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Italia oltre confine

Come si mangia da Torno Subito, il ristorante di Massimo Bottura in cui cucina un fuoriclasse italiano

Siamo tornati a Miami per l’evento Vini d’Italia e abbiamo trovato una città in forte ascesa dal punto di vista gastronomico

  • 05 Maggio, 2025

Sono ben 28 le insegne premiate nella grande metropoli della Florida e tra queste c’è un ristorante, aperto da soli 8 mesi, che ci ha davvero stupito. È Torno Subito, progetto di Massimo Bottura e Lara Gilmore che dopo Dubai (prima apertura chiusa lo scorso autunno) e Singapore, sbarca a Miami. Ecco il racconto della nostra visita.

Torno Subito nel cuore di Miami

È informale, ma nulla è lasciato al caso, è semplice, ma la cura dei dettagli non manca… È pop, divertente, ironico. Insomma, è di sicuro un posto dove si sta bene… ideale se siamo da soli, perfetto per una cena più intima, centrato per un bel gruppo di amici. Qui non c’è nessuna pretesa altisonante, ma la sostanza (tanta) non manca di certo. L’ascensore è sulla strada, siamo in pieno Down Town. Due ragazze giovani e sorridenti si accertano della prenotazione e ci accompagnano al terzo piano, al di sopra di Julia & Henry’s una food hall dedicata al cibo da strada. Le porte si aprono ed ecco Torno Subito. Colorato, scanzonato, ispirato dalle tonalità delle vacanze, o meglio, delle villeggiature che si facevano negli anni sessanta e settanta nelle nostre coste, in un’Italia molto diversa da quella attuale. Siamo nel cuore di Miami, ma è proprio il caso di dirlo. Qui siamo in Italia, nella provincia italiana a partire da quella emiliana.

Un menu italiano… in America!

Il buongiorno si vede dal Martini ed ecco che il Parmigiano entra, in infusione con la vodka, nel celebre drink che non può mai mancare. Pronti? Via, si parte! La cappasanta ci racconta tanto. Racconta la bravura tecnica di Bernardo Paladini, lo chef resident a cui è affidato il coordinamento della cucina, ma anche la qualità degli ingredienti. Crema di verdure di stagione clorofilla e uova di trota a completare il piatto.

È un vero concentrato di primavera. Il verde non si nota solo per il colore: le sensazioni di erba fresca e clorofilla invadono il naso. E poi c’è lei, la capasanta, che con la sua consistenza burrosa regala armonia e una percezione al palato sublime. Da un lato la morbidezza, dall’altro freschezza ed energia. Poi è la volta della spigola. Cottura millimetrica ma soprattutto un azzardo che si rivela più che centrato. All’interno del filetto ci sono tutti i condimenti della porchetta, spezie e aromi e una sottile fettina di bacon e tutto acquisisce un altro sapore: deciso, succulento, ricco di ricordi.

Gianni Andreini, restaurant manager con un passato nella ristorazione a New York, ci introduce il piatto successivo e ci nomina una coppia di settantenni – Tino e Tina – che hanno deciso di lasciare l’Italia e trasferirsi qui. Sono loro che si occupano ogni mattina della pasta fresca. Ed ecco che arrivano i tortellini, quelli che non mancano in nessuna insegna a firma Bottura, a partire dalla Francescana. Buoni, buoni davvero, un tuffo nell’Italia più autentica, quella artigiana, delle sfogline e dei grandi prodotti della terra. Prosciutto, carne, mortadella e la mitica crema di parmigiano. Il secondo è un golosissimo cubo di carne di manzo Wagyu, stracotto e guarnito con una salsa al balsamico. Anche qui, sapori decisi, niente fronzoli, niente sovrastrutture.

La conclusione non poteva che basarsi su un classico dell’italianità, il tiramisù che diventa tiramisubito. Gli ingredienti di base sono gli stessi, il valore aggiunto arriva dalle consistenze, leggiadre, soffici, aeree, ma sul gusto nessun compromesso.

Ironia e divertimento

Ma nel menu c’è tanto altro e tutto ispira e genera curiosità a partire dai nomi che regalano una sottile ironia tra alcuni pregiudizi o luoghi comuni dell’Italia gastronomica. C’è la Cacio e Pepe a Miami, l’intramontabile Cocktail di Gamberi, il Raviolo or Dumpling? o il Rockster Roll, perché da queste parti un bun all’aragosta non può mancare. Che belli i posti così, sinceri, genuini, franchi, diretti. Un bell’esempio per una cucina italiana all’estero che non eccede neanche nel prezzo, in una città dove, a colazione, per caffè, muffin e succo di frutta d’asporto si possono spendere anche più di 30 dollari. Classics Remix, il vero viaggio emiliano in cinque portate (dall’Emilia Burger ai Tortellini, dalle tagliatelle al ragù a Ciao Modena – carne di maiale glassata al balsamico – e conclusione col Tiramisubito) costa 125 dollari, mentre se ne spendono 180 per La Dolce Vita, un percorso scelto dallo chef in ben 10 portate.

Ah, dimenticavamo. C’è spazio anche per la pizza. In effetti “Not Just a Pizza”, ma a prescindere dal nome convince anche quella, da condividere, come intermezzo o per un super aperitivo. Si beve bene tra etichette poco note, scoperte da fare e alcuni grandi classici. Noi siamo sicuri, appena possiamo torneremo subito!

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La più autorevole guida del settore dell’enologia italiana giunge quest’anno alla sua 37sima edizione. Vini d’Italia è il risultato del lavoro di uno straordinario gruppo di degustatori, oltre sessanta, che hanno percorso il Paese in lungo e in largo per selezionare solo i migliori: oltre 25.000 vini recensiti prodotti da 2647 cantine. Indirizzi e contatti, ma anche dimensioni aziendali (ettari vitati e bottiglie prodotte), tipo di viticoltura (convenzionale, biologica, e biodinamica o naturale), informazioni per visitare e acquistare direttamente in azienda, sono solo alcune delle indicazioni che s’intrecciano con le storie dei territori, dei vini, degli stili e dei vignaioli. Ogni etichetta è corredata dall’indicazione del prezzo medio in enoteca, delle fasce di prezzo, e da un giudizio qualitativo che si basa sull’ormai famoso sistema iconografico del Gambero Rosso: da uno fino agli ambiti Tre Bicchieri, simbolo di eccellenza della produzione enologica. che quest’anno sono 498.

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