Immagina di sorseggiare un drink all’interno del costato fossile di una creatura aliena, seduto su un trono fatto di vertebre e crani, mentre il soffitto sopra di te si incurva come una rachide monumentale, pervasa da un’estetica che sfida ogni logica umana. Non è un set cinematografico o un sogno disturbato, è il Museum HR Giger Bar di Gruyères, il luogo più visionario in cui ti capiterà mai di alzare un bicchiere. Dimentica l’arredamento industrial chic, le luci soffuse da bistrot parigino, i velluti e le poltrone vintage: è la mente inquietante e meravigliosa di Hans Ruedi Giger, l’artista che ha dato un volto all’incubo alieno per eccellenza.
Nato nel 1940 a Coira, in Svizzera, Hans Ruedi Giger è noto per le sue visioni estetiche che rappresentano l’emergere della prossima tappa nell’evoluzione dell’umanità: la simbiosi tra uomo e macchina in nuove forme di esistenza, creando opere che esplorano temi di erotismo, morte e tecnologia. La sua fama internazionale è legata principalmente al design dello Xenomorfo nel film Alien (1979) di Ridley Scott, per il quale vinse l’Oscar per i migliori effetti visivi.
Le opere di Giger sono profondamente psicologiche, influenzate da artisti come Hieronymus Bosch, Salvador Dalí, Francis Bacon e dal surrealismo europeo. I suoi lavori, molti dei quali pubblicati nei libri Necronomicon e Biomechanics, rappresentano paesaggi della mente, incubi lucidi che svelano un’interiorità tormentata. Giger è scomparso nel 2014, a 74 anni. È stato un artista che ha saputo dar corpo all’invisibile e rendere tangibili le ombre.
Dopo numerose visite a Gruyères, HR Giger viene a sapere che lo Château St. Germain, la fortezza della cittadina, è in vendita, nasce l’idea di creare il proprio museo. Nel settembre 1997 acquista il castello e con l’aiuto dell’architetto Roger Cottier e il prezioso supporto di numerosi collaboratori, la prima apertura avviene il 21 giugno 1998. Il museo ospita gran parte del design cinematografico di Giger, inclusi i progetti per Alien e Alien 3, Dune, Species, Poltergeist 2 e The Mystery of San Gottardo. Successivamente il 12 aprile 2003, viene aperto il bar che ha richiesto quattro anni per essere completato.
Il contrasto con l’esterno è netto: Gruyères, con la sua atmosfera da cartolina, fatta di strade acciottolate e architetture medievali, sembra quasi un’altra dimensione rispetto all’interno del bar. Ad accogliere i visitatori c’è Birth Machine Baby, una scultura di un neonato che presenta un corpo infantile ma fortemente metallico e robotizzato, con una testa sproporzionata e occhiali protettivi, quasi da soldato o aviatore. Appena si varca la soglia del locale, non è solo l’estetica a richiamare l’universo di Alien, ma la sensazione concreta che qualcosa di vivo abiti lo spazio. Sembra piuttosto che la creatura stessa, lo Xenomorfo, vi abbia trovato dimora, insinuandosi nei muri, nelle sedute, nei soffitti, lasciando dietro di sé tracce permanenti, impregnando lo spazio della propria presenza viscerale.
Il soffitto è coperto da archi di vertebre che ricordano una gigantesca gabbia toracica. Le pareti sembrano pulsare di vita propria, ricoperte da superfici organiche ossessivamente dettagliate, dove ogni curva, ogni scanalatura, rimanda a corpi fusi con ingranaggi. Le sedie Harkonnen, con i loro schienali che ricordano teschi sovrapposti, sono un omaggio al design pensato per il film Dune di Alejandro Jodorowsky, mai realizzato, ma che ha influenzato profondamente l’estetica del bar. La luce soffusa, i colori scuri e le forme sinuose creano un’atmosfera surreale, quasi onirica. Ogni elemento, dalla disposizione dei mobili alla scelta dei materiali, è progettato per stimolare i sensi e suscitare emozioni contrastanti, un luogo che affascina ma che allo stesso tempo inquieta. È come essere trasportati tra i resti di una civiltà futura mutata, dove la tecnologia si è fusa con la carne e l’architettura sembra un relitto di un’era dimenticata.
Foto: Museum HR Giger
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