In Giappone, ogni pasto è considerato un momento a sé stante da vivere con consapevolezza, non a caso, si comincia esclamando itadakimasu (un ringraziamento per il cibo ricevuto) e si conclude con gochisousama deshita (una formula di gratitudine verso chi ha cucinato). Questa filosofia si riflette nel bento, il portapranzo giapponese che rappresenta molto più di un semplice contenitore per il cibo.
La tradizione del bento affonda le sue radici nel periodo Kamakura (1185–1333), quando i primi pasti portatili venivano avvolti in foglie o conservati in semplici contenitori di legno. Nel periodo Edo (1603–1868) i viaggiatori portavano il pranzo legato alla cintura, spesso composto da onigiri avvolti in foglie di bambù. Tuttavia, fu con l’espansione della rete ferroviaria, durante l’era Meiji (1868–1912), che il bento conobbe una vera e propria diffusione di massa. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il bento assunse un ruolo particolarmente importante: scatole di metallo smaltato o alluminio venivano utilizzate per conservare e trasportare i pasti dei soldati, soprattutto riso bianco.
Ad oggi, i genitori preparano i bento scolastici investendo tempo e amore nel confezionamento. Infatti, la società giapponese attribuisce grande importanza a questo gesto, considerandolo una parte essenziale dell’educazione e della crescita dei bambini; un modo per esprimere il proprio legame attraverso il cibo. Anche nel mondo del lavoro gioca un ruolo significativo. In passato, le donne preparavano con cura i pasti per i mariti che andavano a lavorare nei campi o in città, assicurandosi che avessero cibo sufficiente per tutta la giornata. Oggi, questa usanza si è evoluta, ma lo spirito rimane lo stesso: il bento è un gesto di premura, un modo per prendersi cura dei propri cari anche quando sono lontani da casa.
La cultura del bento è ben rappresentata anche nel cinema giapponese. In Dad’s Lunch Box (2017), diretto da Masakazu Fukatsu, la storia segue un padre che, dopo la separazione dalla moglie, prepara ogni giorno il pranzo per la figlia liceale. All’inizio i suoi tentativi sono goffi e impacciati, ma col tempo imparare a cucinare diventa il modo per rimanere vicino alla figlia, per trasmetterle affetto e presenza.
Film Dad’s Lunch box (2017)
Anche in Lettere da Iwo Jima (2006) di Clint Eastwood, il bento assume un ruolo significativo, pur in un contesto drammatico. In una scena toccante, alcuni soldati giapponesi consumano riso seduti sulla spiaggia (foto copertina), poco prima della battaglia. Quel pasto semplice, vissuto in un momento di apparente quiete, restituisce l’umanità di quei giovani in guerra, rivelando come, anche nel cuore del conflitto, il bento resti un gesto familiare, quasi domestico. In Call Me Chihiro (2023), diretto da Rikiya Imaizumi, la protagonista lavora in una piccola gastronomia di bento in una cittadina costiera, dopo aver abbandonato la sua vita da escort. Attraverso la preparazione quotidiana dei pasti, entra in contatto con persone sole, emarginate o semplicemente bisognose di un gesto gentile. Il cibo diventa così uno strumento di ascolto e connessione.
Netflix Original, Call Me Chihiro (2023)
Questo iconico portapranzo è centrale anche in Bento Harassment (2019) di Renpei Tsukamoto. Qui una madre, in difficoltà nel comunicare con la figlia adolescente ribelle, sceglie di esprimersi attraverso i pranzi che le prepara: ogni scatola diventa un messaggio ironico o provocatorio, disegnato direttamente sul cibo, trasformando la cucina in una forma creativa di dialogo.
Film Bento Harassment (2019)
Infine, in 461 Days of Bento: A Promise Between Father and Son (2020), diretto da Atsushi Kaneshige, un padre divorziato si impegna a preparare il pranzo per il figlio ogni giorno, per tutti i 461 giorni delle scuole superiori. Un gesto semplice, nato da una promessa, che diventa un modo per accompagnare silenziosamente la crescita del figlio attraverso la ritualità quotidiana dei pasti condivisi.
Film Il mio vicino Totoro (2009)
Nei manga e negli anime non è raro vedere personaggi che preparano il bento con dedizione, come nel film Il mio vicino Totoro (2009) di Miyazaki. Non a caso, in molte scene è al centro di momenti di gruppo e condivisione sottolineando quanto questa tradizione sia radicata nella cultura giapponese.
Film Suzume (2022)
Per esempio, in Suzume (2022), l’ultimo lavoro di Makoto Shinkai, il consumo del bento diventa pausa di quiete in mezzo a un viaggio dai toni surreali e drammatici. In Your Name (2016) di Makoto Shinkai, il bento compare nella scena in cui Mitsuha, la protagonista, lo mangia a scuola e Taki, il protagonista, durante un viaggio in treno consuma l’ekiben, un particolare tipo di bento venduto nelle stazioni ferroviarie.
Film Your Name (2016)
In Food Wars! (Shokugeki no Soma), anime e manga firmato da Yuto Tsukuda e Shun Saeki, il cibo è al centro dell’intera narrazione e viene trattato come una forma di spettacolo e di combattimento. Il temari bento fa una comparsa simbolica. Prende il nome dalle temari, le palline decorative in tessuto o filo colorato tipiche dell’artigianato giapponese. In questa versione del bento, i cibi vengono modellati in piccole sfere condite e ricoperte da fettine sottili di pesce crudo, verdure tagliate finemente, uova strapazzate, alga nori o altri ingredienti colorati. Il tutto viene assemblato in modo elegante e compatto.
Temari bento, Food Wars!
Oggi, il bento continua a vivere anche fuori dal Giappone. Sui social, migliaia di appassionati e creativi si cimentano nella creazione di queste piccole composizioni, traendo ispirazione da personaggi degli anime o da ricette tradizionali. Non sorprende quindi che esistano numerosi libri dedicati a insegnare e offrire idee su come realizzare il proprio bento perfetto. Tra i più famosi e apprezzati in Italia, c’è Le Ricette di Keiko di Keiko Irimajiri, diventato un punto di riferimento per chi desidera avvicinarsi alla preparazione di bento autentici.
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