
«Molino degli Innocenti rappresenta la meta e il viaggio: le radici e la sperimentazione. Comprendere un territorio, ogni singola vigna e, insieme al lavoro dell’uomo, esplorare una strada nuova, non ancora tracciata». Descrive così il suo Chianti migliore Niccolò Rossi di Montelera che con i due fratelli Ludovica e Leonardo ha preso in mano le redini di Torre a Cona. L’annata 2019 – la prima per questa etichetta – è un capolavoro e conquista il Premio Speciale della Guida Vini d’Italia 2025 come Rosso dell’anno. Ma – come dice Niccolò – il Molino degli Innocenti rappresenta meta e viaggio, un viaggio che vi raccontiamo anche attraverso cinque grandi annate di Badia a Corte, altro vino aziendale che con il Terre di Cino rappresentano i due cru di questa porzione di terra.
Non siamo distanti da Firenze. Bisogna dirigersi verso sud-est, al confine tra il Chianti e il Valdarno per scoprire Torre a Cona. Ci si immerge in dolci colline, dove il bosco si alterna a uliveti e vigneti e a un certo punto si fa una vera e propria scoperta. Torre a Cona è una delle più belle ville settecentesche di tutta Italia e si trova all’interno di una tenuta di circa 200 ettari. Fu acquistata da Napoleone Rossi di Montelera nel 1935, nipote di quel Luigi che fu fondatore della Martini & Rossi. Ma l’esistenza di un insediamento, qui, risale addirittura all’anno Mille quando era presente una fortificazione conosciuta come Castello di Quona. Quella costruzione fu rasa al suolo, ad eccezione della torre principale risalente al XII secolo: su queste fondazioni fu poi edificata la villa come la conosciamo oggi.
Torre a Cona è una bellissima azienda agricola, che produce vini e olio; una parte della villa è dedicata alla ricettività e può contare anche su un punto di ristoro – l’Osteria di Torre a Cona – aperto sia agli ospiti della villa, sia ai clienti esterni. Tutto è gestito dai nipoti di Napoleone, i figli di Lorenzo: Ludovica, Leonardo e Niccolò, con quest’ultimo che si occupa attivamente in prima persona della produzione vitivinicola e della gestione della struttura. Gli ettari vitati sono poco meno di venti e tutti i vini prodotti vogliono rappresentare l’essenza del terroir che ospita la tenuta: etichette che arrivano tutte da singole vigne e hanno come protagonista assoluto il Sangiovese (presente su 15 ettari); al vitigno principe si affiancano il Colorino e il Merlot che danno vita a due differenti etichette. C’è poi una piccola produzione di Trebbiano e Malvasia del Chianti, da cui si nasce un grande Vin Santo del Chianti.
Niccolò Rossi di Montelera: guida Torre a Cona coi fratelli Leonardo e Ludovica
Torniamo al Sangiovese. I Chianti Colli Fiorentini di Torre a Cona sono tre: un vino giovane e più semplice, il Crociferro. Accanto a questo ci sono due Riserve frutto di due cru, il Badia a Corte (premiato ben cinque volte con i Tre Bicchieri) e il Terre di Cino. C’è poi un Vin Santo Occhio di Pernice, il Fonti e Lecceta. E c’è l’ultimo nato, il Molino degli Innocenti: la prima annata prodotta è la 2019 ed è quella che è stata presentata per la prima volta ai nostri assaggi. Il nome del vino è il nome del cru, il vigneto più alto dell’azienda posto a circa 400 metri d’altitudine ed esposto a sud. Il sottosuolo è composto in prevalenza da galestro e il vino, dopo la fermentazione in acciaio, affina in botti grandi in rovere di Slavonia da 25 ettolitri.
In ricordo del bisnonno Luigi Rossi, nel 2022 suo nipote Niccolò ha deciso di ridare vita a una nuova etichetta di vermouth, prodotto iconico che vive in questi anni un vero e proprio rinascimento. Grazie all’archivio storico e personale di Napoleone Rossi, figlio di Luigi e nonno di Niccolò, è stata selezionata un’antica ricetta datata 1920. Da qui, con l’aiuto di Piero Cane, celebre enologo con una conoscenza profonda nella preparazione di vermouth storici, il percorso che ha portato alla nascita della nuova etichetta. Dopo diverse prove e piccole modifiche alla ricetta storica è nato il Vermouth Torre a Cona: uno dei più buoni mai assaggiati. Il suo vero segreto in realtà è un non segreto. Torre a Cona produce infatti ottimi vini autentici e territoriali: da qui si parte per arrivare al vermouth. Non quindi da un vino che deve essere “corretto”da aromi e botaniche, ma dalle migliori selezioni di Sangiovese della tenuta che rappresentano almeno il 75% dell’assemblaggio a cui si aggiunge un mix di erbe, fiori e spezie derivato dalla dalla ricetta di oltre un secolo fa. La cura artigiana di tutti i processi produttivi è l’altro ingrediente fondamentale: nell’estrazione delle componenti aromatiche delle botaniche e nella miscelazione – ritenuta il cuore del processo – di alcol, zucchero ed estratto botanico si procede secondo un ordine preciso, come stabilito nella ricetta originale. Si passa poi al mariage: il “matrimonio” in cui il liquido miscelato riposa per giorni in modo che si crei l’armonia ideale. Il vermouth, poi, prima di essere immesso sul mercato fa diversi mesi di affinamento in vetro: ne sono uscite, al momento, 3.000 bottiglie. La veste è stata curata dall’artista Massimo Tosi: un acquerello che trova ispirazione nella tenuta Torre a Cona.
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