Notizie / Attualità / “Ecco come i migliori ristoranti del mondo vengono scelti”. Intervista a William Drew, direttore della World’s 50 Best

Attualità

"Ecco come i migliori ristoranti del mondo vengono scelti". Intervista a William Drew, direttore della World's 50 Best

“Chi vince non è più lo stesso”. Dietro le quinte della classifica mondiale più influente, a pochi giorni dalla cerimonia di Torino

  • 04 Giugno, 2025

Tutto cominciò come un pezzo d’agosto. Era il 2002 e un redattore del magazine britannico Restaurant lanciava quasi per gioco una classifica dei 50 migliori ristoranti nel mondo sondando colleghi, chef e operatori. Nessun evento, nessuno sponsor. Solo un articolo come tanti che fece il giro del mondo. Da quel momento nacque The World’s 50 Best Restaurants, oggi la più potente – e imitata – classifica globale dell’alta ristorazione.

A dirigerla da anni è William Drew, Director of Content, volto pacato e accento britannico, ben consapevole dell’impatto – e delle polemiche – che ogni nuova edizione scatena. Lo raggiungiamo a pochi giorni dalla cerimonia di Torino in programma il prossimo 19 giugno, per la prima volta in Italia.

Perché la 50 Best crea così tanto clamore?

Perché è un’idea semplice mai realizzata prima. Ogni ristorante al mondo è idoneo, senza limiti di stile o categoria. Il ranking da 1 a 50 è chiaro, facilmente comprensibile, crea dibattito e discussione. E poi c’è questo senso di comunità: non è una gara, è una celebrazione. È una guida per chi vuole viaggiare e scoprire nuove culture attraverso il cibo.

Parliamo di esperienze molto costose. Una trattoria, un bistrot o una pizzeria saranno mai al primo posto?

Tecnicamente possibile, ma difficile. L’ingresso in lista fa impennare la domanda e quindi i prezzi. Ma abbiamo ristoranti di tutti i tipi, penso a Extebarri nei Paesi Paschi. È un ristorante molto sofisticato, certo non tradizionale: cottura sul fuoco, il modo più originale e basilare di cucinare, legna e carbone. In qualche modo mantiene quel carattere di una taverna del paese. E poi ci sono ristoranti come Don Julio a Buenos Aires, forse la migliore steakhouse al mondo. Ti siedi e ordini una bistecca, insalata e patatine fritte, un semplice di bicchiere di vino rosso e via. Il pubblico li adora.

E nelle classifiche regionali?

Nelle liste continentali  (America Latina, Medio Oriente, Asia) arriviamo a 100 posizioni. In questo modo entrano sempre più bistrot, piccoli ristoranti di quartiere. Molti iniziano così e poi evolvono, alimentando il cambiamento e le tendenze globali.

Parliamo del sistema di voto, come funziona la World’s 50 Best?

Abbimo 1.120 elettori sparsi in tutto il mondo. Votano in forma anonima, ciascuno vota per 10 ristoranti in cui è stato negli ultimi 18 mesi. Non diciamo loro dove andare , devono semplicemente esprimere la loro migliore esperienza culinaria, di qualsiasi tipo. Ci sono regole, ma non ci sono criteri. Ad esempio devono votare per un certo numero di ristoranti al di fuori della loro zona di residenza. Se risiedi in Italia, puoi votare per un massimo di sei ristoranti in Italia. È un sistema molto semplice.

Chiedete lo scontrino della cena ai vostri votanti?

No, ma chiediamo alle persone una prova di visita. Comunque non devi pagare il pasto per poter decidere se è buono o no. Le faccio un esempio, Lorenzo.

Prego

Andiamo a pranzo un ristorante vicino al suo ufficio, è mio ospite. Potrà comunque giudicare perche è il suo lavoro. E lo stesso vale per i nostri elettori, poiché nessuno sa per chi sta votando, è tutto confidenziale e sicuro: esprimeranno un giudizio indipendente. E cambiamo almeno tra il 25% e il 30% degli elettori ogni anno. A volte si crede di sapere chi siano i votanti, ma non è vero perché cambiano di continuo.

I votanti vengono pagati?

No, né i votanti né i presidenti dell’Academy non vengono pagati. È tutto su base volontaria.

E i criteri?

Chiediamo ai votanti di elencare le loro migliori esperienze nei ristoranti. E un testo libero per motivare. Non c’è una checklist, non ci sono punteggi, semplicemente la migliore esperienza.

Ci sono elettori della prima edizione?

Dovrei controllare. È possibile, probabilmente potrebbero aver votato nella prima edizione nel 2002 e poi aver saltato diverse edizioni. A livello di genere abbiamo il 50% di uomini e il 50% di donne. E a livello anagrafico cerchiamo una copertura rappresentativa di tutte le fasce.

Com’è diviso il mondo della 50 Best?

In 28 regioni, ognuna ha 40 votanti. La composizione delle regioni avviene su base geografica ma anche in base all’importanza gastronomica, economica e culturale. Quindi l’Italia, ad esempio, è una regione a sé stante, come Francia o Giappone. Poi ci sono macro-aree, ad esempio una regione è composta da Austria, Svizzera, Slovenia, Ungheria. È una mappa flessibile in evoluzione.

Costa dobbiamo aspettarci da Torino? Il programma d’incontri è serrato.

Per noi è emozionante perché è la prima volta in Italia. Andiamo nel cuore dell’ospitalità italiana, sarà entusiasmante per tutti venire a festeggiare in una regione come il Piemonte così ricca sul piano enogastronomico. Il programmi di cene è fitto, ci saranno i 50 Best Talks con un cast di relatori straordinario. Ci saranno dimostrazioni, degustazioni, momenti di interazione. Si alterneranno bartender da tutto il mondo con un focus sull’ospitalità. Sarà un vero festival della gastronomia, si celebrerò il potere del cibo di unire le persone.

