L’incontro, in un paesino di 10mila abitanti nell’Agro Nocerino-Sarnese, con le tonde di Oasi Pizzafuture potrebbe essere ascritto alla categoria di quelli “del terzo tipo”. Un miraggio, una visione… il contatto con un oggetto non identificato. In realtà è una pizzeria. Ma che pizzeria! Un luogo dove davvero si incontrano – concretamente, davanti ai tuoi occhi e al tuo palato, come una sorta di habeas corpus – passato (tradizione) e futuro (sperimentazione e novità). Il primo terreno di incontro è la pizza con la braciola di capra: una tonda (anzi, romboidale!) che è insieme arcaica e futurista. È la bandiera di questa pizzeria nata 21 anni fa: si chiamava l’Oasi della Pizza Maresca (dal nome di Michele Maresca che l’ha aperta) e si chiama oggi Oasi Pizzafuture, come l’hanno ribattezzata i due figli di Michele, Salvatore (alla pizza) e Rosanna a tutto il resto. «Nati in due sacchi di farina», come scherzosamente raccontano loro, hanno “requisito” l’insegna di famiglia e ne hanno fatto il loro fortino-laboratorio-salotto da cui hanno cominciato a scrivere un manifesto per la tradizione che verrà: Oasi Pizzafuture. Un programma, una sfida nella cittadina famosa per i suoi pelati. (Qui la nostra classifica appena realizzata dei migliori pelati: in Gdo e Artigianali).
A questo punto, però, proviamo a riavvolgere un po’ il nastro che in due decenni è andato avanti un bel po’ e a raccontare la storia di una pizzeria che punta a fare la storia della pizza. «Almeno di quella salernitana – sorride Salvatore – che è ben diversa dalla napoletana!» … Scherza e dice il vero, un po’ come Pulcinella che dal Golfo è diventato uno dei caratteri dell’animo umano. «L’anno dopo il diploma decido di andare a fare una esperienza Bergamo – racconta Salvatore, appena uscito dalla maturità come chimico – È qui che paradossalmente incontro pizzaioli napoletani che mi insegnano il metodo napoletano: per noi salernitani era blasfemia, per noi la pizza si stendeva tutta e si impalava; la cottura da noi è più lenta e dolce, mentre loro la tirano sulla pala e cuociono a temperature molto più aggressive. È dopo questa esperienza, avendo fatto mio l’insegnamento dei napoletani, ritorno a casa e decido di prendere in mano l’Oasi insieme a Rosanna, mia sorella, ottima direttrice di sala e anima della pizzeria. Dal 2018 io e lei abbiamo rivoluzionato su tutti i fronti quello che già era rivoluzione».
Già rivoluzione… In realtà loro padre, Michele, è sempre stato un pizzaiolo geniale, sempre in cerca e in ricerca di novità, di innovazioni, spirito inquieto che apriva pizzerie, le lanciava e poi le rivendeva per poterne aprire di nuove. «Questa volta, però, no. L’abbiamo requisita io e Rosanna e ne abbiamo fatto casa nostra – sorride Salvatore – anche perché qui ci siamo cresciuti, io dormivo sotto la cassa… È da sempre stata davvero la nostra isola. E non si poteva vendere». In realtà anche Michele, il padre, in questa pizzeria ci aveva messo tutto se stesso. «Ha portato qui le lunghe lievitazioni che aveva appreso in Usa nella seconda metà degli anni ’80: lì, però, usavano la Manitoba, qui invece lui ha voluto sperimentare sulle farine da grani locali, meno “forti”. Diede il via ai primi test sulla biga, sul poolish che all’epoca, con la poca informazione e senza social, erano fantascienza. Il tutto realizzando già pizze che erano all’avanguardia: topping col baccalà, la braciola di capra che è diventata poi iconica, condimenti con i gamberi marinati al brandy vestiti con oro commestibile e fiori eduli… Nel 2006, qui, la Capricciosa la chiamavano “l’ammiscata” e se parlavi di rucola sulla pizza ti guardavano in modo minaccioso! In tutti questi percorsi ci siamo sempre stati, io e mia sorella: io dormivo sotto la cassa del primo locale di papà e lei era la mascotte dei tavoli, parlo della fine degli anni ‘90. Così, noi abbiamo sempre avuto la passione per il cibo e per la cucina, abbiamo sempre studiato e lavorato in pizzeria. E devo dire che i miei studi di chimica mi hanno aiutato moltissimo, a partire dai corsi sulle conserve in un territorio dove i pomodori sono un totem».
Michele Maresca (a destra) insieme ai figli Rosanna e Salvatore
Un capitolo a sé, poi, è quello del senza glutine, da sempre terreno di attenzione e di passione per i Maresca. «Quando avevo 9 anni – avevo appena vinto un torneo di pizza juniores – ricordo che papà mi raccontava di come i colleghi parlassero delle opportunità del senza glutine e di come si vantassero di poterle far pagare moltissimo. E lui, icredulo, si chiedeva di come potessero speculare sui problemi delle persone. Nasce così il progetto senza glutine – racconta Salvatore – Test su test, migliaia di tentativi fina a quando non riuscì a trovare una quadra per fare una buona pizza che fosse anche superiore a quelle dei suoi colleghi: tanto che lui è stato più volte campione mondiale del senza glutine».
