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Modena

Più di cent’anni di pasta fresca e zuppa inglese: l’osteria delle razdore ha chiuso

Amatissima anche da Enzo Ferrari, ha abbassato le saracinesche. La titolare ci racconta perché

  • 18 Giugno, 2025

Dirce, Olga, Francesca, Fede e Cecilia. Sono state le donne a tenere in piedi per più di 100 anni l’Osteria Muzzarelli di Montagnana di Serramazzoni sulle colline modenesi a metà strada fra Sassuolo e Formigine. Gioia, dolore, tempi incerti e difficoltà: nulla di tutto ciò ha mai scalfito la loro voglia di cucinare. Senza mai scendere a compromessi, si sono tramandate ricette che dovevano essere presentate sempre nello stesso modo. Pasta fatta a mano, cotture lentissime, niente macchinari in cucina ma tutto preparato artigianalmente con cura e rispetto della materia. 70 coperti da gestire ogni giorno per più di un secolo, pranzo e cena, sabato e domenica. Poi qualcosa è cambiato.

Perché ha chiuso l’Osteria Muzzarelli

«A Natale ho dovuto abbassare la saracinesca per l’ultima volta – racconta Cecilia Nervilli, titolare – con mio grande dolore. Non è facile sostituire le signore che mi aiutavano in cucina a fare la pasta fresca (razddòre) e da sola non potevo più andare avanti». La questione generazionale questa volta non è stata il punto di forza ma di debolezza: «quando cercavo qualcuno i candidati mi chiedevano se si chiudeva il sabato e la domenica, se il ragù delle tagliatelle fosse necessario farlo tutti i giorni o se le crescentine non era il caso di utilizzarle già congelate». A queste domande Cecilia ha risposto sempre no, niente compromessi sul gusto e sull’esecuzione, sul gesto e la cura, e come conseguenza pochi giovani disposti a seguirla dietro ai fornelli.

«Mi chiedono ancora la zuppa inglese»

«A Natale abbiamo staccato le insegne, pulito la cucina e spento i fuochi – mi racconta – e da quel giorno sto ancora metabolizzando la chiusura, non è un lutto, certo, ma è comunque un dolore il sapere che non potrò più dare continuità a una storia gastronomica familiare. Però era necessario riposarmi». Piatti della tradizione perfettamente eseguiti, chili e chili di pasta fresca tirata ogni giorno al matterello; ricette antiche come i quadrettini con tardura e fegatini di pollo che risalgono a un passato remoto e una zuppa inglese che continuano tutti a richiederle. «C’è un signore che ogni tanto mi incontra per strada e mi chiede di poter assaggiare ancora quel gusto, un ricordo antico che ti entra nella memoria e non ti lascia più».

Ritmi lenti e ricette antiche che i clienti non dimenticano

Da Enzo Ferrari ai dirigenti del comparto ceramico; da famiglie con bambini agli stessi bambini che diventati adulti hanno continuato a rincorrere quei sapori. Questi gli ospiti che hanno riempito la trattoria per anni. Ora è chiusa, nessun passaggio generazionale, nessuna voglia di fare piatti lenti, faticosi ma molto gustosi. «Adesso che ho più tempo per me ho riscoperto il piacere della lettura, del giardinaggio, ma ci sono certi giorni in cui la nostalgia mi assale e allora prendo le chiavi dell’osteria, vado ad aprirla, accendo le luci, guardo e ricordo». E le ricette così rigorose che fine faranno, è un peccato dimenticarle? «Non lo so – risponde Cecilia – non ho ancora pensato, potrei anche raccoglierle tutte ma dovrei farmi aiutare da qualcuno, magari da mia figlia. Ma pure lei ha tante cose da fare, vedremo». E così il sapore, da esperienza gastronomica condivisa per generazioni, si trasforma in ricordo nostalgico. Speriamo non per sempre.
Noi, ad esempio, quella zuppa inglese vorremmo tanto assaggiarla…

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