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Tendenza

L’era dei listening bar: è la rivincita del vinile o solo una moda da hipster?

Cocktail, vinili e silenzio selezionato: l’Italia scopre i listening bar. Un ritorno all’ascolto o solo l’ennesima moda da trasformare in format?

  • 17 Giugno, 2025

Milano, un giovedì sera. Una porta scorrevole si apre su luci soffuse e vinili ordinati con cura. Il suono della puntina che sfiora il vinile avvolge la stanza, le voci si abbassano senza bisogno di regole. Benvenuti al Listening Bar, dove la musica torna protagonista. Da Londra a New York, fino in Italia, questi locali riprendono una filosofia nata in Giappone: impianti Hi-Fi di alta qualità, selezioni musicali curate e un pubblico che viene per ascoltare, non per coprire il suono con le chiacchiere.Un’inversione di tendenza rispetto agli ultimi decenni, quando la musica nei locali era diventata un riempitivo, soffocata da playlist anonime, streaming distratto e volumi sbagliati. Ma come siamo arrivati a questa riscoperta? La rinascita della cultura dell’ascolto nei locali deve molto ai Jazz Kissa e Audio Kissa giapponesi, bar nati negli anni ’50 dove il suono era sacro e il vinile protagonista. Negli ultimi anni, il concetto è tornato in auge in città come Londra (Brilliant Corners), New York (Public Records), Parigi (Bambino) e Barcellona (Oblicuo), che hanno riscoperto il piacere dell’ascolto immersivo grazie a impianti Hi-Fi e selezioni musicali raffinate. Dopo decenni di fruizione veloce e distratta, cresce il desiderio di un’esperienza sonora più autentica. Anche in Italia il fenomeno sta prendendo piede con una scena di Listening Bar in continua evoluzione e sempre più sfaccettata.

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Listening bar: anche in Italia la tendenza esplode

Milano ha dimostrato che il pubblico italiano è pronto per questo tipo di esperienza: la risposta è stata immediata, con locali spesso pieni e un interesse crescente da parte di audiofili. Ma se c’è una cosa che Milano sa fare meglio di qualsiasi altra città italiana, è trasformare un’idea di successo in un’onda inarrestabile, fino quasi a stritolarla sotto il peso del suo stesso entusiasmo.
Che i listening bar siano la nuova tendenza come le pokerie nel 2018 o le enoteche con piccola cucina del 2024?  Non tutti i locali che danno spazio alla musica si riconoscono però nell’etichetta di Listening Bar. A Milano, Bene Bene è un esempio di come un approccio attento al suono possa esistere senza sposare del tutto la filosofia di ascolto immersivo di stampo giapponese. Nato con l’idea di creare un ambiente intimo e autentico, il locale ha puntato fin dall’inizio sulla qualità dell’impianto audio, senza però trasformare la musica nell’unico fulcro dell’esperienza.

Milano, la capitale dei listening bar

«Siamo stati tra i primi a investire sull’idea che la musica in un locale potesse avere un valore, ma senza costruirci attorno un format – racconta Riccardo Trotta, fondatore di Bene Bene – Prima di tutto, per noi avere uno spazio significa creare connessioni. È un punto d’incontro. A differenza di molti locali nati sull’onda di questa nuova tendenza, Bene Bene non ha mai puntato su un modello basato su DJ set esclusivi o collezionismo di vinili.»
«Avevamo chiara l’idea di un luogo che fosse un’estensione dei nostri interessi, in cui la musica avesse un ruolo chiave, senza quella sacralità tipica dei listening bar. L’impianto è parte di questa visione, ma non è l’unico elemento: la musica è un modo per costruire relazioni», ribadisce Trotta. Pur avendo anticipato, in un certo senso, la riscoperta della musica nei locali, Bene Bene si è sempre distinto per la sua identità indipendente, ma si è trovato comunque menzionato nelle stesse liste di listening bar che tendono a uniformare l’offerta cittadina. «L’etichetta di Listening Bar ce la porteremo dietro per sempre. Ma credo che certe mode siano già al capolinea: poi si vedrà quali locali hanno costruito un’identità solida e quali erano solo il riflesso di un trend passeggero. Non so ancora in quale categoria finiremo», sorride Riccardo Trotta. Intanto, sempre a Milano, arriva Mogo, locale firmato da Yoji Tokuyoshi, chef che ha lasciato la stella per inseguire il piacere puro, che trasforma la cena in un’esperienza immersiva: si mangia scalzi, si ascolta musica in Hi-Fi, si brinda con cocktail d’autore e si assaggia un menu che mescola Giappone, Francia e Italia.

