
L’eccesso di vino spaventa il comparto alla vigilia della vendemmia 2025. L’Italia, che nel 2024 ha recuperato volumi, rischia di arrivare al prossimo raccolto con la pancia troppo piena, a causa di un mercato che non sta favorendo un rapido turnover delle giacenze (vini Dop compresi), considerando anche un export in rallentamento, consumi che non si rialzano, un potere d’acquisto che resta debole e un’inflazione che, seppure non ai livelli del 2023, fa sentire i suoi effetti sull’economia nazionale, in cui peggiora il clima di fiducia sia delle imprese sia dei consumatori (come rilevato dall’Istat a marzo-aprile 2025).
In questo contesto, l’Europa sta concedendo al vino maglie più larghe. La riforma del comparto, il famoso “pacchetto” disposto in vista della nuova Pac e stilato in base alle indicazioni del Gruppo di alto livello, introduce più flessibilità soprattutto in materia di gestione del potenziale e apre addirittura a misure d’emergenza come gli estirpi. Bruxelles, tramite il commissario all’Agricoltura, Christophe Hansen, sembra aver ascoltato le esigenze delle imprese. L’esponente dell’esecutivo di Ursula von der Leyen lo ha ribadito anche martedì 20 maggio, nella riunione dell’Intergruppo vino. La grande maggioranza dei sindacati dei Paesi produttori ha incassato con favore il piano riformatore, in un contesto internazionale turbolento e imprevedibile (dai dazi Usa alla guerra in Ucraina).
Sul fronte italiano, diversi consorzi di tutela – consultati dal settimanale Tre Bicchieri – si stanno preparando a governare la congiuntura, con misure di gestione dei quantitativi che puntano a garantire equilibrio e, soprattutto, la sostenibilità economica al sistema. L’estate 2025 si avvicina rapidamente e, per l’Italia, molti enti, da Nord a Sud, stanno già mettendo in piedi – e discutendo internamente – le strategie per evitare il fantasma più temuto: la sovrapproduzione.
Al di là delle strategie che ogni consorzio adotterà singolarmente, le associazioni dei produttori chiedono alle istituzioni una sponda per affrontare la crisi, su vari aspetti. Vitaliano Maccario (Barbera d’Asti e Vini del Monferrato) auspica l’apertura di un confronto per rilanciare il mercato interno: «Una misura concreta e immediata potrebbe essere la riduzione dell’Iva al consumo sul vino, oggi al 22%, portandola al livello degli altri alimentari, per ridare fiato a consumatori e ristorazione», Giovanni Busi (Chianti Docg) spinge per avere «maggiori risorse per la promozione, con contributi a fondo perduto più consistenti».
Alessandro Nicodemi (Vini d’Abruzzo) chiede «regole più elastiche e meno vincolanti che consentano alle aziende di gestire in modo flessibile la capacità produttiva». Claudio Biondi (Lambrusco) riflette sulla «sospensione temporanea» delle autorizzazioni per nuovi impianti viticoli, oggi fissata all’1% del potenziale nazionale, ma anche su una comunicazione sul corretto consumo di alcolici verso i più giovani: «Attività necessaria – conclude – soprattutto in una fase di stallo dei consumi», come rilevato anche nell’ultimo report di Mediobanca.
Il distretto Valpolicella lo ha annunciato senza giri di parole, dopo l’assemblea del 15 maggio: riduzione dei tetti massimi delle rese in vigna e blocco degli impianti per tre vendemmie consecutive. Il presidente del consorzio Christian Marchesini punta a regolare, come già avvenuto in altre annate, tutte le principali Dop del Veronese: Amarone e Recioto, Valpolicella e Ripasso. Ma anche nel vicino Piemonte ci si muove su una linea analoga. In vista della vendemmia 2025, il Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato sta valutando di attivare misure di contenimento produttivo.
Vitaliano Maccario – presidente Consorzio Barbera Asti e Vini del Monferrato
Tra queste, fa sapere il presidente Vitaliano Maccario, la riduzione delle rese per ettaro su alcune denominazioni e un blocco temporaneo degli impianti, dove necessario: «Da un lato, per tutelare il valore delle denominazioni, mantenendo un alto standard qualitativo; dall’altro, per evitare squilibri strutturali tra offerta e domanda. Il nostro non è un approccio punitivo, ma preventivo e condiviso: vogliamo che ogni scelta sia frutto di una visione comune e sostenibile nel lungo periodo». Il tema sarà oggetto anche delle strategie del Consorzio dell’Asti Docg, che sta avviando il confronto al suo interno.
