Si chiamava RoDyMan, era stato presentato a Napoli per la prima volta nel 2015, raccogliendo consensi e tante critiche, ma promettendo di dare una svolta al lavoro dell’uomo, cominciando dalla ristorazione per arrivare all’obiettivo finale: contribuire al progresso in campo medico. Era il robot pizzaiolo, messo a punto da Prisma Lab, squadra di ricercatori dell’Università Federico II di Napoli, e pensato per sviluppare nelle macchine la sensibilità tattile.
Ma – si sa – la tecnologia fa passi da giganti, il mondo del food tech evolve a gran ritmo, e quello dell’intelligenza artificiale si fa sempre più concreto. E così, mentre in Italia e nel mondo si diffonde l’arte dei robot bartender, altri “colleghi” robot coltivano e producono frutta e ortaggi al posto dell’uomo. Ma è un obiettivo possibile?
Ci sta provando dallo scorso ottobre una startup americana con sede in California, Iron Ox, che recentemente ha iniziato a vendere i primi frutti del lavoro delle macchine, ben tre varietà di verdure, disponibili al Bianchini’s Market di San Carlos, negozio di alimentari a conduzione familiare specializzato in prodotti locali e biologici.
Ma come funziona? Per automatizzare il lavoro agricolo la start up usa dei bracci robotici per la raccolta, delle vasche idroponiche e dei robot pensati per curare la fase della coltivazioni. Seppur si continui a parlare di agricoltura autonoma, però, gli esseri umani al momento sono ancora indispensabili per la maggior parte del lavoro: i robot curano il momento della crescita, ma sono gli uomini a confezionare le piante e porre i primi semi.
Punto a favore dell’agricoltura robotizzata, comunque, è la produzione locale: gli automi sono di dimensioni piccole e possono essere posizionati anche molto vicino ai clienti, riducendo così i costi e le emissioni durante il trasporto. La bottega dei Bianchini, per esempio, si trova a meno di 10 chilometri dall’azienda, meno della metà della distanza a cui tipicamente viaggia la verdura in zona.
Altro vantaggio è la riduzione dei rischi in campo: l’intelligenza artificiale usata consente di rilevare eventuali attacchi parassitari e malattie prima che prendano piede e si espandano. E poi l’ottimizzazione del suolo: secondo il co-fondatore e CEO di Iron Ox Brandon Alexander, l’azienda è in grado di produrre in mezzo ettaro di terreno ciò che normalmente si fa in circa 12 ettari.
Attualmente, la produzione si limita a tre tipi di verdure a foglia verde, vendute a prezzi piuttosto alti rispetto alla media locale: una confezione da mezzo chilo di acetosa rossa, per esempio, costa 2,49 dollari (circa 2,20 euro), una cifra non esorbitante ma comunque più impegnativa per gli abitanti del luogo.
Il futuro dell’agricoltura fatta dai robot, per il momento, è ancora incerto. Secondo gli esperti di settore, se pure questo modello dovesse svilupparsi al meglio, rimarrebbe comunque una realtà di nicchia accessibile a pochi. Ma il lavoro di Iron Ox è ancora agli inizi e potrebbe rivelare piacevoli sorprese.
a cura di Michela Becchi
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