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La prima ostrica non si scorda mai. Diario di viaggio nella parte più selvaggia della Normandia

Tra i luoghi del D-DAY e Le Mont Saint Michel, c'è un'incredibile penisola verde bagnata della Manica e circondata dal mare, con lunghissime distese di ostriche che crescono in un ambiente ideale

  • 19 Maggio, 2025

Fuori dai comuni itinerari turistici della Normandia che si concentrano più sulla (peraltro meravigliosa) Costa d’Alabastro e le spiagge dello sbarco dove si rivive una pagina di storia, la penisola del Cotentin all’estremo Ovest ha un fascino incredibile soprattutto per chi ama la natura non antropizzata, le camminate su spiagge lunghissime punteggiate da vaste brughiere di erica e ginestra e pasteggiare a frutti di mare freschissimi. Da Nez de Jobourg alla punta estrema Nord Ovest al limite del selvaggio con le sue falesie più alte d’Europa, arriviamo a Barneville-Carteret, dove la battigia è interminabile, un luogo che richiama chi ama correre veloce solo per la gioia irrefrenabile di vivere, senza pensieri né macigni nel corpo o nel cuore. Mia figlia coi capelli al vento che vuole fare la gara col papà, il cane con la lingua di fuori e il rametto curioso avvistato all’orizzonte, il puledro al galoppo che inarrestabile percorre la spiaggia avanti e indietro con una giovane fantina in groppa.

Capesante, buccini di mare, mitili, vongole e naturalmente una profusione di ostriche carnose e iodate. I frutti di mare qui sono onnipresenti nelle entrée di tutti i menu di ristoranti e Oyster Bar, ma i produttori li vendono anche alle bancherelle dei porti e li portano ai mercati cittadini in giro per tutta la Normandia.

Coloratissime cabines e distese d’ostriche

Percorrendo la costa da Nord a Sud in direzione Le Mont-Saint-Michel alla ricerca di un pit stop notiamo una foto su Google Map che ci porta fino alla spiaggia del piccolo villaggio di Gouville-sur-mer, ritrovandoci all’interno in una piccola tela dipinta ad acquerello. Ai margini delle dune di sabbia, tra le distese di ginestre mosse dal vento, le cabine da spiaggia tinteggiate di bianco freddo hanno i tetti nei colori primari che emanano luce in contrasto con l’azzurrino velato da grigio opaco tipico dei cieli del Nord.


Le prime cabines vennero costruite negli anni Venti dagli albergatori per la clientela abituale del lido, abbandonate negli anni di guerra poi riacquisirono popolarità fino ad espandersi a vista d’occhio. Se ne contavano addirittura un centinaio negli anni Ottanta, poi fu deciso di regolamentarle: oggi in ottemperanza alla lois litoral nessuno può costruirne di nuove, né ripristinarne una qualora cadesse in rovina ma solo mantenere in vita le esistenti. I fortunati storici proprietari si prodigano giustamente a ritinteggiarle periodicamente contribuendo a richiamare soprattutto in estate piccole frotte di visitatori curiosi.

Piccolo borgo di pescatori, Gouville-sur-mer ospita la più ampia distesa di ostriche e mitili a cielo aperto della Francia. Quando c’è la bassa marea, appassionati di molluschi di ogni età con stivaloni ai piedi percorrono la battigia per raccogliere i piccoli tesori del mare che emergono dalla sabbia. Trattori con carri al seguito trasportano al largo gli operatori con tuta gialla per controllare i banchi d’ostriche, pronti a ritornare repentinamente quando l’acqua risale. Qui infatti siamo vicini a Le Mont Saint Michel dove gli effetti della luna sulle maree si fanno sentire. Il dislivello dell’acqua nel corso della giornata se il coefficiente delle maree è alto può superare gli 11 metri. In estate a volte appaiono anche delle carrozze trainate da cavalli che trasportano fino ai banchi d’ostriche i turisti desiderosi di provare l’esperienza di raccoglierle in prima persona.

