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Leonor Espinosa è la Best Female Chef 2022. Chi è la cuoca colombiana

Leo è il suo ristorante di Bogotà, ma Leonor Espinosa è nota anche per il suo impegno per il sociale, con la fondazione Funleo che le è valso già il Basque Culinary World Prize 2017. È lei la Best Female Chef 202 per la World’s 50 Best Restaurants.

  • 18 Maggio, 2022

Già vincitrice del Basque Culinary World Prize 2017 per la fondazione Funleo, no profit creata con la figlia Laura Hernández-Espinosa, Leonor Espinosa, o semplicemente Leo – come recita l’insegna del suo ristorante di Bogotà – è la miglior chef donna 2022 per la World’s 50 Best Restaurants.

L’albo d’oro del Best female chef

L’esordio del premio, molto contestato, per quell’idea di quote rosa che fa storcere il naso a molti, è stato con Nadia Santini, seguita da Helena Rizzo, Hélène Darroze, Dominque Crenn, Ana Roš, Clare Smyth e Daniela Soto-Innes, fino a Pia Léon nel 2021. Quest’anno è Leonor, il volto più noto della cucina colombiana, ad assicurarsi il premio. Classe 1963, originaria di Cartago e titolare del ristorante Leo a Bogotà, Leonor è stata la prima chef del suo paese a entrare nella The World’s 50 Best Restaurants – nel 2019 – scalando la classifica fino alla posizione n. 46 nell’edizione 2021, mentre è presente già da 8 edizioni nella Latin America’s 50 Best Restaurants. “Leonor Espinosa è una chef autodidatta che unisce all’innovazione culinaria un’ampia ricerca scientifica, ed è diventata una delle chef latinoamericane più iconiche della sua generazione, difendendo come nessun altro la biodiversità del suo Paese e la sua diversità culturale” commenta così il premio William Drew, direttore dei contenuti per i 50 Best.

Chi è Leo Espinosa

Cuoca e attivista, Espinosa è il nome più in vista del suo paese, anche per l’impegno per le comunità indigene. Con la fondazione Funleo continua a studiare, recuperare e sostenere tradizioni e prodotti autoctoni colombiani, promuovendo diritto al cibo e sovranità alimentare, ma soprattutto sviluppando un’economia rurale a difesa della biodiversità che possa essere una alternativa alla criminalità legata al narcotraffico. Un impegno che al ristorante si traduce nella valorizzazione di ingredienti autoctoni, decisamente insoliti per chi non è abituato a frequentare alcune parti del mondo: formiche giganti, vermi mojojoy, pelle e lingua del pesce piracurú amazzonico e mucillagine di cacao Tayrona. Un patrimonio alimentare inserito in un contesto di alta cucina contemporanea, secondo una filosofia chiamata Ciclo-Bioma, chiave di volta per scrivere i canoni della cucina colombiana moderna, come già hanno fatto prima di lei, in altre regioni del sud del mondo, chef quali Alex Atala, Virgilio Martine e Gaston Acurio. Dopo la pandemia Leo ha riaperto in una nuova sede nel quartiere di Chapinero, in un progetto che riunisce fine dining e casual dining: da una parte ristorante creativo curato da Leonor, dall’altra la versione più informale curata da Laura in cui trovare anche la linea di liquori e cocktail che seguono la stessa filosofia che valorizza materie prime e tecniche locali.

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