Bolla o futuro? Una tendenza che sembra solida

Il rischio, come sempre, è che il modello venga svuotato della sua essenza, trasformandosi in un’ennesima strategia di branding senza sostanza.
«Sicuramente è una tendenza, ma è una tendenza portata avanti da persone che sono davvero appassionate di musica», spiega Roberta Abate, giornalista e fondatrice di Commestibile. «Aprire un listening bar, o comunque un locale che mette il suono al centro, è molto più costoso rispetto a un’enoteca con cucina. La sonorizzazione degli spazi ha un costo altissimo.»
Roberta Abate si è occupata dell’apertura di Club Giovanile Italiano, locale nato in un ex macello nel cuore di Certosa District, zona industriale di Milano in piena trasformazione. L’idea alla base del progetto non è solo quella di creare un luogo di ascolto immersivo, ma anche di restituire un’identità culturale alla zona di Certosa. «Club Giovanile Italiano è un bell’esperimento, perché si trova in una zona che fino a pochi anni fa non faceva parte della mappa della nightlife milanese. È un progetto però che dimostra come il format stia evolvendo: qui c’è un’attenzione quasi curatoriale alla selezione musicale, un’identità visiva molto forte e una ricerca estetica che lo rende più vicino a un centro culturale che a un classico locale notturno», commenta Abate.

Musica al centro: intorno food e mixology

L’idea è quella di offrire un’esperienza a 360 gradi, dove il suono, l’ambiente e il cibo contribuiscono insieme a creare un’atmosfera fuori dal tempo, lontana dalla frenesia dei club tradizionali. «Negli ultimi dieci anni, dall’Expo in poi, siamo stati in un limbo in cui l’intrattenimento era la cena. Ora non dico che questa cosa cambierà del tutto, ma c’è sicuramente una spinta, soprattutto dalle nuove generazioni, a cercare qualcosa di diverso», spiega la giornalista.

Anche nel Centro Italia aprono i listening bar

Negli ultimi anni, anche il centro Italia ha visto fiorire locali che mettono la musica al centro dell’esperienza. A Reggio Emilia, The Riff ha inaugurato nel 2023, frutto della collaborazione tra il celebre DJ Benny Benassi, lo scrittore e conduttore radiofonico Fabio Volo, l’imprenditore Ezio Burani e il ristoratore Franco Montanari. A Firenze, Move On è una vera e propria istituzione per gli appassionati di musica: aperto dal 2012, a un passo dal maestoso Battistero di Piazza San Giovanni unisce la passione per i dischi in vinile a un’offerta enogastronomica ricercata.
Roma, invece, ha interpretato il fenomeno in modo più eclettico, mischiando atmosfere rétro con un tocco contemporaneo. Il primo listening bar della capitale è stato Frissón, uno spazio che unisce musica e arte, con un impianto audio di altissimo livello e una programmazione musicale che alterna selezioni di vinili a eventi live. La città, con la sua storica tradizione di locali musicali e cocktail bar, ha accolto con entusiasmo questa novità: nei listening bar si ritrova un pubblico trasversale che va dai nostalgici dell’analogico ai giovani alla ricerca di esperienze più intime e immersive. Tanti che a Roma si contano ormai nuove aperture ogni mese.

