“La colazione del mattino lascia / poche briciole, il suo rito è semplice / e leggero, ma necessario / per separare il giorno dalla notte, / la ragione dal sogno, la vita / dalla morte…”, scrive il poeta Attilio Bertolucci. Per tutti noi, ormai da tempo inveterato, la “colazione” (detta anche la “prima” colazione) è il primo pasto del giorno, quello mattiniero che rompe il digiuno notturno. Come sempre la parola racconta storie importanti. La prima attestazione del termine si ha, come spesso è accaduto nell’area europea, in ambito monastico. Nei lunghi digiuni che duravano dall’alba al tramonto, l’astenersi dal cibo per tutta la giornata , soprattutto per chi svolgeva attività lavorativa, risultava gravoso, cosi, prima di coricarsi, si consumava una modesta razione di pane e vino, accompagnata dalla lettura delle Collationes Patrum (vite dei padri della Chiesa di Giuovanni Cassiano). Lo spuntino prese nome collatio, collatione(m).
Fuori dai contesti conventuali per tutto il Medioevo la colazione è sinonimo di merenda che interrompe il digiuno mattutino ma anche aperitivo.
Nel Quattrocento dilaga la moda della Colazione: poteva apparecchiarsi in apertura del pranzo, poteva coincidere con gli antipasti. Tanto che ancor oggi esiste una significativa confusione lessicale per cui spesso e volentieri la colazione è il pranzo: da tener presente che la regola di non mangiare prima di aver digerito il pasto precedente impose per molto tempo il limite dei due pasti al giorno. Si deve poi allo zucchero la nascita e il sontuoso evolversi della colazione in età rinascimentale che consisteva nell’esibire un apparato decorativo realizzato esclusivamente con pasta di zucchero.
Altra suggestione: il termine colazione deriva anche dal fatto che il medico di corte, in Francia ma anche in altri regni europei, sorvegliava cuochi e cucine e ogni mattina aveva una discussione (collationem) con il maître de la cuisine sui piatti del giorno.
Il pasto mattutino lo ritroviamo però già a partire dagli Egiziani, che mangiavano soprattutto cereali accompagnati da cipolla. I Greci invece, chiamavano akratisma la colazione a base di vino, gallette di cereali cotte sotto la cenere, olive e fichi secchi; introdurranno solo successivamente il pane e l’olio. Gli Etruschi consumavano latte con farro o frumento e i Romani pane all’aglio e formaggio (i più ricchi).
Nel 1935 questa era la colazione tipo di una famiglia contadina veneta: “Colazione al mattino tra le ore 6 e le ore 8, che consiste in formaggio o salame e polenta per gli adulti, in latte e polenta per i bambini. Durante il luglio, alla polenta viene sostituito il pane e nei giorni di vigilia comandate dalla chiesa, il pesce secco (aringhe o sarde) sostituisce il salame”. In Toscana il panecbevere dei contadini era a base di pane e vino e qualche salume.
La tipica colazione italiana, in casa come al bar o in pasticceria, è essenzialmente costituita da cibi dolci (biscotti, croissant, pane, con cioccolate e marmellata, yogurt, cereali, da colazione, pasticcini), accompagnati da caffè e/o latte, cappuccino o tè. Ma per l’82% degli italiani che fanno colazione fuori, questa consiste in “cappuccino e cornetto” con tutte le varianti lessicali e non solo.
La fortuna della colazione all’italiana è il risultato della fortuna e del successo anche del caffè. Il senatore veneziano Costantino Garzoni nel 1573 riferisce dell’abitudine di consumare il caffè (acqua negra) a Costantinopoli: “Costumano anco molti, per poter vivere allegri, di bere ogni mattina una certa acqua negra la quale suole levarli da ogni pensiero ed insieme dal buon sentimento…”. L’usanza di bere il caffè invade, a partire dal Settecento, l’Italia intera, e nelle più importanti città aprono i caffè, luoghi di discussione politica e intellettuale. A Venezia nel 1763 erano ben 218 i caffè. La bevanda dà il nome e oggi riassume molti e diversi modi di gustarla: lungo, alto, lento, mollo, marocchino o più semplicemente espresso. Ormai, però, siamo arrivati anche alla esaltazione degli Specialty, ovvero estrazioni da chicchi che hanno un valore particolare nell’origine e nella lavorazione, oltre che nelle tipologie di infusione e degustazione.
Altro protagonista della colazione è il cornetto… Ma a cosa si deve la sua caratteristica forma a mezzaluna? Secondo la leggenda diventata subito tradizione (inventata) il cornetto sarebbe nato nel 1683 a Vienna, durante il secondo assedio alla città da parte di 140mila Ottomani. Sembrerebbe che i viennesi, presi alla sprovvista, reagirono sbeffeggiando i turchi sulle mura della città mangiando un tipo di pane al burro, il kipferl. Un’altra versione vuole che siano stati i fornai viennesi, lavoratori notturni, i primi a dare l’allarme e abbiano festeggiato il mancato assedio con il dolce lievitato a forma di mezzaluna, simbolo degli ottomani, creato da un fornaio di nome Peter Wendler: uova, farina, burro, zucchero, lievito, acqua tiepida. Ancora una leggenda narra che i turchi, fuggendo dal campo di battaglia, abbiano lasciato dei sacchi di caffè non tostato: i chicchi, bruciando nell’incendio appiccato per non lasciare nulla indietro, avrebbe liberato il caratteristico aroma, conquistando l’olfatto. Di qui la nascita dell’amore fra il cornetto e il caffè: un’unione incontrastata nei secoli, come il piacere della colazione a casa pervasa dall’aroma della moka e dell’odore accogliente della brioche appena riscaldata.
