la clientela locale. Un nostro compito è quello di far capire alle persone di consumare il made in Italy in casa nostra, sviluppando così l’economia locale, ed evitando il più possibile di far viaggiare le merci da troppo lontano riducendo così gli imballaggi.

Dunque ancora più concentrato sul territorio?

Sì, ripartiamo da chi sta vicino a noi, se spendiamo soldi in più ci ricadranno addosso in maniera positiva in mille altri modi. Ottimizzare le risorse ed evitare gli sprechi, sarà il nostro motto.

Cosa cambierà in futuro?

Se arriva una soluzione al problema speriamo di farci una risata. In ogni caso le modalità per stare insieme e il concetto stesso di convivialità cambieranno: dovremo imparare a fare altri gesti e movimenti.

Chi ne risentirà di più?

Cambierà molto per quei posti che facevano dell’essere affollato la caratteristica principale. Penso a tanti locali in zone come Portofino, i Navigli a Milano, a Napoli: si raddoppieranno gli spazi, d’accordo, ma sarà diverso: con i tavolini spalmati su aree ampie, con un senso di calore molto cambiato. Non sappiamo dove andremo, e come i giovani fruiranno dei ristoranti, per quanto tempo i gruppi non ci saranno più. Sarà una scoperta per tutti.

Torre del Saracino – Vico Equense (NA) – via Torretta, 9 - www.torredelsaracino.it

a cura di Leonardo Romanelli

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