La sindrome del fortino. Perché la puntata di Report ha dato così tanto fastidio al mondo del vino

19 Dic 2023, 15:59 | a cura di
La reazione alla puntata di Report conferma un atteggiamento tipico del mondo del vino: la chiusura in sé stesso e la volontà di non voler affrontare alcuni temi (considerati ovvi e scontati)

La prima reazione dal divano è stata di sdegno: "Dai, così no!". Poi, è scattata la sindrome del maestrino. Così mentre guardavo la puntata di Report sul vino, andata in onda il 17 dicembre e intitolato Piccoli chimici, ho appuntato sul telefono alcune inesattezze, limando su dettagli e pratiche lecite messe sullo stesso piano delle frodi. Tra una fastidiosa tarantella e l'altra, scoprivo una serie di realtà: "L'uso del mosto concentrato rettificato è diffuso tra tutti i produttori"; il Prosecco e l'Amarone sono l'origine dei mali del mondo; i controlli sono collusi e non hanno sufficienti strumenti a disposizione. In uno stato confusionale mi passavano davanti bottiglie di Sassicaia, Brezza, Col d'Orcia o Vie di Romans insieme a quelle dei maiali usati per la chiarifica o della bentonite sciolta nell'acqua. In pochi minuti, tra messaggi e social, notavo la stessa reazione tra tantissimi colleghi e produttori di vino. Sdegno, in alcuni casi rabbia, quindi chiusura e contrattacco. Per farla breve, i soliti "Giornalisti Terroristi", il "metodo Report colpisce ancora". Nel frattempo, i temi sollevati venivano stoccati nell'anticamera del dimenticatoio, marcati come cose già note, la scoperta dell'acqua calda, i furbetti del quartierino.

Nulla di nuovo

Compatto, unito: il mondo del vino ha finito per farsi scudo davanti all'attacco, barricandosi nei suoi confini. Noi dentro e tutto il mondo fuori, per dirla alla Vasco. Rintanandosi in quel mondo enologico che è un micro-cosmo, dove ancora i social contano poco, dove il rapporto umano e di conoscenza è più forte che altrove, dove i cambiamenti sono incredibilmente più lenti. Per sfortuna o per fortuna. Ma le questioni rimangono vive.

Mettiamo mano alle etichette

Le cisterne di vino spacciate per succhi di frutta che si muovono sulle autostrade italiane non sono forse reali? La mancanza di trasparenza verso il consumatore in etichetta, tanto sul vino convenzionale quanto in quello marcato a parole come naturale senza alcuna certificazione, non è una questione di una certa urgenza? E l'abbondanza di additivi e coadiuvanti? A oggi  il Codice internazionale delle pratiche agricole dell'Oiv descrive attualmente 99 sostanze riconosciute accettabili per l'uso in vinificazione, l'Unione europea ne riconosce 21.

"Però l'utilizzo di tutti questi prodotti, coadiuvanti, ce ne sono quanti Dio solo lo sa, un po' ci metterebbe in imbarazzo a metterli tutti in etichetta", dichiara con grande onestà il presidente di Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi, in un passaggio della sua intervista durante la puntata (qui la sua replica e quella dell'associazione). Questa è una verità, tra l'altro ben nota a tutto il comparto. Forse a noi giornalisti del settore, sempre pronti a dispensare bicchieri, grappoli, tralci, pacche e medagliette, non guasterebbe un pizzico di spirito critico in più. Da quanto tempo non venivano affrontati in maniera così diretta questi temi? Quel fastidio ha che fare con noi. E il nostro orticello.

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