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Il Brunello di Montalcino verso un progetto di business intelligence

Dopo aver incassato 5 stelle per l'Annata 2015 e registrato il boom di incoming, il Consorzio della Docg toscana guarda oltre e lancia un nuovo modello di raccolta dati che potrebbe fare scuola. Volano i prezzi dello sfuso. In arrivo nuove compravendite?

  • 04 Marzo, 2020

Il programma di monitoraggio

Enoturismo, interesse internazionale, rendite importanti. Non sembra mancare nulla al Brunello di Montalcino che, nei giorni scorsi (21-24 febbraio), ha celebrato la sua Anteprima, registrando 4mila presenze e incassando le 5 stelle per l’annata 2015. Tutti fattori che hanno spinto il Consorzio verso il passo successivo: un programma pilota di business intelligence per avere delle indicazioni precise su dove e come comunicare e per registrare il range di prezzo di vendita delle denominazioni del Consorzio nel mondo. Il tutto tradotto in un report trimestrale da fornire alle cantine.

Tre programmi per un progetto

Il progetto, in realtà, si compone dell’incrocio di tre differenti programmi: quello da avviarsi insieme ad altri 8 consorzi toscani e che prevede, grazie all’Università di Firenze, l’adesione volontaria da parte delle cantine per trasmettere in forma anonima i dati di fatturazione; un accordo con l’ente di certificazione Valoritalia; la collaborazione con il sito neozelandese Wine Searcher per rilevare prezzi e ricerche per territorio e per referenze. Quest’ultimo, definito anche il Google del vino, conta 600mila ricerche al giorno relative al vino. Il suo compito è segnalare agli utenti dove trovare e acquistare i vini, ma il pezzo forte è costituito dal database utile a cantine e consorzi: per esempio, è possibile conoscere le variazioni del prezzo di un vino nell’arco di 5 o 10 anni, ma anche avere la lista dei vini più costosi o più economici.

“Saremmo il primo Consorzio italiano a stringere questo accordo con Wine Searcher” spiega a Tre Bicchieri il vicepresidente del Consorzio Stefano Cinelli Colombini “al momento abbiamo avuto l’adesione verbale di un terzo delle cantine e come tempi di realizzazione ci siamo dati il 2021. Quello che ci interessa è monitorare, non solo il Brunello e il Rosso di Montalcino, di cui già riusciamo ad avere un tracciato attendibile, ma anche le denominazioni più piccole e le Igt e il loro posizionamento sul mercato”.

Nei caveau un tesoro sfuso da 400 milioni di euro

Tuttavia, il vero tesoro non si trova fuori da Montalcino, ma dentro ai caveau. Secondo i dati Valoritalia sulle giacenze di vino sfuso, rielaborati dal Consorzio, i 340mila ettolitri delle ultime annate conservati in botte dalle 300 aziende ilcinesi, varrebbero circa 400 milioni di euro: altro che bond! E questo grazie alla supervalutazione dello sfuso: fino a 1200 euro per ettolitro. Non solo. Una volta imbottigliato, il valore potrebbe salire del triplo, fino a superare quota 1,2 miliardi di euro.

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Una denominazione in equilibrio

L’altra anomalia rispetto alle altre denominazioni, è che da queste parti nessuno ha paura delle giacenze, perché si sa bene che, una volta imbottigliato, il prodotto sarà assorbito dal mercato al 100%. “L’economia della nostra denominazione” spiega il presidente del Consorzio Fabrizio Bindocci “si mantiene in equilibrio: gli imprenditori fanno a gara sul terreno della qualità e non sui prezzi, gli amministratori da tempo perseguono politiche di lungo termine, come quella del contingentamento a 2.100 ettari dell’area vitata Docg, mai modificata dal 1997. Oggi il nostro sfuso vale il quadruplo rispetto alla crisi del 2010 e l’imbottigliato raggiunge quotazioni più che soddisfacenti, due elementi questi in grado di remunerare bene tutta la filiera”.

Enoturismo: 200 mila arrivi nel 2018

L’altro tesoro viene da fuori e risponde al nome di enoturismo: sono quasi 200mila le presenze raggiunte a Montalcino nel 2018 (+113% negli ultimi 5 anni), di cui oltre 75mila arrivi con pernottamento, in un comune che conta appena 6mila anime. Lo dicono le elaborazioni Nomisma-Wine Monitor su base statistica della Regione Toscana, secondo cui il 72% delle presenze parla straniero. Gli enoturisti, per lo più big spender, vengono da oltre 60 Paesi: Usa, con quasi 41mila presenze registrate nel 2018, Germania con 19mila arrivi, Regno Unito e Brasile con 10mila incoming. Numerosi anche gli arrivi con pernottamento provenienti da Francia, Canada, Svizzera, Australia e Russia.

La scelta di Montalcino non è di certo casuale. Vino a parte, questo fazzoletto di terra oggi può vantare una struttura ricettiva ogni 35 abitanti; 92 tra alberghi, agriturismi e strutture di accoglienza; 50 ristoranti e locali con attività di somministrazione. D’altronde si ricorderà che proprio a Montalcino, nel 1941, è stata fondata la prima Enoteca pubblica d’Italia e ha avuto inizio quello che oggi chiamiamo enoturismo, grazie a Fattoria dei Barbi che, nel 1948 ha aperto per la prima volta le porte al pubblico.

A proposito di compravendite …

Intanto, dopo i contatti confermati anche dai diretti interessati, pare sia sfumato l’affare Castello Banfi-Lvmh. La domanda, però, rimane: visti i tanti arrivi degli ultimi anni in quel di Montalcino (Epi, Bulgheroni, Atlas Invest, solo per citare i gruppi internazionali), significa che si è perso il legame ancestrale con il territorio e che tutto è in vendita, basta fissarne il prezzo? “Niente affatto” risponde senza esitazione Cinelli Colombini “Montalcino, da sempre, ha avuto due terzi dei poderi in mano alle famiglie del posto e un terzo in mano a stranieri. E sono questi ultimi, per lo più a passare di mano. Diciamo che siamo da sempre – anche da un punto di vista storico – un modello di integrazione. Ma con una forte identità territoriale: il vino non è mai cambiato. Tuttavia una cosa va detta: le nostre attività non le portiamo avanti semplicemente per memoria, ma per farle rendere. E questa è la differenza”.

a cura di Loredana Sottile

Articolo uscito sul numero di Tre Bicchieri uscito il 28 febbraio

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