L’Autorità europea per la sicurezza alimentare ha pubblicato una relazione annuale che esamina i livelli di residui di pesticidi negli alimenti. Il rapporto analizza le informazioni raccolte da programmi di monitoraggio casuali e mirati. A supporto del documento è stato messo a disposizione degli utenti anche uno strumento interattivo che consente di consultare i dati tramite grafici e tabelle. Dai risultati delle analisi è emerso che il 99% dei campioni è stato ritenuto conforme alla legislazione europea e quindi sicuro.
Nell’ambito del programma di controllo coordinato, l’Efsa ha analizzato i risultati di 13.246 campioni casuali prelevati dagli Stati membri, dalla Norvegia e dall’Islanda, relativi a 12 prodotti alimentari di maggior consumo nell’Ue. Questo programma prevede il campionamento degli stessi prodotti ogni tre anni, allo scopo di monitorare le tendenze.
Per il 2023 sono stati considerati: carote, cavolfiori, kiwi (verde, rosso e giallo), cipolle, arance, pere, patate, fagioli secchi, riso integrale, segale, fegato bovino e grasso di pollame. Da questo sottoinsieme di campioni analizzati nell’ambito del programma, il 99% è risultato conforme alla legislazione europea. Un risultato coerente con quello registrato nel 2020 (99,1%), quando fu campionata la stessa selezione di prodotti.
Nell’ambito dell’analisi dei risultati, l’Efsa ha condotto anche una valutazione dei rischi alimentari: un’analisi finalizzata a verificare la probabilità che i consumatori siano esposti a una quantità di residui superiore a una certa soglia di sicurezza. Alla luce dei dati emersi, è stato evidenziato che il rischio di origine alimentare risulta molto basso per la maggior parte dei cittadini europei.
L’utilizzo dei pesticidi in Europa è regolamentato da una normativa piuttosto restrittiva, che fa riferimento al Regolamento n. 1107/2009, il quale stabilisce norme per l’autorizzazione alla vendita, all’uso e al controllo dei prodotti fitosanitari nell’Unione Europea. Una norma da sempre considerata tra le più rigide al mondo e che, con il Green Deal, avrebbe potuto diventare ancora più severa.
Nel giugno 2022, infatti, è stato presentato il cosiddetto “regolamento sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari”, con l’ambizioso obiettivo di dimezzare ulteriormente l’uso dei pesticidi entro il 2030. Il provvedimento prevedeva anche il divieto totale di impiegare questi prodotti in aree sensibili, come spazi verdi urbani e siti classificati “Natura 2000”, promuovendo l’adozione di alternative a basso rischio.
Lo scorso anno, però, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen — anche a seguito di un’intensa attività di lobbying — ha annunciato il ritiro della proposta, dichiarando che era diventata un simbolo di polarizzazione. La decisione è arrivata proprio nei giorni delle proteste degli agricoltori in tutta Europa, che nei loro appelli puntavano il dito contro le politiche ambientali dell’Ue.
Secondo una recente ricerca pubblicata sulla rivista Nature Communications e condotta da un team internazionale del Centro per l’ecologia e l’idrologia del Regno Unito e dell’Università del Sussex, i pesticidi stanno provocando effetti negativi devastanti su centinaia di specie di microbi, funghi, piante, insetti, pesci, uccelli e mammiferi, che non dovrebbero esserne colpiti. A livello globale, il loro impiego contribuisce in modo significativo alla crisi della biodiversità.
Gli scienziati hanno analizzato oltre 1.700 studi, condotti in laboratorio e sul campo, sugli impatti di 471 diversi tipi di pesticidi (insetticidi, fungicidi ed erbicidi) utilizzati in ambito agricolo, commerciale o domestico. Sono stati osservati effetti negativi di ampia portata su più di 800 specie terrestri e acquatiche, con impatti su velocità di crescita, successo riproduttivo e persino sul comportamento, come la capacità di catturare prede, trovare piante di cui nutrirsi, spostarsi o attrarre partner. I pesticidi possono inoltre alterare il metabolismo degli organismi e danneggiare le cellule.
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