Barbera d’Asti e Vini del Monferrato – paesaggio vitato – foto Consorzio di tutela
Chi sta già facendo i conti col rischio sovrapproduzione è il Morellino di Scansano. La Docg toscana, a causa di un 2024 abbondante, ha incrementato la produzione del 28%, sfiorando quota 9,7 milioni di bottiglie (circa il 24% in più sulla media degli ultimi anni). Allo stesso tempo, gli ultimi dati di vendite parlano di rallentamento del mercato interno «a causa dell’inasprimento delle sanzioni per la guida in stato di ebbrezza, con positivi segnali sull’export», spiega l’ente guidato da Bernardo Guicciardini Calamai. Da qui, la necessità di essere «previdenti per non trovarci con eccessive eccedenze». Se, infatti, la 2025 sarà un’altra vendemmia abbondante si sta valutando la «riduzione delle rese o l’uso della riserva vendemmiale». La decisione finale sarà presa nell’assemblea dei soci, già calendarizzata per le prossime settimane.
Bernardo Guicciardini Calamai – presidente Consorzio Morellino di Scansano
Dopo un 2024 che ha segnato il ritorno alla normalità, con 805mila ettolitri di vino prodotti contro i 515mila del 2023, il Consorzio Vino Chianti porterà in approvazione, nell’assemblea del 27 giugno, una proposta di riduzione delle rese per ettaro del 20% per la vendemmia 2025. «Una misura precauzionale e responsabile – spiega al settimanale Tre Bicchieri il presidente Giovanni Busi – pensata per tutelare l’equilibrio rispetto a un mercato estremamente dinamico e, per certi versi, imprevedibile». E lo farà con giacenze «sotto controllo», ovvero con livelli coerenti con il pre-pandemia e imbottigliamenti stabili a 75 milioni di bottiglie. Secondo Busi, che ricorda come tra 2017 e 2023 le variabili siccità, gelate e grandine hanno inciso sui volumi fino a quasi -50% di un anno fa, la riduzione strutturale dell’offerta «non può essere l’unica risposta: servono scelte mirate, condivise, che tengano conto tanto della sostenibilità economica delle aziende quanto della valorizzazione del prodotto».
Il cambiamento attuale è definito «epocale», dal momento che «il modello su cui si è basato il comparto vitivinicolo italiano negli ultimi vent’anni – grandi volumi, mercati stabili, crescita lineare – sta mostrando tutte le sue fragilità», afferma Busi che aggiunge: «È finito il tempo della domanda garantita: oggi il vino va proposto, spiegato, raccontato. Per questo, la priorità non può essere solo contenere l’offerta, ma espandere il mercato». Asia, Africa, Sud America sono i Paesi target su cui si lavora per riaffermare il Chianti Docg come «denominazione accessibile e di qualità».
Giovanni Busi – presidente Consorzio vino Chianti (Alessandro Fibbi Ph) 2022
Diminuire la quantità e aumentare la qualità. Il mantra del Consorzio di tutela del Primitivo di Manduria si è concretizzato a marzo scorso, con la decisione dell’assemblea dei soci che ha approvato all’unanimità una misura definita «chiave» dalla presidente Novella Pastorelli: il blocco delle nuove iscrizioni allo schedario viticolo per il Primitivo di Manduria Dop nel periodo 2025-2030. «Decisione lungimirante, che punta a regolare la crescita della produzione, proteggere il valore della denominazione e garantire un equilibrio duraturo tra domanda e offerta». I produttori, che nel 2024 hanno imbottigliato 26 milioni di pezzi (oltre 1,9 milioni di ettolitri) con un +10% sul 2023, potranno reimpiantare i vigneti ma tutti i nuovi impianti per i prossimi 5 anni non potranno essere rivendicati Doc o Docg, bensì destinati ad altre denominazioni. «Una misura concreta – conclude la presidente – che rafforza la credibilità del nostro sistema e tutela la sostenibilità produttiva del territorio».
Novella Pastorelli – presidente Consorzio di tutela Primitivo di Manduria
Stringe la cinghia anche il Lambrusco, con una Doc a 37 mln di bottiglie nel 2024 e una Igt Emilia Lambrusco a circa 110 mln di pezzi, che Consorzio tutela Lambrusco e Consorzio Vini Emilia curano in sinergia. In questo 2025, entreranno in vigore le recenti modifiche ai disciplinari, inclusa una leggera diminuzione (da 80% al 75%) della resa uva-vino per alcune Doc del Lambrusco oltre che per l’Igt Emilia Lambrusco, su di recente è stata deliberata un’importante misura sullo stoccaggio: «Tenuto conto che un’offerta correttamente dimensionata consente di salvaguardare il posizionamento del prodotto e, contemporaneamente, gli interessi dei consumatori – spiega Claudio Biondi, che guida il Consorzio del Lambrusco – è stato deciso lo stoccaggio del vino derivante da quintali prodotti oltre la soglia dei 250 qt/ettaro, fino al 31 dicembre 2026. Si precisa che la resa da disciplinare è 290 quintali per ettaro».