Come mai, però, il viennese kipferl divenne il francese croissant? Può essere stato il matrimonio, nel 1770, tra Maria Antonietta, figlia di Maria Teresa d’Austria e il delfino francese Luigi XVI a diffondere tra i pasticcieri di Versailles il nuovo dolce, arricchito di molto burro. Famosa la frase che Maria Antonietta avrebbe pronunciato a chi le ricordava la fame dei contadini per la carestia di pane: “S’ils n’ont plus de pain, qu’ils mangent de la brioche”. Brioche: da dove viene questa parola? Partendo da una radice germanica – brekan, da cui derivano il tedesco brechen e l’inglese to break – si arriva, attraverso un verbo brier, (variante di broyer) al normanno brioche, ovvero “dolce impastato con la brie, un genere da matterello” (uso risalente al XV secolo).
Nutrizionisti e dietologi non fanno altro che ripeterlo: la colazione è il pasto più importante di tutta la giornata e non deve essere saltata. Eppure, la tendenza italiana si sviluppa sul lato opposto. Sono in aumento coloro i quali decidono di iniziare la giornata senza mangiare alcunché: 7 milioni di persone, il 14% della popolazione, a fronte dell’8% del 2004. I risultati sono emersi da un’indagine, il cui titolo è “Io comincio bene”, realizzata da Doxa per conto dell’Associazione italiana industrie della pasta e del dolce (Aidepi). Tutto vero, anche se probabilmente ormai i ritmi sempre più veloci portano a posticipare la coccola mattutina: si salta a casa, magari onorando il risveglio con un solo caffè, ma si recupera poi, a metà giornata, con una pausa seduti al tavolino di una bakery o scegliendo di passare il weekend fuori dalla pazza folla, magari in una suggestiva struttura fuori dalla città che offre anche una bella e ricca colazione.
Colazione come trasposizione emotiva quindi: il momento della tazza di thé e caffè accompagnata da dolci e biscotti è un incanto dinanzi al quale molti di noi starebbero anche tutta la giornata, invece di affrontare la vita quotidiana. Come spiega Sergio Grasso, antropologo alimentare: “Questa voglia di cose dolci, di coccole, è l’altra faccia di un desiderio irrazionale che ci spinge a non decidere subito, a indugiare davanti alle scelte che poi inevitabilmente dovremo prendere nel corso della giornata. La colazione è un dolce bivio di fronte al quale ci attarderemmo, se fosse possibile, per tutta la giornata”.
Il tempo in cui prende il via la giornata ha un fascino che da secoli attrae intellettuali e artisti che vedono la colazione al caffè un momento di creatività e di riflessione prima dell’avvio. Uno dei motivi, tra l’altro, per cui sono una moltitudine i locali che hanno la parola “artisti” nella loro insegna.
Dal Greco al Florian, dal Procope al Pedrocchi, il caffè tra la fine del ‘600 e il ‘700 diventa il luogo di incontro e di confronto di intellettuali, artisti, scrittori, giornalisti. In Calabria e in Sicilia il meglio della narrativa meridionale – Alvaro, Sciascia, Brancati – era solita, in estate, recarsi al bar a fare colazione a base di granita di limone o di caffè. Il Decadentismo francese aveva eletto alcuni caffè e alcuni luoghi ideali a punto di incontro dove discutere davanti a una colazione dolce. Ma ancora prima, Balzac e Zola trovavano nei locali quella varia umanità che ispirerà i loro capolavori. Italo Svevo frequentava assiduamente i caffè letterari a Trieste, in particolare il Caffè degli Specchi, in Piazza dell’Unità d’Italia, dove si incontrava con intellettuali e artisti; il pittore Umberto Veruda aveva lo studio accanto a un caffè. Per non dire di James Joyce che trascorreva il suo tempo ai tavolini del Caffè Pasticceria Stella Polare, dove faceva colazione con il Presnitz, un dolce tortiglione di pasta sfoglia ripieno di frutta secca. Claudio Magris ha eletto, da tempo, lo storico caffè San Marco come sua seconda casa. E a leggere le memorie e i racconti di Arrigo Cipriani si ha la conferma che una colazione all’Harry’s Bar era prassi comune di artisti e attori, poeti, da Montale a Orson Wells. È infatti proprio al mattino che una moltitudine di persone intente a fare colazione offre uno spaccato straordinario di varia umanità e socialità: avventori apparentemente soli ma in realtà accomunati da un rito, una sorta di sala di decantazione prima di essere travolti dalla quotidianità e dallo stress del lavoro. E l’artista osserva, annota, discute, chiacchiera: raccoglie materia importante per i suoi processi creativi, letterari e artistici, registra sensazioni, accende intuizioni e ispirazioni.
La riscoperta della colazione come un piccolo-grande lusso, come una coccola al proprio star bene, è un elemento importante nella rinnovata giovinezza della colazione. In questo hanno un ruolo gli hotel che si sono sempre più aperti ai cittadini: per gli italiani, ad esempio, vedere intorno a sé tanti stranieri con usi diversi e abitudini alimentari estranee alla colazione all’italiana, è un percorso di evoluzione che sta portando la colazione ad assumere un posto sempre più importante anche nella educazione e nelle abitudini alimentari che sempre più si aprono al mondo. E che al tempo stesso portano il mondo nella dimensione “local”: accanto al salmone o all’uovo strapazzato c’è sempre più spesso il salume o il formaggio a km0; accanto alla brioche, il pane da cereali antichi a lievitazione naturale, accanto al caffè americano anche vino e olio extravergine di oliva. Insomma, si cresce e ci si contamina, si scopre e si riscopre. A volte si inventa anche. E l’umanità cambia e si evolve. Anche (o forse proprio!) a partire dalla colazione.
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