Listening bar, sperimentazioni anche al Sud

Se al Nord il format è già una realtà consolidata e si pensa già a cosa verrà dopo, al Sud il fenomeno è ancora agli inizi, ma con esperienze molto interessanti. Napoli, con la sua tradizione musicale fortissima, ha accolto il trend con una propria interpretazione. Qui, il concetto di listening bar si fonde con l’anima verace della città, mescolando selezioni raffinate con la convivialità tipica dei locali partenopei. Recentissima è l’apertura di Lento Hi-Fi che offre un’esperienza unica dove la musica è protagonista, grazie a un impianto audio realizzato su misura da Ambienti Sonori, azienda specializzata di Verona. Il locale propone una selezione di cocktail artigianali, con cordiali, sodati e distillati preparati in casa, accompagnati da baozi, gyoza e katsu sando.
Anche in città come Bari e Catania si stanno sperimentando locali che mettono l’accento sull’ascolto di qualità, pur senza adottare ancora in pieno la filosofia dei listening bar giapponesi. A Palermo, però, qualcosa sta cambiando con l’apertura di Minimarket, il primo locale della città a portare questa esperienza nella capitale siciliana. Nato nel novembre 2024, Minimarket è un progetto dei fratelli Daniel, Greta e Priscilla Bellavista: un secret cocktail bar nascosto dietro la facciata di un minimarket di quartiere. Un concept ispirato agli speakeasy, che ha reso l’ingresso una sorta di rito iniziatico: chi varca la soglia dello scaffale si ritrova in uno spazio segreto. «Avevamo questo grande desiderio di realizzare a Palermo quello che ancora non c’era, non solo in città ma in tutta la Sicilia e il Sud Italia», racconta Daniel Bellavista, uno dei fratelli-fondatori.
Il progetto è frutto di un lungo lavoro di ricerca, che ha portato i suoi ideatori a visitare alcuni dei più noti listening bar europei. La selezione musicale è affidata a una curatela attenta, che mescola vinili selezionati dai soci e da collezionisti locali con guest DJ set interamente su supporto analogico. L’apertura di Minimarket ha generato curiosità tra i palermitani. «Per molti è stata una sorpresa. Abbiamo clienti che ci dicono: “Wow, siamo a Palermo, ma ci sembra di essere a Tokyo o a New York”. E questa è la cosa più bella: vedere che anche chi è cresciuto qui, magari dopo aver viaggiato e vissuto all’estero, si emoziona nel trovare un locale con un’impronta internazionale».
La crescita della scena Listening Bar nel Sud Italia sembra essere solo all’inizio, ma segnali come questo dimostrano che c’è spazio per una nuova forma di intrattenimento.

Oltre il listening: più socialità rispetto alle origini

Il format dei Listening Bar è codificato: impianti Hi-Fi, atmosfera studiata, cocktail e menu in linea con l’estetica giapponese o internazionale. In Italia, però, sta prendendo direzioni diverse, adattandosi alle città e ai contesti culturali locali. «Il vero Listening Bar, alla vecchia maniera giapponese, è un luogo di contemplazione – ci spiega Roberta Abate – Ma il format occidentale ha preso questa idea e l’ha trasformata. C’è più socialità».
Ma la musica, da sola, è sufficiente a definire un’esperienza? Secondo Riccardo di Bene Bene, il rischio è quello di creare spazi impeccabili sul piano estetico e sonoro, ma privi di un’identità vera. «La cosa che mi fa più felice è quando arrivano questi signori, perlopiù uomini sopra i 50, che si siedono, ordinano un bicchiere d’acqua e passano la serata a guardare l’impianto. È bello vedere questo tipo di fascinazione, un po’ nerd anche – racconta Riccardo – Per me, alla fine, quello che conta davvero è che il posto sia vivo… Il suono è un mezzo, non il fine».

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