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New entry Tre Bicchieri

La storia del giovane professore che produce uno dei migliori Verdicchio dei Castelli di Jesi

Ecco chi è il giovane vignaiolo di Cupramontana che lavora con competenza agronomica e sensibilità artigiana per il futuro sostenibile del Verdicchio

Edoardo Dottori è un vignaiolo dotato di grande talento che, nelle Marche, appartiene all’ultima generazione dei nuovi interpreti dei Castelli di Jesi: studi classici prima e poi facoltà di agraria presso l’Università Politecnica delle Marche di Ancona, Edoardo è al contempo un appassionato divulgatore della cultura del vino e dell’olio extravergine (dove è riconosciuto come grande esperto di potatura a vaso policonico), nonché professore all’Istituto Professionale per l’Agricoltura e l’Ambiente “S.Salvati” di Pianello Vallesina.

Edoarto Dottori, le vigne e i vini prodotti

La sua opera tra i filari inizia nel 2012, mentre la tesi di laurea è ancora fresca d’inchiostri: in quell’anno mette a dimora l’impianto di cinque ettari e mezzo a San Paolo di Jesi nella zona “dell’Acquasalata”, caratterizzata da risorgive più ricche di sodio che altrove. La vigna, pur essendo un corpo unico esposto a nord, ha una peculiarità: la parte più bassa è composta da suoli argillosi, quella a monte invece è più ricca di calcare, sabbia e scheletro, d’origine marina: “la differenza si spiega abbastanza facilmente. Probabilmente è dovuta a una frana che ha trasformato il territorio e che ha portato in basso gli strati più giovani lasciando scoperti quelli più antichi; e infatti qui ci sono diverse conchiglie fossili”.

La vigna da cui nasce il Kochlos

Il Verdicchio dei Castelli di Jesi Kochlos Riserva 2022

Nasce da qui, infatti, il suo Verdicchio dei Castelli di Jesi Riserva Kochlos, che in greco antico significa proprio “conchiglia” e che con l’annata 2022 ha portato in azienda i primi Tre Bicchieri assegnati dalla guida Vini d’Italia 2025 del Gambero Rosso.

 

Dalla parte più bassa  della vigna si ricava, invece, la materia prima per il Colle Bianco, un Verdicchio d’annata che sprizza sapidità e nerbo acido in ogni goccia.

Per calpestare le vigne che danno vita alla terza etichetta bianca tocca spostarsi sull’altro versante, entrando nel comune di Cupramontana. Dall’unico ettaro di vigne sessantenni poste in Contrada San Michele, autentico Grand Cru dei Castelli di Jesi, Edoardo produce il Nardì, dedicato al vignaiolo fornitore del vino quotidiano per la sua famiglia. Ricordi d’infanzia e ragioni sentimentali si impastano con uve verdicchio “contaminate” da trebbiano e malvasia bianca lunga in omaggio all’uso mezzadrile di diversificare le colture, anche in vigna. Il Nardì ’23 è un vino di fibra, autenticamente contadino e spontaneo, di straordinaria attitudine gastronomica e beva gustosa.

La nuova cantina (sempre nel segno di una produzione artigianale)

Il 2024 ha visto l’entrata in funzione della nuova cantina, con sede sempre a Cupramontana ma in contrada Morella, a due passi dai precedenti filari. La porzione della struttura, dotata di botti in acciaio e cemento, resta piccola e mette in chiaro che i grandi volumi non sono contemplati. La misura artigiana resta la via maestra. Intorno alle nuove mura c’è un ulteriore ettaro e mezzo di vigna impiantato nel 2022 con protagonista l’uva di Jesi e piccole quote di bacche nere (montepulciano, un po’ di vernaccia e lacrima), che si uniscono nelle poche bottiglie di Ribè, una piccola pennellata rossa in un panorama decisamente bianchista.

Un progetto che guarda lontano

Quello che stupisce in un vignaiolo così giovane – Edoardo ha 34 anni – è la consapevolezza con cui si dedica al suo lavoro, ma soprattutto con cui guarda al futuro, non solo il suo, ma quello della sua terra e del suo territorio. “Sto cercando di lavorare il suolo il meno possibile”, ci spiega, “per fare in modo che tra qualche anno la sostanza organica presente nel terreno aumenti esponenzialmente”, aiutando la vite sotto tanti punti di vista, non ultimo quello di riuscire a trattenere meglio l’acqua, per dare requie alle piante nelle stagioni più siccitose.

E tra un assaggio e l’altro spillato dalle botti dell’ultima annata, ancora tutta in affinamento, accompagnati da robuste porzioni di pizza di formaggio pasquale e salumi fatti in casa, appare una magnum di Kochlos ’20 dotata di notevole espressività aromatica, dal sorso deciso e dalla perfetta parabola evolutiva, territoriale al midollo. Proprio ciò che Edoardo si era si era prefisso  come obiettivo iniziando la sua carriera di vignaiolo.

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