«In un anno abbiamo raddoppiato la produzione di spumante dealcolato, passando da 2 milioni a 4 milioni di bottiglie». A dirlo è il consigliere delegato di Mionetto Alessio Del Savio, nel corso del Simei, il Salone per l’enologia e l’imbottigliamento, dove il tema no alcol si è ritagliato uno spazio importante.
«Si tratta di un mercato facile da intercettare – dice al Gambero Rosso Del Savio – anche se partito in sordina e nonostante il ritardo italiano nel recepire la normativa europea. Un vero peccato perché l’Italia potrebbe mettere a disposizione il proprio know how in campo tecnologico e la sua sapienza enologica, come sta dimostrano questa edizione del Simei». Il gruppo veneto Mionetto (con sede a Valdobbiadene) si è lanciato nel mercato dei cosiddetti “Nolo” nel 2022, ma per farlo si è dovuto appoggiare allo stabilimento di produzione in Germania, dove la produzione è consentita, al contrario di quanto avviene in Italia.
Ma che tipo di destinazione hanno i prodotti no e low alcol? «Ad oggi – rivela Del Savio – il prodotto finisce soprattutto nei Paesi Nordeuropei, ma anche in quelli dell’Est Europa. C’è, poi, un interesse crescente in Francia, che va di pari passo con l’apprezzamento per le bollicine italiane e, in particolare, del Prosecco». Sul nome da utilizzare, non ha dubbi Del Savio (che per vendere questi prodotti in Italia deve utilizzare la dicitura “bevanda dealcolizzata a base vino”): «Vanno chiamati vini, perché di fatto lo sono. Ed è importante – aggiunge – che non vengano inserite in un regime di accise per evitare un ulteriore incremento del prezzo, già mediamente più alto di un vino tradizionale». Poi l’auspicio finale: «Il mio sogno è poter arrivare ad un Prosecco zero alcol che si possa chiamare così». Ma per quello la strada è ancora lunga. Soprattutto in Italia, dove la discussione è ancora ferma alla dicitura vino per generici e Igt. Il resto è ancora pura avanguardia.
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