L’immaginario del mulino in Italia è ormai legato indissolubilmente alla famiglia del Mulino Bianco di Barilla. Sono passati giusto cinquant’anni dal lancio del marchio di biscotti e merendine più famoso del Paese e a fine anni 80 uno spot di Giuseppe Tornatore diede anche sembianze fisiche al logo, trovando nel Mulino delle Pile di Chiusdino, in provincia di Siena (da tempo in vendita) una corrispondenza perfetta. Quell’immagine divenne familiare anche a chi, magari, un mulino non l’aveva mai visto. Eppure, l’Italia ne è piena, anche se non esiste un vero e proprio censimento.
L’Associazione italiana amici dei mulini storici – Aiams – ha fatto un bel lavoro di archiviazione individuando poco più di quattrocento mulini idraulici (che è una piccola parte di quelli in funzione fino agli anni ’60 del secolo scorso). La maggior parte delle strutture censite dall’ente è in funzione: c’è chi è tornato a fare il mugnaio, c’è qualche segheria, ci sono diversi musei ed esperienze didattiche. E poi c’è chi ha trasformato questi manufatti in luoghi di ospitalità con ristorazione e hotellerie. «Il mulino non era solo un ingegnoso opificio ma era anche un luogo di incontro, l’agorà, dove il mugnaio era un po’ il “filosofo” della piazza».
Gabriele Setti, presidente Aiams, evidenzia il valore sociale del mulino, ma non lo fa con nostalgia. Anzi, è certo del contributo che nel presente queste realtà possono ancora offrire: «Se una struttura antica anche di mille anni – spiega Setti – continua a produrre e a fare accoglienza, vuol dire che è un posto vivo e contemporaneo, è una sede di saperi profondamente legati a un territorio». E in effetti, da questa prospettiva, l’ecosistema del mulino pare essere un’opportunità importante per un turismo “intelligente”, che ha cuore la natura, il silenzio e la lentezza.
Ecco la lista per una vacanza diversa: abbiamo selezionato 11 molini storici, restaurati, inseriti nei loro ambienti paesaggistici e umani, dove fare diverse esperienze. Si può manguiare e dornire, ma anche vedere come funziona la molitura del grano e assaggiare i prodotti realizzati con le farine fatte in loco. Ve li presentiamo…
Alessandra Ingenetti è cuoca e locandiera della Locanda del Mulino a Valcasotto, borgo restaurato nel Cuneese dall’azienda di formaggi Beppino Occelli. Il mulino, costruito nell’800, è stato spostato da Pamparato a Valcasotto, da tutti ormai conosciuto come il “borgo dei formaggi” (è qui infatti che Occelli ha le sue stanze di stagionatura). La piazzetta è diventata il punto di partenza di molte attività outdoor: trekking, cicloturismo, ciaspolate invernali, visite al castello sabaudo di Valcasotto. Dopodiché si fa ritorno in paese per gustare i piatti di Alessandra: «La farina di mais è alla base di molti piatti – racconta la chef – dalla polenta alle paste di meliga, fino alla torta Valcasotto di mia invenzione: è fatta con le tre farine macinate a pietra qui, mais, grano saraceno e farro e farcita con la crema di mirtilli dei boschi». Per godersi l’atmosfera antica delle case dai tetti in pietra ci si può fermare in una delle otto stanze della locanda.
