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L'analisi

Il calo dei consumi preoccupa sette cantine su dieci. Il Codice della strada? Una minaccia. Le difficoltà del vino nel report 2025 di Mediobanca

Le incertezze economiche e i problemi legati al passaggio generazionale spingono le compravendite aziendali. Nella classifica per fatturato Cantine Riunite-Giv è il primo player nazionale, poi Argea e Iwb

  • 27 Maggio, 2025

Vendite italiane in stallo nel 2024, aziende preoccupate per il calo dei consumi ma outlook 2025 positivo, secondo il nuovo report Mediobanca sul settore, che conferma ancora una volta il gruppo cooperativo Cantine Riunite-Giv in testa per fatturati, seguito da Argea e Italian wine brands. L’area studi dell’istituto di Piazzetta Cuccia ha pubblicato, martedì 27 maggio, l’analisi delle performance economico-finanziarie di 255 società di capitali italiane, con fatturato superiore a 20 milioni di euro e ricavi totali di 11,7 miliardi di euro, per quasi il 95% del fatturato nazionale del settore.

Il calo del 2024

Il report Mediobanca certifica lo stallo del settore vino italiano. Il 2024 si è chiuso senza significative variazioni dei fatturati (appena +0,3% sul 2023), con un aumento lievemente superiore nei mercati esteri (+0,7%) e una performance positiva fuori confine dei frizzanti (+9,1%). Rispetto al 2023, il margine operativo netto (Ebit margin) è aumentato dello 0,5% ed è cresciuto, altrettanto lievemente, il rapporto tra risultato netto e fatturato (+0,2 punti).

Veniamo ai segni negativi del 2024: in diminuzione del 2,5% i volumi venduti su tutti i canali (fanno eccezione gli spumanti, con +4,1%). Segno meno per le vendite on premise (-4,9% sul 2023) con il valore dell’Horeca che raggiunge il 17,6% del mercato. Male anche enoteche e wine bar che perdono l’8,4%, con una quota di mercato 5,7 per cento. In leggero aumento le vendite dirette (+1,3% sul 2023) che si attestano all’8,2% del mercato. Enoturismo in crescita nel 2024 (+9% sul 2023 i ricavi) e visite in cantina offerte dai tre quarti delle aziende italiane.

Le preoccupazioni delle aziende vinicole

Considerando il contesto generale di minore disponibilità di reddito per le famiglie italiane, sette aziende su dieci (70%) si dicono preoccupate per il calo atteso dei consumi di vino, a causa del ricambio generazionale e dal diffondersi di modelli salutistici. Timori anche per la condizione di incertezza sull’intenzione del governo degli Stati Uniti di imporre dazi sulle importazioni di vino. Una metà degli imprenditori (50% delle imprese sentite da Mediobanca) considera una minaccia per il settore il nuovo Codice della strada. E c’è un 30 per cento che teme gli effetti del cambiamento climatico.

Le difficoltà economiche spingono le compravendite

Tra 2024 e aprile 2025, la Toscana (con 6 deal) e il Friuli-Venezia Giulia (con 3) hanno registrato il più alto numero di operazioni di M&A. Anche le isole (con 4 operazioni complessivamente tra acquisizioni e fusioni) sono risultate attrattive. «L’incertezza legata ai consumi – scrive Mediobanca nel rapporto – ha frenato l’interesse dei fondi comuni di investimento».

Mentre si consolida il rapporto Italia-Stati Uniti, con 4 operazioni oltreoceano (tra cui Antinori e Herita Marzotto). Le compravendite sono spinte sia dalle difficoltà economiche generali sia dal passaggio generazionale, che è «in corso di esecuzione per il 40% circa delle aziende – segnala il rapporto Mediobanca – è oggetto di valutazione per il 16% ed è già stata affrontata e risolta per il 30% degli operatori». L’assetto proprietario del settore vinicolo italiano resta in prevalenza familiare (65% del patrimonio netto) e la quota sale all’81,5% se si considerano anche le cooperative. Seguono gli investitori finanziari (10,7%), banche e assicurazioni (5%) e fondi di private equity (4,1% del patrimonio netto).

Le previsioni per il 2025

Il sentiment delle imprese vitivinicole italiane è tendenzialmente positivo per la chiusura dell’anno in corso. I maggiori produttori di vino sentiti da Mediobanca si attendono per il 2025 una crescita delle vendite complessive dell’1,7%, con un +2% dell’export. I ricavi del segmento delle bollicine si attestano a +4,4%, soprattutto oltreconfine (+6,1% per l’export). Per quanto riguarda i vini fermi, l’attesa stimata è più contenuta, con un +0,9 per cento e un +1,2% per le esportazioni.

Rilanciare la domanda

Per oltre i tre quarti delle imprese italiane del vino, le difficoltà della domanda possono essere superate con l’apertura a nuovi mercati. Sul fronte della rimodulazione dell’offerta, le aziende guardano allo sviluppo delle categorie no-low alcol, che definiscono «prioritario» per un 50% del campione. Il futuro è negli investimenti in capitale umano, ritenuti essenziali per il 55% circa degli operatori. Una percentuale più alta rispetto agli investimenti di tipo tecnologico, focalizzati su intelligenza artificiale e automazione, che risultano importanti per un terzo delle imprese, incluse nell’indagine Mediobanca.

Imprese italiane best performer

Cantine Riunite e Giv (società controllata), con 676,6 milioni di euro nel 2024 (+0,6% sul 2023) guida la classifica per fatturati delle imprese italiane del vino; al secondo posto il polo vinicolo Argea (464,2 mln, +3,3%) e al terzo Iwb (401,9 mln, -6,3% sul 2023). Sopra il tetto dei 300 milioni di euro c’è anche la cooperativa Caviro (385,2 mln) con -9% sul 2023. Altre dieci società sono tra 200 e 300 milioni di euro: la toscana Antinori (261,6 mln di euro e +7,4% sul 2023), la cooperativa trentina Cavit (253,3 milioni di euro, -5,2%), La Marca, specializzata negli spumanti, con 251 mln (+11%), la veneta Herita Marzotto Wine Estates (248,2 mln, -2,8%), il Gruppo Collis (219,3 mln, +4,7%), la trentina Mezzacorona (212,3 mln, -2,5%), la cooperativa Terre Cevico (211,3 mln, +7,4%), la Zonin 1821 (209,3 mln, +7,8%), la Mack & Schühle (205,6 mln, +19,3%) e la piemontese Fratelli Martini (200,1 mln, -8,3%).

I campioni di redditività sono, invece, la veneta Herita Marzotto Wine Estates (17,8% nel rapporto tra risultato netto e fatturato), poi la Antinori (12%) e Mionetto, che registra un utile su fatturato del 9,2 per cento nel 2024. Alcune aziende, ricorda il report Mediobanca, hanno una quota export molto alta, in alcuni casi quasi totalitaria: Fantini Group tocca il 96,1%, Ruffino il 93,3%, Argea e Pasqua superano il 90 per cento.

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