Nuccia De Angelis, del D.One di Montepagano. Chi è la ristoratrice dell'anno

23 Gen 2019, 13:30 | a cura di
Archeologa per formazione, buongustaia per passione, Nuccia De Angelis ha seguito un doppio binario che l'ha portata a salvare un borgo medievale e creare un ristorante diffuso di grande valore: D.One

Non avevo esperienza come ristoratrice ma solo come appassionata di cibo cucina e vino” dice Nuccia De Angelis di D.One, ristoratrice dell'anno per la guida Ristoranti d'Italia 2019 del Gambero Rosso. “Ho anche scritto di enogastronomia per alcune riviste, in passato, poi mi sono occupata di archeologia subacquea: sono laureata in archeologia. La passione per l'enogastronomia, però, non l'ho mai abbandonata, mi ero ripromessa che avrei aperto un ristorante prima o poi”. È stato prima: “quando ho visto l'albergo diffuso di Santo Stefano di Sessanio, mi sono innamorata di questo concetto di ospitalità orizzontale – come lo chiama Daniele Kihlgren che ha realizzato Sextantio”. Perché, questa è l'idea di fondo, se si dorme, mangia e si fa tutto nello stesso posto, l'esperienza di chi viaggia si esaurisce lì, se ci si sposta si conoscono più angoli di una località, si incontrano più persone e c'è maggior scambio. Si vive meglio il luogo. In questo caso Montepagano, in Abruzzo.

Montepagano

Il progetto dell'albergo diffuso e il D.One

Volevo fare qualcosa per questo borgo medievale dal passato importante, ma serviva un'idea per salvarlo dallo spopolamento. Così ho pensato all'albergo diffuso”. Parte per acquisire abitazioni ormai vuote, ma cominciano le prime difficoltà, “quelle case antiche, anche se non più abitate, erano piene di ricordi e della storia delle persone, che mi chiedevano cifre molto alte”. Il valore affettivo, non quello di mercato. “Quando sono riuscita a comunicare il progetto, hanno capito che dietro non c'era solo un'idea imprenditoriale, ma la voglia di non far morire questo paese. Mi sono impegnata a restaurare le abitazioni lasciandole com'erano, con rispetto verso quelle strutture così antiche, cosa che da archeologa mi viene spontanea, così pian piano si sono convinti”. Il resto è stato una concatenazione di casi fortuiti: “bisogna cogliere le occasioni al volo”.

 

Lo chef del D.One

Il progetto dell'albergo diffuso comincia a prendere forma quando incontra lo chef Davide Pezzuto, agricoltore mancato prestato all'alta cucina, da Lavarra ad Heinz Beck che dopo Roma lo spedisce a Pescara. “L'albergo avrebbe avuto anche un ristorante, una struttura bella ma piccolina, di supporto alle stanze”. Troppo poco per uno con il percorso e le aspettative di Pezzuto, se non che Nuccia gioca la carta della terra: 20 ettari appena fuori il paese. “Glieli metto a disposizione”. Intanto gli spiega il progetto, la possibilità che un domani il ristorante diventi più grande, “tra diverse proposte in Italia e non solo, sceglie Montepagano” continua “a quel punto cominciamo a camminare insieme”. Il lavoro si concentra sul ristorante quando Nuccia riesce ad acquisire una casa vicina: “avevamo due piani non collegati tra loro, sopra l'accoglienza, più moderna perché non siamo riusciti a salvare tutte le pareti in pietra, e sotto la sala” spiega “abbiamo messo un ascensore trasparente che fa immergere lentamente il cliente in una realtà particolare”. Man mano che si scende l'ambiente cambia.

D.One, sala principale

All'improvviso compare la cucina, sembra ci si vada dentro, poi compare la sala, con volte a botte e pareti in pietra. “Un effetto wow, inaspettato e sorprendente” lo definisce, valore aggiunto per il ristorante che nel frattempo cominciava a riscuotere i primi consensi. Le soddisfazioni sono arrivate in fretta: 83 centesimi e Due Forchette per il Gambero Rosso e la Stella Michelin solo in un paio d'anni, “e ora il bel riconoscimento dal Gambero come ristoratrice dell'anno, che mi ha dato tanto entusiasmo”.

D.One, la sala per due

D.One

La struttura principale ha 7 tavoli. Ma poi ci sono altri locali in edifici vicini; “attraversando una stradina si arriva alla cantina”, dove troneggia un tavolo da fabbro dell'800 restaurato, un locale pensato per degustazioni di vino, che si presta a una cena tra amici. La sala più ampia, per gruppi o eventi, con col bel giardino da cui si vedono l'Adriatico e il Gran Sasso. Poi c'è una chicca per sole due persone, con il grande camino e il divano. “Abbiamo anche fatto un evento in cui gli ospiti hanno assaggiato diverse cose in ogni spazio”. Un evento diffuso, insomma.