Al Molino Maufet invece si punta anche sulla vista lago: struttura risalente al XIII secolo e rimessa in piedi da una coppia di Colico, in provincia di Como, letteralmente stregata dal posto: «Avevamo comprato un terreno a pochi metri – spiegano Claudia e Lorenzo Bettiga – per costruire la nostra casa e quando ci hanno proposto di prendere anche il rudere attiguo abbiamo scoperto che si trattava di un mulino. Da quel momento ci siamo fatti una cultura sull’argomento leggendo libri e visitandone decine in tutta Italia». Tanto studio ha portato alla nascita di una struttura ricettiva con sei camere moderne, ma all’interno di un contesto storico ben conservato. Si tratta di un poliedrico progetto di turismo sostenibile che può contare su un ecomuseo – anche luogo del cuore Fai – su un forno per il pane che la coppia vuole mettere a disposizione del comune, di una futura micro-centrale idroelettrica che torni a sfruttare la forza dell’acqua: «Siamo sul Sentiero del Viandante – racconta Claudia – che è sempre stato punteggiato da decine di mulini i quali un po’ alla volta stanno tornando in attività». Colico è la sponda bagnata più ampia del Lago di Como e per questo motivo è nota per gli sport acquatici, ma da queste parti sono tante le cose che si possono fare: le escursioni al Lago Mezzola, il percorso ciclabile che conduce fino a Bormio in Valtellina e, per rimanere in tema, il giro dei mulini di Villatico.
Tra i Monti Lessini e la Valpolicella, Agostino Sartori aveva stretto un patto con l’ultimo mugnaio del Mulino dei Veraghi, promettendogli che non avrebbe fatto andare in malora la struttura. Lui che nella vita fa il produttore di vino con l’azienda Terre di Molina, si è reinventato anche un po’ mugnaio a Molina di Fumane in provincia di Verona: «Sarebbe bello riprendere l’attività molitoria a pieno regime – spiega Sartori – ma le norme sanitarie complicano l’iter e così macino un po’ di farina per fare la polenta e tenere attive le macine. Nel 2018 ho inaugurato il b&b con cinque stanze e ho puntato anche sul glamping, con due tende – una per la coppia, l’altra familiare – immerse nel verde e accanto alla sorgente dei Veraghi. Siamo a due passi dal Parco delle Cascate, con oltre quindici salti d’acqua spettacolari».
Andare alla scoperta del Friuli partendo da un mulino diventato hotel e ristorante. Questo era il desiderio della famiglia Balestrieri, divenuta proprietaria di un manufatto del 1600 di Bannia di Fiume Veneto, in provincia di Pordenone: «Già negli anni ‘80 – racconta Corinna Balestrieri – eravamo interessati a un turismo lento e a un posto che fosse equidistante dal mare, dalla montagna e dalle città d’arte. Ecco come è nato L’Ultimo Mulino». A questo relais di charme con otto camere e un ristorante che fa cucina della tradizione – i cjarsons, tipica pasta ripiena friulana e le tagliatelle con il ragout di cortile – si accede da un ponte in pietra: la struttura infatti sorge su un isolotto bagnato dal fiume Sile che fa muovere ancora le tre antiche ruote.
Quarant’anni dedicati alla comunità polesana raccolta intorno a un mulino. È la storia di una coppia di imprenditori visionari quella di Giuseppe Marangoni e Donatella Girotto, innamorati del Parco del Delta del Po e del Mulino al Pizzon di Fratta Polesine costruito sulla confluenza dello Scortico – affluente dell’Adige – nel Canalbianco – affluente del Po. Il mulino è stato convertito in un ecomuseo ed è un luogo di grande vitalità: «Da noi si può dormire in una delle sei camere in quella che era la casa del mugnaio – racconta Donatella – e si mangia al nostro ristorante. In pratica, costruiamo il il presente e il futuro di questo territorio. Infatti, abbiamo fatto nascere il cantiere per la riparazione delle barche da fiume chiamato Squero, sul canale Scortico c’è un approdo per barche e canoe, mentre sul Canalbianco c’è un approdo per battelli che percorrono la via navigabile Mantova-Venezia».
Anche il torrente Tidone finisce nel Po ed è il corso d’acqua che dà il nome all’omonima valle. Qui, nel Piacentino, c’è il Mulino del Lentino di Nibbiano: «È anche uno dei rari esempi di mulino fortificato – racconta il proprietario Stefano Borghi – perché serviva per riscuotere pedaggi e avvisare dell’arrivo di nemici. Disponiamo di cinque appartamenti di cui si occupa mia figlia Sara. La clientela è fatta soprattutto di camminatori. Il borgo, infatti, è al centro di un crocevia di percorsi storici, dalla Via Francigena alla Via degli Abati, dalla Via dei Celti alla Via del Mare che collega la Pianura Padana al Mar Ligure».
