Sanremo è la città della musica, ma anche dei riti. Colazioni veloci prima delle prove, pause caffè tra interviste e incontri nei locali storici. Quest’anno, tra i protagonisti del Festival, c’è l’ammiratissima Rose Villain, accolta sul palco dell’Ariston con un grido diventato già tormentone: “Si ‘na pret”.
Ma Rose non si ferma alla musica. Il suo Villain Café, in via Carli 6 (uno dei pop-up dei musicisti sparsi nella città, ndr) è un luogo in cui i fan possono entrare nel suo mondo, incontrarla tra un’esibizione e l’altra e, soprattutto, assaggiare le praline create con Ernst Knam, «al cioccolato fondente, con una crema di lamponi freschi da sballo». E poi c’è il Blue Villain Alproccino, nato dalla collaborazione con Alpro: un cappuccino azzurro come il cielo della Riviera e i capelli di Rose Villain, che incarna alla perfezione la sua identità artistica. «Volevo qualcosa che fosse azzurro perché è un po’ il mio colore» racconta Rose, che da anni ha scelto un’alimentazione vegetale. Una scelta che oggi, aggiunge, «è praticabile in maniera molto più facile, anche rispetto solo a pochi anni fa».
Com’è nato il tuo cappuccino azzurro?
«Io adoro tutti i superfood, quindi integrarne uno in una cosa di tutti i giorni come un cappuccino era un’idea che mi piaceva. È nato così un cappuccino vegetale con la spirulina, che è appunto un superfood ricco di antiossidanti e vitamine. Qualcosa di buono che fa anche bene».
Qual è stata la spinta che ti ha fatto diventare vegana?
«Sono diventata prima vegetariana, ho smesso di mangiare carne dopo aver letto un libro sulla salute che parlava della correlazione tra malattie, cibo e carne. Poi ho visto il documentario Earthlings, narrato da Joaquin Phoenix, e da lì ho capito che non era quello a cui volevo partecipare».
Trovi che sia ancora difficile essere vegani oggi?
«No, è sempre più facile, almeno nelle grandi città come Londra, New York, Berlino, Milano. Ormai è semplicissimo, ci sono alternative in tutti i ristoranti. Certo, in tour è un po’ più complicato, ma le opzioni sono cresciute tanto».
«Senza dubbio la pizza! Si possono fare ottime versioni vegane, in qualche modo è la mia cena del condannato».
E il piatto che ti ricorda casa?
«Mia mamma non cucinava quasi mai carne, quindi tante verdure… Faceva una torta salata pazzesca, con zucchine e spinaci. È il sapore che più mi riporta all’infanzia».
La tua vita negli Stati Uniti ha cambiato il tuo modo di vedere il cibo?
«Assolutamente. Quando sono arrivata nel 2009, tra Los Angeles e New York c’era tantissimo fast food. Poi ho visto un cambio incredibile, una svolta verso la cucina healthy e vegetale. Oggi in un supermercato di New York ci sono più latti vegetali che tradizionali e le alternative alla carne sono tantissime».
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