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Confini pericolosi

C'è uno Starbucks da dove si può sbirciare la Corea del Nord mentre si beve caffè

Lo store della grande catena unisce consumismo, geopolitica e turismo, offrendo ai visitatori un’esperienza unica nella zona demilitarizzata

  • 21 Maggio, 2025

Immagina di attraversare un checkpoint militare, mostrare il passaporto, superare reticolati, pattuglie armate e pannelli informativi che ricordano un trattato di pace mai firmato tra Nord e Sud. Poi, improvvisamente, ti ritrovi davanti a una tazza di caffè fumante, poggiata sul tavolino di legno di una delle catene più globalizzate del mondo: Starbucks. Non è la trama di un romanzo distopico né un esperimento sociale. È ciò che accade davvero a Gimpo, nella Corea del Sud, dove ha aperto il primo Starbucks con vista diretta sulla Corea del Nord.

Dove finisce il cappuccino, inizia la dittatura

La posizione del nuovo Starbucks non è casuale. Sorge nella zona di Aegibong, una collina panoramica, situata nel Peace Ecopark, che domina la linea di confine. Si trova all’interno della Zona Demilitarizzata (DMZ), una striscia lunga 248 km e larga quattro km che separa le due Coree dalla fine del conflitto armato del 1953, quando è stato firmato l’armistizio. La DMZ è oggi una delle frontiere più militarizzate e surreali del mondo. La storia della Guerra di Corea, lacerante e irrisolta, si sente ancora forte in questa terra sospesa, dove il passato e il presente si osservano da pochi metri di distanza.

Cartina geografica del confine tra Sud Corea e Nord Corea, zona demilitarizzata e posizione di Starbucks

Qui, ogni struttura, anche un bar, assume un significato che va oltre la sua funzione. Da una terrazza sopraelevata si può osservare Kijong-dong, il cosiddetto Peace Village nordcoreano, distante appena 1,4 km. Visibile attraverso dei binocoli, il villaggio appare immobile, quasi finto: le case sembrano disabitate e tutto richiama la scenografia di una propaganda congelata nel tempo. Eppure, per i clienti di Starbucks l’immagine è potente: sorseggiare un espresso mentre si guarda verso un territorio che non si può raggiungere, dove le regole sono altre, dove il controllo è totale.

Il caffè come lente geopolitica

Perché aprire Starbucks in un luogo simile? Secondo il sindaco di Gimpo, l’obiettivo dell’apertura è chiaro: rilanciare il turismo in una zona poco frequentata, cambiando l’immagine negativa che da sempre accompagna i luoghi prossimi alla frontiera con la Corea del Nord. La zona di Aegibong è da decenni un punto strategico di osservazione militare. Ora si tenta di riscriverne la narrazione, trasformandola da simbolo di divisione in meta di interesse storico e paesaggistico.

La catena di Seattle non ha mai aperto punti vendita in Corea del Nord, e non ci sono segnali che ciò possa accadere. Eppure, è proprio questo Starbucks a pochi passi dal confine che diventa uno dei luoghi più vicini in cui si possa vivere una fetta di Nord. Il locale è stato progettato con ampie vetrate proprio per enfatizzare la possibilità di guardare oltre. Il messaggio è sottile ma d’impatto: il caffè diventa strumento di osservazione e riflessione, ma anche simbolo del consumismo globale che riesce a spingersi fino ai margini del paese più inaccessibile del pianeta.

Per i sudcoreani, è un gesto quasi liberatorio potersi avvicinare a quel confine proibito e consumare un prodotto occidentale familiare, riconoscibile, brandizzato. La tensione tra Corea del Nord e Corea del Sud è costante, alimentata da lanci di propaganda, test missilistici e crisi diplomatiche. In questo scenario di conflitto, si fa largo un desiderio umano di vedere e comprendere il mondo oltre il confine. Non mancano le critiche. Alcuni intellettuali e opinionisti sudcoreani hanno definito l’iniziativa un tentativo di commercializzare un dolore storico non ancora risolto. Altri sottolineano il paradosso: mentre si beve un latte macchiato a Sud, a Nord si lotta per il cibo e l’accesso ai beni primari.

Mossa di marketing o voglia di sensibilizzare il pubblico?

Starbucks non è nuovo a operazioni simboliche di questo tipo. La strategia di espansione del brand include spesso luoghi iconici, basti pensare al caffè nella Città Proibita di Pechino (poi chiuso per controversie culturali). Ma mai prima d’ora il marchio era stato usato come lente per osservare lo Stato più isolato al mondo.
L’apertura ha attirato centinaia di visitatori ogni giorno. I social si sono riempiti di video e foto: TikTok e Instagram pullulano di reel che mostrano giovani sudcoreani sorridenti mentre fotografano il panorama del Nord da dietro un bicchiere trasparente con il logo verde. È il trionfo della curiosità contemporanea, del desiderio di guardare dove non possiamo mettere piede.

Questa operazione di marketing è una perfetta sinergia tra branding, geopolitica e memoria storica. Alcuni tour operator hanno cominciato a proporre pacchetti turistici da Seoul fino al cosiddetto caffè con vista Corea del Nord. Questo Starbucks rappresenta tutto ciò che è il nostro presente: paradosso, iperconnessione, contraddizioni etiche, desiderio di inclusione. La tazza di caffè diventa specchio della società dove si mescolano social media e Guerra Fredda, globalizzazione e trauma collettivo. Certo, si potrebbe obiettare che un frappuccino non cambierà la storia, ma in un mondo dove i muri sembrano crescere anziché cadere, il solo gesto di guardare oltre un confine, sorseggiando una bevanda familiare, può essere un piccolo atto di apertura.

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