Sull’Appenino bolognese la coppia Eugenia Pesci e Armando Ballotta ha scelto un mulino come dimora e, per condividere la bellezza di un posto che amano, hanno ristrutturato due appartamenti attigui facendone dei b&b. Siamo a Rocca Pitigliana e il mulino prende il nome dal borgo. Ancora bagnato dalle acque del torrente Marano, la struttura risale alla metà del XVI secolo. Il filo conduttore del paesaggio è senza dubbio l’acqua: «C’è il rumore del ruscello che scorre – racconta Eugenia – la piscina è ricavata dalla vasca di raccolta dell’acqua che serviva a muovere le macine e il lavatoio in pietra diventato un ninfeo».
Nove secoli ininterrotti di farina. Dal Medioevo il Mulino dei Renzetti di San Giustino in provincia di Perugia non si è mai fermato e continua a essere luogo di produzione ma anche di accoglienza grazie a tre appartamenti ricavati al piano superiore della struttura: «È una continuità legata al fattore umano – spiega Stefano Piergentili, ultima generazione della famiglia di mugnai – Produciamo farine integrali e facciamo anche selezione delle sementi della Valtiberina. Abbiamo un punto vendita per la pasta e corsi per imparare a fare il pane e la pizza».
Adagiato sulla confluenza dei fiumi Salice e Frido, il Mulino Iannarelli è nel cuore del Parco del Pollino, sul versante lucano. Appartenuto prima a un principe, poi a un militare, oggi la struttura ha un hotel e un ristorante, tutti in pietra e legno: otto camere e una cucina che parla la lingua della zona con agnelli, formaggi e farine di grano Carosella: «Chi arriva da noi – sottolinea il proprietario, Daniele Conte – vuole relax o ama cimentarsi in attività sportive grazie al parco-avventura nel bosco Magnano e al river-trek lungo il Frido. Vale la pena venire fin qui anche solo per ammirare i secolari pini loricati, simbolo del parco, patrimonio naturale Unesco».
Una serata tranquilla davanti al camino è ciò che promette Gerardo De Maffutiis nel mulino seicentesco a cui ha dato il suo nome. Auletta è un piccolo borgo che fiancheggia il fiume Tanagro. Siamo in un altro parco, quello nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Un unico appartamento b&b che ha conservata nella sala del camino anche la macina in pietra. La tranquillità è assoluta, ma se si ha voglia di conoscere i dintorni c’è moltissimo da fare: «La Certosa di Padula dista appena 40 chilometri – racconta Gerardo – le Grotte di Pertosa sono a meno di dieci minuti e se si preferisci il mare si può puntare verso Paestum per un bagno e per una visita agli scavi archeologici».
L’altopiano ragusano in Sicilia è segnato da profondi canyon dove l’acqua non è mai mancata – anche in questi anni siccitosi – e non è strano trovare anche qui una vallata di mulini. Ce n’erano nove lungo il torrente Santa Domenica: il Mulino della Timpa è stato il primo restaurato da un privato. Oggi è parte di un’azienda agricola che produce sia farina che olio extravergine di oliva. Da poche settimane è stato inaugurato il primo appartamento con formula b&b e per fine anno arriverà il secondo. Annalisa Di Benedetto, la proprietaria, dopo il lungo restauro, ha provato anche a rispristinare l’attività molitoria, ma l’esigenza di mettere a frutto l’investimento l’ha convinta a virare sul mondo del turismo: «Abbiamo portato in tenuta le arti e i mestieri siciliani con esperienze dal vivo: ci sono i maestri carrettieri che insegnano il decoro, il corpo di ballo della tarantella, il casaro che prepara la ricotta, le signore che intrecciano i canestri. Abbiamo poi una sala destinata alle cooking class dove viene utilizzata la nostra farina. Continuiamo a farla per uso interno, circa 40 chili al giorno, per due/tre giorni al mese».
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