Da consumare entro maggio 2026. Sulla scrivania abbiamo un vino dealcolato, la data di scadenza sulla retro etichetta ci ricorda la sua incapacitร di tenuta nel tempo, proprio come una bevanda comune. Lo zucchero totale per litro si aggira sui 70 grammi, eppure si avverte meno sul piano sensoriale perchรฉ lโaciditร รจ aggiustata. Nella lista degli ingredienti figura anche il conservante E242. Tutto ciรฒ รจ permesso perchรฉ non esiste un disciplinare sul dealcolato condiviso a livello internazionale. In alcune nazioni come in Italia รจ vietata lโaggiunta di acqua e aromi, in altre nazioni cโรจ ampio spazio per la fantasia. Comโรจ possibile che un prodotto autorizzato dallโUnione europea a essere commercializzato con la scritta vino non abbia regole codificate a tutela di chi lo produce e di chi lo consuma?
Tutta la comunicazione punta sullโassenza di alcol, su una paventata salubritร rispetto al prodotto convenzionale. E gli zuccheri? E gli altri additivi ingeriti? Certo, ci sono rarissimi casi virtuosi che abbiamo toccato con mano allโultimo Wine Paris, dove il padiglione Zero tasting ha finito i campioni in assaggio giร al secondo giorno, ci ha confessato l’Ad della fiera Rodolphe Lameyse. Non รจ ben chiara la portata del movimento, di sicuro รจ ingigantita in questa fase schizofrenica dei consumi. ร il momento della curiositร , ma nellโassaggio di divertente cโรจ ben poco. La qualitร media รจ pessima, tra lโannacquato e il tragico gusto di dealcolato che ricorda lโamido del riso bollito. Si noti bene: un buon dealcolato dovrebbe costare piรน di un vino tradizionale.
Il ragionamento รจ lineare: si parte da un vino finito per poi dealcolare; lโoperazione piรน diffusa al momento รจ tramite lโuso di membrane per osmosi. Il processo richiede tanta energia e soprattutto risorse idriche importanti e non piรน riutilizzabili. Insomma, nulla di piรน lontano dalla parola magica โsostenibilitร โ.
Sul piano tecnologico sono stati fatti passi avanti in poco tempo, ma al di lร della sperimentazione molte cantine non hanno ragionato sul posizionamento (culturale e di mercato) del dealcolato, inseguendo meramente unโindicazione netta del mercato. Spesso hanno affidato la produzione a brand esterni: il rischio di snaturarsi รจ dietro lโangolo. Occorre fare chiarezza, perchรฉ da opportunitร a seria minaccia il passo รจ brevissimo. Ci aspettiamo una piรน stretta regolamentazione in tempi brevi e anche una nuova narrazione capace di tenere lontani i segmenti: il dealcolato non come un surrogato del vino, ma un prodotto con una diversa identitร pensato per un nuovo consumatore che (ancora) non apprezza il vino. Uno strumento di partenza per accedere a una nuova dimensione esperienziale.
Lโattuale crisi del mondo enologico รจ una crisi culturale, di messaggi, dโidentitร . Cambiano ed evolvono i bevitori, i mercati, il clima: tutto questo genera confusione sia tra le cantine che tra gli appassionati. Per questo servono regole nette e scelte coraggiose. Che di nemici, oggi, il mondo del vino ne ha fin troppi.
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