Tuscia, Sabina, Agro Pontino, Ciociaria, Castelli Romani e poi, naturalmente, Roma. ร impossibile delineare con precisione usanze e costumi del Lazio, tanto quanto รจ difficile e laborioso tracciare dei confini netti in grado di circoscrivere una cultura gastronomica locale. Anche a tavola, infatti, la tradizione regionale si fa intricata e deve tener conto di luoghi, borghi, frazioni che, seppur poco distanti fra loro, hanno alle spalle un vissuto completamente diverso. Per descrivere la gastronomia laziale, abbiamo provato a radunare tutti i prodotti simbolo della cucina.
Coltivato tra Proceno e Acquapendente, si caratterizza per il bulbo di medie dimensioni, con bulbilli corti e tozzi e la pellicola esterna rossa. Il sapore รจ forte e piccantino, il profumo piuttosto intenso e persistente.
Spaghetto dal diametro piรน ampio e forato al centro, un prodotto antico un tempo ottenuto facendo arrotolare un pezzetto di impasto su un ferretto, un giunco oppure un bastoncino levigato. Per la sua caratteristica del buchino centrale, il bucatino vuole condimenti ricchi, ragรน di carne con tanto pomodoro e una bella grattugiata di pecorino oppure un sugo all’amatriciana. Alto il rischio macchia sui vestiti, ma anche questo fa parte della tradizione.
Dei tagliolini molto fini diffusi un po’ ovunque, ma in particolar modo in Liguria e nel Lazio, descritti giร nei testi del XVII secolo, e nati allโinterno dei monasteri medioevali, dove le monache erano solite prepararli per gli ammalati o le puerpere. Vengono usati per brodi e minestre.
Presenti a Roma fin dagli inizi del Novecento, quando donne e bambini si riunivano insieme il giorno della Vigilia di Natale per preparare il pranzo del 25 dicembre, i cappelletti sono da sempre simbolo di festa. Il nome deriva dalla forma del tipico cappello medioevale: รจ infatti proprio in questo periodo che cominciano a diffondersi le paste ripiene, specialmente in Romagna (con la variante locale leggermente diversa), prima dellโinizio del digiuno quaresimale.
Il primo โ quello romanesco โ รจ un carciofo senza spine e privo di peluria interna, con i capolini dalla forma sferica e compatta con caratteristico foro allโapice. Il peduncolo รจ medio-lungo e il sapore intenso e dolce. Il secondo ha una forma sferica e compatta, cresce nel territorio circondato dai Monti Lepini, che creano un microclima favorevole alla coltivazione.
Dolcetti a forma di anello preparati con farina, olio d’oliva, vino e zucchero, diffusi un po’ in tutta l’Italia Centrale e solitamente consumati a fine pasto accompagnati da un bicchiere di vino o amaro.
Strisce di carne essiccata aromatizzate con finocchietto, peperoncinoย e pepe, un tempo preparate con carne di cavallo, oggi fatte prevalentemente con tagli di suino o bovino. Sono nate in Ciociaria, ma si sono diffuse ben presto in tutto il Lazio, in particolare nelle fraschette dei Castelli Romani.
Specialitร preparate con la pasta lievitata che avanzava dopo aver fatto il pane, dette anche โcecamaritiโ perchรฉ โ secondo la leggenda โ erano cosรฌ buone da accecare gli uomini. Come variante per il condimento nel comune di Orvinio, in provincia di Rieti, si prepara una sorta di pesto a base di aglio, sale grosso e peperoncino tritati nel mortaio e ammorbiditi con un poโ di olio extravergine dโoliva della Sabina.
Si chiama lavarello ma รจ conosciuto con il nome di coregone: si tratta di un pesce d’acqua dolce ed รจ tipico del Lago di Bolsena.
Alimento ricco di proteine e sali minerali (per saperne di piรน, Le proprietร dei cereali), conosciuto anche con il nome di farro del Pungolo. Fonte di fibre, magnesio e potassio, รจ ottimo nelle insalate o nelle minestre, abbinato con legumi e verdure, ma puรฒ essere utilizzato anche sotto forma di farina per la preparazione di crackers, pane e altri prodotti da forno.
Una pasta talmente sottile da sciogliersi in bocca, il fieno di Canepina, dei tagliolini finissimi tipicamente conditi con rigaglie di pollo o sughi di carne. Realizzata con farina e uova, la pasta viene cotta e scolata quando รจ ancora molto al dente, per essere poi immersa in acqua fredda e sale, e scolata di nuovo. Infine, viene asciugata con un canovaccio e tagliata con un coltello a lama molto alta.
Nel dialetto laziale, la โfregnacciaโ indica una sciocchezza, una frottola, un elemento di poco conto fatto in maniera approssimativa. Ma con questo termine si intende anche una versione regionale dei piรน conosciuti maltagliati abruzzesi, delle piccole strisce romboidali, un tempo a base di farina di grano duro e acqua, oggi realizzate quasi sempre con lโaggiunta di uova.
Biscotti a base di farina, zucchero e uova dalla consistenza friabile. Il nome deriva dalla forma a giglio, simbolo della dinastia francese dei Borbone: infatti, i dolcetti arrivano a Palestrina grazie alla famiglia Barberini, che ha importato la ricetta dalla corte di Luigi XIV in Francia, dove per tempo era stata esiliata perchรฉ accusata di malgoverno. Una volta tornati a Palestrina, i Barberini chiesero ai pasticceri di corte di replicare i biscotti.