L’ostricoltura in questa zona ha una lunga storia che si perde nei secoli. Esportate anche in Italia, le ostriche Antilope 1858 dell’azienda Navarre, piene e carnose, prendono il nome dal vascello a vapore Antilope che sotto il regno di Napoleone Bonaparte proteggeva i parchi ostricoli della baia. Nel 1858 in un giorno di burrasca venne chiamato in soccorso di una nave in difficoltà, ma a causa della nebbia fitta si arenò. L’albero con le pale a vapore che restò incagliato si scorge ancora al largo e rimane a perenna memoria e protezione degli allevatori d’ostriche.

La Côte Ouest è il regno delle ostriche “pleine mer”, ovvero allevate al largo in gabbie o sacche sospese al livello del mare, anziché nei claires, i bacini di affinamento controllati. A differenza di Cancale, dove si trovano cave, piatte e di ogni dimensione, a Gouville-sur-mer si alleva solo la concava Crassostrea gigas, originaria del Giappone, che beneficia delle acque calde e ricche di nutrienti della Corrente del Golfo, oltre che delle forti maree, che irrobustiscono il muscolo del mollusco utilizzato per aprire e chiudere le valve. Celebri in tutto il mondo sono le Krystale, allevate dalla famiglia K’Dual, che dal 2007 ha importato qui dall’Australia un innovativo sistema di sacche basculanti che al passaggio dei flutti fanno sfregare tra loro le ostriche levigando perfettamente i gusci. Dal grigio perla brillante all’interno, “cristallino” appunto, rivela all’assaggio un’inaspettata dolcezza che controbilancia le note minerali e sapide.

La prima ostrica non si scorda mai

Siamo di ritorno a Nord nella Côte Fleurie, a Honfleur, delizioso borgo di mare dove la sera troveremo al bistrot Huitre Bruile la più interessante interpretazione di ostriche e capesante del nostro viaggio. Nel mercatino che si tiene ogni mercoledì, in mezzo ai banchi di frutta bio e formaggi locali, un allevatore di ostriche ha predisposto dei tavolini per un perfetto aperitivo mattutino. Provengono da Blainville-sur-Mer, comune confinante con Gouville-sur-mer.

Il porticciolo di Honfleur

«Voglio provarla anch’io», mia figlia, 8 anni ancora da compiere, ha uno spirito ardito, perlomeno nell’assaggio. Badaboom. Occhi spalancati. «È forte, mezza basta». Forse è ancora presto, se l’ostrica fosse un film su Netflix probabilmente sarebbe tra quelli classificati per gli over 16. Però del gusto di acqua di mare dell’ostrica a distanza di settimane ne parla ancora, nel bene o nel male sarà forse uno dei ricordi gustativi che si porterà dietro negli anni.

Mi ritorna in mente il romanzo autobiografico di Anthony Bourdain Kitchen Confidential, che si apre con il racconto di sue epifanie gustative durante il primo viaggio che fece in Francia, terra natale del padre, alla fine della quinta elementare. «E assaggiai la mia prima ostrica. Quello fu un fatto davvero significativo. Me lo ricordo così come rammento il giorno in cui persi la verginità…e sotto molti punti di vista, con più affetto. […] Monsieur Sanit-Jour […] quasi scomparve sott’acqua, e riemerse serrando nel pugno simile a una morsa un’enorme ostrica di forma irregolare, incrostata di sabbia. Con un vecchio coltello dalla lama corta e arrugginita aprì il mollusco e me lo porse sotto gli occhi di tutti, con il mio fratellino che indietreggiava disgustato da quella cosa luccicante, dall’aria sensuale, ancora abbastanza viva e gocciolante. Io la presi in mano, mi rovesciai in bocca il contenuto della conchiglia, seguendo le istruzioni del raggiante monsieur Saint-Jour, e ingollai rumorosamente. Sapeva di acqua salata…di brina e di carne…e in qualche modo…del futuro. E ogni cosa fu diversa. Ogni cosa».

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