Le difficoltà di un ristorante diffuso

Quattro sale, una sola cucina. I piatti partono dal cuore operativo del D.One diretti ai vari locali “non è semplice: ci sono molte regole da seguire”. Non solo: “in genere la preparazione viene conclusa da qualcuno della brigata in una zona allestita in ognuno degli ambienti con fornello, piastra, forno e tutto il resto”. Mini cucine in cui completare i piatti, spostando forza lavoro dalla cucina, “perciò abbiamo necessità di più personale” riflette Nuccia, che aggiunge “si prestano tutti volentieri a questa fase”. Tutto, dalla progettazione all'organizzazione è stato creato in sinergia con Pezzuto, per questo - spiega – non hanno avuto grosse difficoltà.

Scrippelle 'mbusse

La cucina

La cucina nel tempo si è assestata, consolidando il legame con il territorio attraverso lo studio di piatti antichi e la loro rielaborazione, creando quindi degli inediti dalle ricette tradizionali: “Qui c'è un piccolo ma bellissimo museo che conserva tanti strumenti contadini e antichi oggetti della vita quotidiana, tra cui anche quaderni con ricette casalinghe di fine '800 o inizi '900 ormai quasi nel dimenticatoio, come scrippelle 'mbusse, granetti, virtù teramane. Volevo che Davide le conoscesse, così alcune gliele ho preparate io. I granetti invece no” racconta “ma ho portato una signora di 80 anni, una delle pochissime che li sa fare, da Roseto alle cucine del D.One per far vedere a Davide come si preparano: lei parlava solo abruzzese stretto, lui è salentino. Eppure alla fine si sono capiti”. Tradizionalmente conditi con le fave e il guanciale, Davide li prepara con il pesce. Pezzetti di impasto di acqua e farina da rotolare tra le mani e buttare direttamente nell'acqua bollente, come chicchi di grano, “venivano dati alle puerpere perché si diceva favorissero la montata lattea”. Cose che Nuccia racconta ai clienti: è anche questo un modo per tutelare il territorio, nell'ottica di far rivivere qualcosa recuperandola dall'abbandono.

L'azienda agricola e il mare

Dell'azienda agricola si occupa il marito di Nuccia - “medico ma uomo della terra” - con lo chef. Stanno piantando alberi da frutto antichi – ancora la salvaguardia del territorio – come la mela gelata usata per dolci e sorbetti. “Non si trova quasi più, maturando diventa gelatinosa e trasparente in alcuni punti che sembrano di ghiaccio, le nonne dicevano che erano le parti baciate dalla luna, perché questo cambiamento avviene a volte in una nottata, altri dicevano che è la pipì della luna”. O l'erba cedrina che usano per gli infusi di cui si occupa Nuccia. Così come della ricerca dei vini invecchiati sott'acqua, 15 referenze che oggi hanno una lista a parte, insieme a 3 birre prodotte con acqua di mare. Frutto dei suoi interessi e del progetto di assistenza medica per i subacquei che condivide con suo marito, che li ha portati a conoscenza di alcune di queste realtà e spinto a cercarne altre. Come le erbe coltivate nel mare all'interno di biosfere che ogni tanto vengono proposte anche al D.One. Visit White House Market using only the verified original URLs. Find links and URls of all popular Darknet Markets.

Le ceramiche e gli artisti

Perché usare piatti bellissimi ma che si trovano anche in altri posti avendo vicino Castelli?”. Da questa domanda è nata l'idea di rivolgersi all'istituto d'arte Grue di Castelli, ad appena 20 minuti da D.One. Un centro molto colpito dal terremoto con una grande tradizione di ceramica “un tempo faceva anche ceramiche Limoge”. Nel progetto, che include anche una borsa di studio, i ragazzi realizzeranno piatti, boccali e altri oggetti per il D.One. “E anche Davide sta seguendo delle lezioni per realizzare lui stesso dei piatti particolari”. Tutto con l'obiettivo di creare una sinergia tra il patrimonio locale e la struttura che oggi comprende anche 5 piccoli appartamenti, in un progetto che include anche esposizioni quadri o di oggetti antichi (per esempio un abito da sposa del '700), visite guidate e altre iniziative per far conoscere il territorio ai loro clienti, molti dei quali arrivano da lontano. “C'è una persona che viene ogni due mesi da Londra, poi belgi olandesi e moltissimi scandinavi che hanno scoperto Montepagano e si sono stabilite qui”.

Nuccia De Angelis

La risposta di Montepagano

I vecchi proprietari sono venuti a vedere cosa stavano diventando le loro vecchie abitazioni. “L'ultima vecchina che è venuta si è messa a piangere e in dialetto mi ha detto grazie di aver fatto questo” dice emozionata Nuccia che ha sfidato l'iniziale diffidenza – lei che non è nata a Montepagano - cercando di coinvolgere le persone del paese, “a cominciare dagli operai, anche accettando preventivi più alti di quelli di grandi ditte di fuori. Ma” conclude “far rinascere un paese significa anche portare lavoro”.

D.one, ristorante diffuso - Montepagano (TE) - via del Borgo,1 - 085 8944508 - www.donerestaurant.it

a cura di Antonella De Santis

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