Pizza con pecorino toscano, finocchiona, caco fondente, Rhum e pere
«Io – continua il suo racconto Salvatore – ho cominciato da lì a lavorare con gli impasti e il forno: facevo le gluten free il sabato sera. Mio padre riuscì a mettere a punto un lievito madre senza le proteine del grano: fece partire la fermentazione da un filamento di zucca. Oggi in tanti sperimentano le fermentazioni in acqua di frutta e verdura, ma allora era una novità. Mio padre, però, non era interessato a quello che oggi si chiama social marketing e non ha mai brevettato nulla». I semi di quella genialità inquieta, però, hanno cominciato a dare frutti. E i ragazzi hanno “sequestrato” per sé quell’insegna dove sono cresciuti e che avrebbe dovuto essere la diciottesima pizzeria lanciata e venduta. Ma Michele non si è certo ritirato, anzi: ha aperto a Sarno il suo nuovo Acquedotto 43, cocktail bar e pizzeria dove continua a sperimentare, invetare, impastare e divertirsi.
Pizza Vongola Fujuta con chips di riso, aglio, peperoncino, polvere di prezzemolo e colatura di alici
Accanto a quella con la braciola di capra – intoccabile! – sono nate nuove creature: dall’Azzurro di Cetara – «nata dopo un viaggio in Costiera: volevamo riportare qui la sensazione di quel mare profondo e cristallino» – alla Scampitiello – «in questa unione tra lo scarpariello e i nostri scampi abbiamo iniziato a fare fusion con le cucine dal mondo» – i viaggi, le idee, le fantasie e le riflessioni di Salvatore e Rosanna finiscono nelle loro pizze. Insieme alla curiosità per tecniche e farine nuove e diverse.
Pizza con polenta fritta, porcini e tartufo, fonduta di Gorgonzola
«Partiamo da una integrale bianca e dall’unione tra manualità napoletana e cottura salernitana per dar vita a un ibrido che sarebbe poi “l’idea di pizza che abbiamo”. Poi abbiamo gli impasti multicereali con semi, il farro integrale, la segale che finisce nella nostra pala. Sono farine che prendiamo in un piccolo molino così come ricerchiamo gli oli extravergine che ci piacciono tra Cilento e Puglia. Anche la mozzarella – o munacello – è fatta artigianalmente e mozzata a mano e tutte le creme, le polveri, le salse e topping sono creati in casa da noi: tutti senza glutine e senza lattosio, perché ci piace scegliere e trasformare la materia prima che piace a noi. E ci piace trasmettere tutte queste conoscenze ai nostri collaboratori, seguendo quel detto popolare che – speriamo – potrà trasportare nel futuro le nostre esperienze: dai a un uomo un pesce e mangerà per un giorno, insegnagli a pescare e non morirà mai di fame».
L’orto di Willy Wonka
Ora l’Oasi – dopo la pausa del Covid che in Salvatore e Rosanna è stata l’occasione per studiare ancora di più, progettare e programmare – ha davvero preso il via. Le pizze innovative sono già dei classici. Accanto alla arcaica e futuristica braciola di capra di papà Michele, ci sono e hanno grande appeal le nuove tonde nate dall’immaginazione di due ragazzi che sono ormai cresciuti senza aver però dimenticato le emozioni vissute al fianco del padre. Ecco così in carta, accanto al pedellino e alla pala romana di segale integrale, al calzone croccante e alla pizza a portafoglio che parte dalla tradizione dello street food napoletano per farsi dessert, accanto a questo troviamo dei veri e propri must come “L’orto di Willy Wonka” – in cui hanno ricreato un orto ideale fatto di verdure dell’orto (zucchine alla scapece, melenzane al pomodoro e peperoni saltati in padella) trasformate in caramelle sulla pizza e guarnite con terra di funghi e rughetta – e come la “Genovese di canguro al caffè” in cui fa capolino l’olio al caffè del loro cugino Gianni Olimpo, grande esperto di specialty ed estrazioni e braccio destro di Marco Radicioni nel romano Otaleg.
Pala con genovese di canguro e olio al caffè
Pizze figlie di grande esperienza ma anche di fantasie e immaginazioni proprie di una generazione giovane ma che riescono a conquistare anche chi molto giovane non lo è più, almeno anagraficamente. Bella, davvero emozionante questa scoperta “del terzo tipo” che alla fine si dimostra avere i piedi ben piantati a terra con una proposta paradossalmente scevra di effetti speciali e con queste pizze (ma anche fritti e sfizi di pari livello e spessore, dalle crocchette alle “tre P” di pasta, patate e provola) che hanno il sublime fascino della concretezza.
Oasi pizzafuture – San Marzano sul Sarno (SA) – via A. Gramsci, 123 – 081 277 3391 – @OASI_pizzafuture
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