Come se la passa il fine dining a livello mondiale?

Non mi piace usare il termine fine dining, preferisco high dining o premium dining. C’è stata un’età dell’oro e ora c’è molta pressione sul settore dell’ospitalità nel suo complesso. Di sicuro non è morto, è vivo ed è solo cambiato. Perché non associamo più il lusso alla formalità. E non deve essere necessariamente caviale o tartufo bianco o un menu degustazione da 4 ore. Può essere anche informale, umano, fatto di cura, attenzione, tempo. È il grande cambiamento.

Trend globali: mancanza di personale, contesto economico poco felice, e?

Maggiore attenzione ai prodotti locali e alla storia culturale del luogo. Meno prospettiva internazionale e ritorno alle radici e alla tradizione. Siamo cambiati anche noi, da quando è scoppiata la pandemia ci siamo concentrati di più sul lato umano. Il vero trend attuale è la sostenibilità umana, non solo ambientale. Come ci prendiamo cura delle persone nel nostro ristorante, sia degli ospiti che del personale e dei produttori che producono e coltivano il cibo? Come possiamo rendere questa un’impresa umana e non solo profittevole?

Il cambio generazionale si fa sentire.

La sostenibilità umana è ora al centro del DNA di moltissimi ristoranti, prima era un’aggiunta, un extra. Dobbiamo essere più sostenibili. Iniziamo a considerare i nostri sprechi alimentari, la differenza oggi è che molto locali nascono già con questa filosofia e non la prendono in corsa.

A proposito di giovani, bevono meno vino.

I giovani bevono meno, ma questo non significa che non bevano meglio. Meno volume, più qualità. Abbiamo anche i 50 migliori bar del mondo, guidati dai cocktail, e l’apprezzamento sta crescendo in modo significativo. Le persone non hanno bisogno di bere sei cocktail tutta la sera, ne prendono solo uno o due di alta qualità. Succederà lo stesso con il vino con un’offerta sempre più ampia di produttori biodinamici o artigianali. È cambiato il paradigma rispetto a 10 anni fa.

Ovvero?

Prima si serviva solo vino. Vi racconto un aneddoto a riguardo. Dieci anni fa vado per la prima volta all’Osteria Francescana. Beppe Palmieri mi serve ogni sorta di drink diversi, una birra nel mezzo, poi un po’ di spumante, un bianco, un cocktail, poi di nuovo il vino e un goccio di di sakè. Non l’avevo mai fatto quel percorso. Era pazzesco. Dieci anni dopo, è la normalità in questa fascia: ti servono un kombucha, un orange e poi magari uno Sherry. Non ci sono regole e questo rende il tutto più interessante.

L’Italia è sopravvalutata o sottovalutata nella lista?

I ristoranti italiani hanno sempre ottenuto ottimi risultati nella classifica dei 50 migliori ristoranti al mondo. Continueranno a farlo.

Punti di forza e di debolezza della ristorazione italiana?

Non sono un critico, non voglio parlare degli aspetti negativi. Uno dei grandi pregi della cucina italiana è che se mangi una fetta di pizza al sud o un piatto di pasta a Bologna, anche se semplicissimo, la qualità può essere altissima e così anche il livello dell’ospitalità. Ovviamente non è universale, ma uno dei pregi è che non bisogna spendere cifre esorbitanti per vivere una buona esperienza culinaria in Italia. Non accade spesso in altre parti del mondo.

Sarà una grande sorpresa il ristorante numero uno?

Aspettate e vedrete. A Torino ci saranno oltre 220 giornalisti, di sicuro sarà l’edizione più grande di sempre in termini di presenze.

Prima di chiudere, l’effetto 50 Best sui ristoranti in cima alla classifica?

Significativo. L’ingresso in classifica porta visibilità internazionale. I ristoranti passano mediamente dal 20% al 60% di clientela straniera in pochi giorni. L’impatto economico è netto. C’è chi alza i prezzi, chi apre nuovi locali, chi resta com’è. Ma qualcosa cambia sempre.

TI POTREBBE INTERESSARE ANCHE...

Corsi per Appassionati

Corsi per Professionisti

University

Master

© Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati.

Made with love by Programmatic Advertising Ltd

Made with love by Programmatic Advertising Ltd

© Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati

La più autorevole guida del settore dell’enologia italiana giunge quest’anno alla sua 37sima edizione. Vini d’Italia è il risultato del lavoro di uno straordinario gruppo di degustatori, oltre sessanta, che hanno percorso il Paese in lungo e in largo per selezionare solo i migliori: oltre 25.000 vini recensiti prodotti da 2647 cantine. Indirizzi e contatti, ma anche dimensioni aziendali (ettari vitati e bottiglie prodotte), tipo di viticoltura (convenzionale, biologica, e biodinamica o naturale), informazioni per visitare e acquistare direttamente in azienda, sono solo alcune delle indicazioni che s’intrecciano con le storie dei territori, dei vini, degli stili e dei vignaioli. Ogni etichetta è corredata dall’indicazione del prezzo medio in enoteca, delle fasce di prezzo, e da un giudizio qualitativo che si basa sull’ormai famoso sistema iconografico del Gambero Rosso: da uno fino agli ambiti Tre Bicchieri, simbolo di eccellenza della produzione enologica. che quest’anno sono 498.

In edicola

No results available

Reset

No results available

Reset