
L’economia della lumaca va veloce. A dirlo è Simone Sampò, dal 2016 Direttore dell’Istituto internazionale di elicicoltura di Cherasco, in provincia di Cuneo, uno dei poli di riferimento a livello nazionale e internazionale per la produzione e la ricerca nel settore, che ci spiega come l’Italia ha fatto grandi passi avanti nella produzione di lumache.
Sampò precisa: «Intanto usiamo le parole corrette, stiamo parlando di chiocciole da gastronomia e non di lumache, in particolare della varietà Helix, la più pregiata». E sciorina qualche numero: «In Italia gli allevamenti che seguono il metodo Cherasco sono passati da 200 a 967 in otto anni, impiegando quasi 12.000 addetti e generando un fatturato che è cresciuto da 36 milioni di euro nel 2016 a sfiorare i 568 milioni nel 2024». Il Metodo Cherasco è un disciplinare di allevamento delle chiocciole sviluppato dall’Istituto in collaborazione con l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo che ha ottenuto la certificazione Bureau Veritas come prima, e ad ora unica, filiera di elicicoltura al mondo.
«Durante il periodo della pandemia abbiamo avuto modo di riflettere sui metodi di allevamento fino ad allora adottati e abbiamo compreso che la debolezza stava nella riproduzione in campo, soggetta a troppe variabili, con problemi di crescita disomogenea, di mortalità eccessiva e di rendite non soddisfacenti per gli allevatori» spiega Sampò. Nel 2022, a Cherasco hanno messo a punto il Ciclo naturale breve, una filiera di allevamento che prevede la fornitura agli elicicoltori partner dei piccoli di chiocciole nati da 3-4 giorni negli incubatori – le “sale parto” – presenti nell’Istituto. In questo modo l’elicicoltore può concentrarsi solo sulle fasi di crescita e ingrasso delle baby snails, senza dover gestire la fase della riproduzione, che è la più delicata. Le piccole chiocciole vengono inserite in recinti all’aperto, con un’alimentazione esclusivamente vegetale e isolate dall’ambiente esterno da speciali reti protettive. La prima raccolta avviene entro sei mesi dall’avvio dell’impianto e il conferimento della produzione può essere destinato totalmente a Lumacheria Italiana, il marchio commerciale dell’Istituto di Cherasco che provvede alla preparazione e alla distribuzione del prodotto fresco, surgelato o pronto al consumo.
La grande novità dell’ultimo periodo è l’ingresso nella grande distribuzione. «Eravamo già presenti nei punti vendita all’ingrosso per professionisti del settore, ma da circa un anno siamo nei reparti pescherie della grande distribuzione con piatti gourmet pronti all’uso, come le lumache in umido, le lumache Borgogna, le lumache trifolate» racconta Sampò. E i risultati sono positivi, anche a fronte di un prodotto non fra i più facili da vendere. «Sono dati empirici, ma sappiamo che in una famiglia di quattro persone, mediamente ce n’è solo una che apprezza le chiocciole». In Italia, nel corso dei decenni l’atteggiamento dei consumatori verso questo prodotto ha avuto delle oscillazioni molto vistose. Nel dopoguerra era considerato un piatto povero, un’alternativa casalinga alla scarsità di altre proteine animali. Poi, con l’arrivo dei supermercati e il declino della società contadina, sono quasi scomparse dalle tavole, salvo riapparire più tardi per merito della ristorazione medio-alta. «Oggi i dati ci dicono che l’87 per cento delle chiocciole è consumato nella ristorazione, e noi abbiamo più di 180 ristoranti stellati fra i nostri clienti diretti o indiretti, nel senso che acquistano da elicicoltori che seguono la nostra filiera certificata».
L’arrivo nella grande distribuzione permette a una clientela più vasta di approcciarsi a piatti mitici come le escargots à la Bourguignonne che hanno fatto la fortuna della cucina francese. E, anche su questo fronte, Simone Sampò annuncia delle novità. «Dal 2026 partiranno da Cherasco i primi carichi con carni e gusci destinati ai grandi impianti specializzati francesi e non dovremo stupirci se le famose escorgots à la Bouguignonne saranno anche di provenienza italiana». Oltralpe probabilmente non lo ammetteranno mai, almeno apertamente, ma la tendenza – secondo Sampò – è inevitabile: “I Francesi si sono sempre affidati al prodotto raccolto in natura, là dove è ancora permesso, come in Turchia, Polonia, Lituania, Ucraina, Bielorussia, Balcani dove hanno aperto degli impianti di lavorazione e trasformazione. Il problema è che, anche a causa dei cambiamenti climatici, la raccolta sta diminuendo e a mio parere entro 6/7 anni entrerà in profonda crisi». Tutto questo a fronte di una continua crescita della domanda: + 47% rispetto al 2019 tra food e cosmesi (la cosiddetta “bava di lumaca” è molto apprezzata). Ma nel mondo, il 90% della richiesta viene soddisfatta dalle chiocciole raccolte in natura, un contesto dove la produzione è incostante e con delle incertezze nei controlli sanitari. Si prevede che nei prossimi 7/8 anni mancheranno almeno 100 mila tonnellate di prodotto ed è per questo che secondo Sampò «l’elicicoltura è uno dei business agricoli del futuro: è pulita, etica, rispettosa della natura e redditizia».
Se la carne di chioccola sarà il superfood del futuro lo vedremo nei prossimi anni. Intanto però si propone come un cibo sicuramente green visto che per produrne un chilogrammo servono poco più di 150 litri di acqua, contro gli 11 mila necessari mediamente per le carni bovine. Inoltre non crea rifiuti perché non si butta via niente e anche il guscio viene riutilizzato essendo ricco di calcare. Simone Sampò, 51 anni, da una trentina nel settore, continua girare il mondo per far conoscere il Metodo Cherasco, ormai presente in 18 paesi del mondo. Un giorno in Marocco, poi un volo verso l’ Azerbaijan o la Nabibia. «Qui abbiamo creato un vero e proprio hub nel deserto per studiare le proprietà della carne delle chiocciole. Le prospettive sono tante e c’è anche il sogno di portare in futuro il nostro prodotto nello spazio.”
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