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Il declino dell'alta cucina: stanchi di essere sorpresi a tutti i costi

Semplice, lineare, immediato, accogliente e rassicurante, senza elucubrazioni, eccessi e ostentazioni stilistiche, è la risposta al fine dining

  • 10 Marzo, 2025

Se il fine dining è entrato nel cono d’ombra è sicuramente a causa dello stress che si respira nell’alta ristorazione e della crisi economica che obbliga a scelte di profilo più basso. Il ceto medio, che fino a pochi anni fa – grosso modo prima dell’inizio della guerra Ucraina-Russia – si poteva permettere una volta al mese una cena in un ristorante di ricerca (mai sotto le 100 euro a testa), oggi deve fare i conti con l’inflazione. Le prime cose che saltano: i piccoli lussi ai quali si può rinunciare. Si fa a meno dell’esperienza gastronomica in un locale cool e premiato dalla classifica di turno ma non a un aperitivo dopo il lavoro o una colazione gourmet con croissant al burro e caffè speciality il sabato mattina. Si continua ad avere una vita vivibile e rapporti sociali optando per soluzioni più easy.

La recessione è una ragione forte di questa tendenza ma non è l’unica. C’è una fascia di consumatori che è stufa delle esasperazioni virtuosistiche ai fornelli (talvolta con risultati discutibili). L’innovazione in cucina, attraverso la ricerca fuori dalla tradizione o la reinterpretazione di piatti classici, funziona se fatta con buone intenzioni, consapevolezza, buona pratica e risultati finali convincenti. Ma non sempre è così: qualche volta una ricetta è pensata e realizzata solo con la volontà di stupire cavalcando il trend del momento. Molto fumo e poco arrosto.

Anche per questo si torna a vagheggiare piatti semplici, lineari, diretti e ben fatti, senza elucubrazioni, eccessi e ostentazioni stilistiche. Un po’ di sana normalità. Una cucina comfort food, accogliente, materna, rassicurante, che ti abbraccia e si concede senza giudicarti, senza appesantire le meningi e alleggerire troppo le tasche, che non costringe a sentirsi inadeguati come studenti agli esami di maturità. Un desiderio che magari ci si tiene dentro perché dirlo non è trendy, non fa figo.

Già 15-20 anni fa chef dell’alta ristorazione invitavano a mettere i piedi per terra, a considerare avanguardia piatti “normali”, come i classici spaghetti con pomodoro e basilico, però fatti con grandi materie prime: un grande spaghetto artigianale trafilato al bronzo ed essiccato a bassa temperatura, un grande pomodoro rustico fresco maturato al sole, un buon basilico appena colto.

Ma esistono ristoranti che fanno una cucina così?

 

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