Il Consorzio potrà svincolare i volumi in stock anche prima di quella data. Tuttavia, come riferisce Biondi, non lo potranno fare le singole aziende ma la misura dovrà interessare esclusivamente tutta l’indicazione geografica.
Claudio Biondi – presidente Consorzio tutela Lambrusco
Nel grande comprensorio dei Vini d’Abruzzo, che nel 2024 ha prodotto 2,29 milioni di ettolitri di vino (di cui 1,5 milioni a Do/Ig) e nel 2023 soli 1,5 mln/hl (media anni precedenti di 3,2-3,3 mln/hl), il 2025 dovrebbe garantire «buone rese con livelli ante 2023», annuncia il presidente Alessandro Nicodemi, appena rieletto. «Purtroppo – aggiunge – sebbene le ultime due vendemmie siano state tra le più basse di sempre, le giacenze in particolare di Montepulciano d’Abruzzo sono sempre su livelli piuttosto elevati anche se molto inferiori alle primavere 2023 e 2024». Negli ultimi due anni, il Consorzio ha chiesto alla Regione Abruzzo di applicare l’art. 39 del Testo unico del vino relativamente alla misura del bloccaggio del 20% del prodotto: «Abbiamo garantito così una buona stabilità del mercato. E occorre riproporre la misura anche per il 2025».
Alessandro Nicodemi – presidente del Consorzio Vini Abruzzo
Per ora non ci sono decisioni formali. Nei prossimi giorni, il Cda dell’ente di tutela si confronterà per mettere ai voti la proposta in sede di assemblea dei soci: «Vogliamo guardare soprattutto al futuro – sottolinea Nicodemi, al settimanale Tre Bicchieri – e alla tenuta del settore nel medio-lungo termine».
Montepulciano d’Abruzzo – grappoli
Il Consorzio dell‘Igt Toscana, che venerdì 23 maggio ha inaugurato la nuova sede consortile a Sambuca, nel Comune di Barberino Tavarnelle, vive invece una condizione differente. In quanto indicazione geografica di ricaduta, non interverrà sulle produzioni 2025. Lo scorso anno, il gruppo di aziende guidato da Cesare Cecchi, che muove un giro d’affari da mezzo miliardo di euro, ha imbottigliato 667mila ettolitri (-1,2%): «Al momento non riteniamo di dover applicare particolari strategie. Il “Toscana” è una Ig che può essere utilizzata per gestire al meglio le produzioni, che possono cambiare da un anno all’altro, e gli impianti e le rese non sono mai stati un problema».
Una limitazione dei volumi potrebbe mettere in difficoltà le aziende sia nella fase di produzione che nei mesi successivi alla raccolta. Guardando, poi, allo scenario generale, Cecchi invita a capire «se la situazione attuale è frutto di una situazione contingente o se stiamo assistendo a un cambiamento strutturale o a un mix delle due. In ogni caso – conclude – i problemi dovranno essere affrontati. Come Consorzio, auspichiamo che a livello nazionale possano essere elaborate soluzioni che tengano conto delle realtà delle singole regioni».
Cesare Cecchi – presidente Consorzio Igt Toscana
Anche la Doc Trentino si muoverà sulla stessa linea. Lo spiega il Consorzio con il suo direttore Graziano Molon: «Veniamo da due anni di vendemmie non abbondanti, in tendenziale calo produttivo. Per questo, non ravvisiamo la necessità di introdurre misure di contenimento delle rese o altre iniziative». Nei numeri, infatti, la 2024 (1 mln/hl prodotti) è tra le annate più scarse dal 2014, con giacenze al 31 dicembre 2024 lievemente inferiori al 2023: 564mila contro 609mila ettolitri. «È piuttosto presto per poter inquadrare con cognizione di causa le esigenze dell’annata viticola – sottolinea Molon in merito alle strategie future – e anche per quanto riguarda il mercato nazionale, troppe sono le incognite per fare previsioni». Il Consorzio vini del Trentino auspica una soluzione del problema dazi negli Usa (essendo tra i distretti più esposti) e ritiene necessario «lavorare sulla promozione del prodotto, con focus su sostenibilità e consumo responsabile, cercando di intercettare le fasce più giovani». In attesa che l’Ue dia risposte concrete: «Un supporto al comparto, evitando le complicazioni (etichettature) e soprattutto – conclude – le demonizzazioni di un settore che è, e resta, uno dei baluardi dell’agricoltura di montagna e del mantenimento delle popolazioni a presidio dei territori».
Trentino – vigneti
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