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Misure anticrisi

Il dibattito sul prezzo minimo del vino scuote la filiera: ma a chi conviene? La Francia insiste, l'Italia ci pensa

Ecco quali sarebbero i rischi e le opportunità della misura. Fortemente contraria Uiv secondo cui il prezzo lo fa il mercato. Possibiliste ma dubbiose Federdoc e Confagricoltura che temono le distorsioni

C’è una proposta che farà parecchio discutere, in sede europea, nelle prossime settimane: il prezzo minimo sul vino. La novità sarà affrontata nell’ambito del mini-pacchetto normativo sull’Organizzazione comune dei mercati (Ocm), che dovrebbe essere sottoposto a trilogo (Commissione, Consiglio e Parlamento) il prossimo autunno a Bruxelles. Le prime a spingere in questo senso sono le interprofessioni francesi, che vorrebbero così intervenire su alcune denominazioni, come i vini entry level di Bordeaux che, come abbiamo più volte scritto, non stanno vivendo un momento particolarmente positivo.

Cosa prevede il prezzo minimo

Il prezzo minimo prevede delle linee guida sui prezzi delle uve, dei vini e dei mosti per la produzione di prodotti vitivinicoli a Do e Ig. In pratica, la competenza in materia di prezzi sarebbe delle organizzazioni interprofessionali (come ad esempio i Consorzi), permettendo loro di determinare i prezzi a monte e a valle. Ad esempio, un anno fa, la Francia si confrontava sull’applicazione – a valle – di 0,5 euro per grado alcolico sul vino, che avrebbe portato a 6,5 euro (prezzo minimo) un vino da 13 gradi, secondo i dati di un rapporto presentato in Senato. Una strada che anche nella stessa Francia ha trovato oppositori e che non sarà facilissima da percorrere. Per questo, a Bruxelles, c’è chi parla di prezzo consigliato. Decisamente più semplice da far entrare nelle regole della Politica agricola comune, in un momento in cui il mercato sta mostrando tutta la sua incertezza e la sua fragilità.

Francia favorevole, Italia divisa

Se la Francia è tra i promotori della proposta, cosa ne pensa l’Italia? Non c’è ancora un’opinione comune tra le associazioni di categoria. A prendere subito posizione contraria è Unione italiana vini, secondo cui deve essere, sempre e comunque, il mercato a fare il prezzo. Non si espongono, per il momento, Federvini («Preferiamo soprassedere») e FedagriPesca-Confcooperative («Stiamo approfondendo il tema»), mentre ci ragiona su Federdoc che non lo esclude a priori, ma è cauta sulla sua applicazione. Confagricoltura, dal canto suo, esprime i suoi dubbi sulla misura nei confronti delle Doc e delle Igt; infine, Fivi si sofferma sul tema della valorizzazione delle produzioni.

Lamberto Frescobaldi

I rischi del prezzo unico secondo Uiv

«Il prezzo lo fanno domanda e offerta – dice senza mezzi termini il presidente Uiv, Lamberto Frescobaldi – Il prezzo minimo, o quello consigliato, esporrebbero il settore del vino a forti rischi, in primo luogo perché potrebbero livellare verso il basso i prodotti che superano il valore dei listini indicati. Non vorrei che tali raccomandazioni, determinate da un artificio e non dal mercato, producessero l’effetto contrario, penalizzando le imprese produttrici».

Uiv, ritiene che la proposta, sebbene generata dall’idea di tutelare produzioni in forte difficoltà con ricavi sempre più risicati, rischi di sortire un ulteriore effetto boomerang, a partire da possibili distorsioni di mercato e limitazioni alla concorrenza, ma anche da potenziali pratiche ingannevoli lungo la catena distributiva. Secondo l’associazione guidata da Frescobaldi, sulla dinamica sono, infatti, latenti i pericoli sia nell’ipotesi di sovrastima che di sottostima dei valori indicati: da una parte, è probabile il danneggiamento dei produttori a causa del potenziale effetto di riduzione dei margini innescati dalla guerra dei prezzi; dall’altra – quindi con listini sopra il prezzo di equilibrio – si avrebbe un eccesso di offerta, dato dalla riduzione degli acquisti da parte dei consumatori.

Giangiacomo Gallarati Scotti Bonaldi

Federdoc possibilista

«Cercare di trovare il prezzo minimo sarebbe auspicabile a livello teorico – dice al Gambero Rosso il presidente di Federdoc, Giangiacomo Gallarati Scotti Bonaldi – ma la sua applicazione pratica sarebbe abbastanza complessa. Ci sono troppe differenze a livello di territorio e di produzioni all’interno dello stesso territorio. Certo – è il suo ragionamento – si possono indicare delle fasce di prezzo dentro cui muoversi».
Non c’è, quindi, da parte di Federdoc una chiusura sulla discussione, anzi la federazione delle Doc potrebbe essere favorevole in futuro, ma ben conscia della sua difficile realizzazione. È lo stesso Gallarati Scotti Bonaldi a evidenziare gli eventuali rischi: «Nella dinamicità del mercato – spiega – dobbiamo stare attenti a non banalizzare troppo le risposte. Occhio, quindi, nello stabilire un prezzo minimo o consigliato a non considerare le tante variabili che entrano in gioco come, ad esempio, i mercati di distribuzione o l’applicazione delle promozioni. Inoltre, se si stabiliscono massimi troppo elevati si rischia di svuotare di significato l’applicazione della misura, come viceversa, il prezzo minimo potrebbe generare una comunicazione sbagliata su tutto quello che è superiore».

I dubbi di Confagricoltura

«Si tratta di una novità che Confagricoltura deve valutare bene, e attentamente, con i membri della Federazione di prodotto vino – è il parere di Christian Marchesini, presidente della Federazione nazionale prodotto vino di Confagri – La misura potrebbe avere un senso sui vini generici, ma sui vini Doc, Docg e Igt potrebbe essere pericoloso ed effettivamente potrebbe distorcere il mercato, creando ovviamente delle situazioni difficilmente gestibili. I Consorzi di tutela hanno lavorato sempre per una gestione e per un controllo dell’effetto produttivo, ma questo schema del prezzo minimo penso sia difficilmente applicabile».

Rita Babini

Fivi avverte: “Scongiurare la perdita di valore”

Rita Babini, presidente di Fivi, si mostra interessata alla possibilità, ma non nasconde preoccupazioni: «Apprendiamo con interesse che la questione della valorizzazione delle produzioni stia diventando un tema rilevante anche a livello europeo. Non entriamo nel merito specifico, perché è difficile commentare senza conoscere il contenuto delle singole possibili disposizioni, ma possiamo certamente dire che i Vignaioli sono già naturalmente in prima linea nella sfida per dare valore aggiunto ai vini italiani ed europei». La presidente Babini, in particolare, ricorda l’indagine realizzata da Nomisma nel 2024 secondo cui il prezzo medio a bottiglia del vino venduto dai produttori soci Fivi è più che doppio rispetto alla media italiana (7,7 euro contro 3,6 euro): «Va da sé che gli sforzi – sottolinea – dovrebbero andare nel realizzare misure che scongiurino a monte la perdita di valore delle produzioni, a partire da seri e concreti interventi sul contenimento produttivo. Chiudere la stalla, insomma, prima che i buoi siano scappati. Rimaniamo in attesa delle misure che verranno proposte, per commentarle puntualmente».

La discussione è avviata. Le conclusioni entro il prossimo autunno.

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<<<< Questo articolo è stato pubblicato su Trebicchieri, il settimanale economico di Gambero Rosso.

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