300 g di malloreddus, 200 g di favette fresche, 1 mazzetto di asparagi selvatici, 100 g di pomodorini camone, 3 fette di guanciale, 1/2 cipolla rossa, peperoncino, brodo vegetale, vino bianco, pecorino sardo, olio extravergine di oliva.
In una padella versiamo un goccino d’olio, una presina di peperoncino secco sfranto, delle belle fette di guanciale tagliate un po’ spessette, private della cotica, pulite dall’eccesso superficiale di pepe e fatte a listarelle, mezza cipolla mondata e sminuzzata, e accendiamo il fuoco. Intanto che questo intruglio comincia a sfrigolare e a prendere colore, aggiungiamo un goccetto di brodo vegetale e le favette fresche sgusciate e private del dentino verde in cima al seme. Alziamo leggermente la fiamma per fare in modo che la superficie esterna delle fave si tosti un pochino per prendere sapore, poi abbassiamo e ci mettiamo qualche pomodorino tagliato in quattro pezzi così rilascia meglio il liquido. Laviamo gli asparagi, li spuntiamo con le mani facendoli a pezzetti e conservando solo la parte in cima che è più tenera (ci accorgiamo che il fusto diventa duro e non va bene per la cottura perché inizia a opporre resistenza alla pressione leggera delle dita), li aggiungiamo al soffritto e smuciniamo un po’. Sfumiamo con un nonnulla di vino bianco, versiamo un altro goccetto di brodo, copriamo e facciamo proseguire la cottura a fiamma moderata. In una pentola con dell’acqua bollente salata facciamo cuocere i Malloreddus, degli gnocchetti tipici della tradizione sarda. Nel frattempo “scoperchiamo” il tegame con il condimento e, dopo aver alzato il fuoco, lasciamo andare per 10 minuti. Quando la pasta è cotta la scoliamo e la mescoliamo all’intruglio per fare mantecare e insaporire tutto insieme in padella. Prendiamo del bel “pecorazzo” sardo, diamo una “scartavetratina” sui malloreddus, facciamo saltare il tutto e impiattiamo. “L’aspetto è invitante e il profumo inebriante. Una poesia. Un intruglio buonissimo. Buon appetito!”.
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La più autorevole guida del settore dell’enologia italiana giunge quest’anno alla sua 37sima edizione. Vini d’Italia è il risultato del lavoro di uno straordinario gruppo di degustatori, oltre sessanta, che hanno percorso il Paese in lungo e in largo per selezionare solo i migliori: oltre 25.000 vini recensiti prodotti da 2647 cantine. Indirizzi e contatti, ma anche dimensioni aziendali (ettari vitati e bottiglie prodotte), tipo di viticoltura (convenzionale, biologica, e biodinamica o naturale), informazioni per visitare e acquistare direttamente in azienda, sono solo alcune delle indicazioni che s’intrecciano con le storie dei territori, dei vini, degli stili e dei vignaioli. Ogni etichetta è corredata dall’indicazione del prezzo medio in enoteca, delle fasce di prezzo, e da un giudizio qualitativo che si basa sull’ormai famoso sistema iconografico del Gambero Rosso: da uno fino agli ambiti Tre Bicchieri, simbolo di eccellenza della produzione enologica. che quest’anno sono 498.
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