Specialitร di Amatrice e Accumoli, il guanciale si ottiene dalla guancia del maiale staccata a partire dalla gola, messa sotto sale e speziata nelle vicinanze di un camino, cosรฌ da ottenere una leggera affumicatura. ร l’ingrediente fondamentale di tante ricette tipiche, dalla carbonara all’amatriciana (per scoprire i marchi migliori, 10 guanciali da provare).
Degli spaghettoni a base di acqua, uova e farina, dal diametro piรน ampio e la forma irregolare, impastati e tagliati a mano, e insaporiti con il pesto alla Sabinese, un mix di olio extravergine di oliva, aglio, peperoncino e maggiorana, oppure con sugo di castrato o carni miste.
La Tuscia รจ uno dei luoghi con maggiore produzione di nocciole, tanto da contare circa il 40% del totale nazionale. Tre varietร principali: tonda gentile, nocchione e tonda di giffoni.
Fra le varietร di olive della Sabina, primo territorio a conoscere l’ulivo, la carboncella, con sentori di erbe aromatiche, mandorla e carciofo, il frantoio (piรน balsamico) e la raja, con note di erba tagliata e mandorla amara. Nella zona delle Colline Pontine รจ l’itrana la regina indiscussa della produzione locale, dai profumi di pomodoro, mela verde ed erbe aromatiche, mentre nella Tuscia troviamo la caninese โ amara e piccante, con nuance vegetali โ e la rosciola.
Si chiama oliva di Gaeta quando รจ usata come oliva da mensa, ma prende il nome di itrana nel caso in cui venga impiegata per la produzione di extravergine. Stiamo parlando di un’oliva leggermente affusolata e molto aromatica, perfetta da gustare in purezza oppure all’interno di preparazioni salate, tiella in primis.
ร nell’area dei Castelli Romani che si trovano due dei prodotti di panificazione piรน famosi della regione: il pane di Genzano e quello di Lariano. Il primo viene realizzato con farina di tipo 0 o 00, lievito naturale, sale, acqua e cruschello di grano, in passato cotto nelle โsoccieโ, caratteristici forni a legna. Si riconosce per il profumo inebriante e la fragranza, segni distintivi che restano invariati anche oltre una settimana. Molto simile รจ il pane di Lariano, che viene prodotto perรฒ con farina di grano tenero semintegrale, acqua, lievito di birra e lievito acido.
Varietร coltivata a nord del Lago di Bolsena, dalla forma ovale e allungata. La buccia รจ di colore bianco-giallo e piuttosto liscia, mentre la polpa รจ molto compatta.
Pencarelli
Nei monasteri medioevali di Leonessa, in particolare quello delle clarisse di San Giovanni Evangelista, nascono i pencarelli, una pasta allโuovo simile agli spaghetti, ma piรน erta e piรน corta, pensata come dono natalizio, e ancora oggi uno dei prodotti piรน diffusi fra i cesti regalo.
Antenata dellโattuale pizza in teglia romana, dalla forma allungata e ovale, viene realizzata con farina di frumento, soia e riso. Una pasta pasta leggera e facilmente digeribile, condita in vari modi.
Inventata alla fine degli anni ’50 dai pizzaioli piรน innovativi, in cerca di un guadagno maggiore e di un modo intelligente per recuperare gli impasti avanzati, la pizza a taglio รจ oggi uno dei simboli di Roma. In passato, era piuttosto croccante, sottile, ricca di condimento, ma oggi sono tante le declinazioni di questo prodotto, dai tempi di lievitazione alla tipologia di farine scelte.
Prodotto dei Castelli Romani a base di carne suina cotta, che dal 2011 gode del riconoscimento di indicazione geografica protetta (per saperne di piรน: Le migliori porchette dei Castelli Romani). Si puรฒ gustare in purezza, ma la maniera tradizionale e piรน golosa per assaporarla รจ all’interno di un panino.
Grazie alle continue correnti d’aria generate dai venti freddi dei Monti Lepini che si scontrano con il clima umido dell’agro pontino, il comune di Bassiano รจ perfetto per stagionare naturalmente i salumi. Il piรน famoso รจ il prosciutto, preparato con la coscia del maiale aromatizzata con aglio, pepe, vino bianco e poi sottoposta a una doppia salatura. Dopo sei mesi, la carne viene lavata, spalmata di sugna e fatta stagionare per due volte, prima di essere affumicata con legna di faggio. Si passa poi a un’ulteriore stagionatura di circa 12 mesi. Il gusto รจ sapido e intenso, piacevolmente persistente.
Solitamente consumate crude con una salsa di olio, aglio e alici, le puntarelle sono i germogli di una varietร di cicoria catalogna. All’interno del cespo di foglie si trovano i talli, delle cimette simili agli asparagi bianchi, da cui si ricavano le puntarelle, dal gusto amarognolo, tenere e croccanti.
Quadratini di pasta all’uovo ormai diffusi in tutta Italia, nati per non sprecare la sfoglia avanzata dopo la preparazione delle fettuccine nei giorni di festa, e consumati in brodo.
Tipiche di Subiaco, sono dei maltagliati a forma di rombo, a base di uova e farina di grano duro, talvolta presenti anche nella variante con il farro. Si usano spesso per le minestre dei legumi.
Un guscio di pasta sottile farcito in diversi modi: polpo e olive, scarola oppure spinaci, baccalร , alici, sarde o anche cipolle. Nasce in origine come ricetta dei contadini e dei pescatori, che durante le giornate di lavoro avevano bisogno di un pasto nutriente e sostanzioso, in grado di conservarsi per diversi giorni. La tiella, inoltre, consentiva di consumare il pescato del giorno e impiegare la farina, unendo insieme diversi ingredienti di terra e di mare.
a cura di Michela Becchi
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