Jamie Oliver è una figura che divide: per alcuni è il volto amichevole della cucina veloce e accessibile, per altri un testimonial sovraesposto che ha messo troppa carne al fuoco. Dopo oltre vent’anni di carriera, continua a muoversi tra televisione, progetti educativi e nuove iniziative, rimanendo un protagonista nel discorso sul cibo e sulla salute pubblica. Uno specchietto di come l’industria del cibo si è evoluta, e come lui abbia cercato, a modo suo, di starle dietro o indirizzarla. Oliver è uno dei quattro protagonisti della nuova stagione di Chef’s Table: Legends su Netflix, che celebra chef di fama mondiale, al fianco di Alice Waters, Thomas Keller e José Andrés.
Jamie Oliver
Nato nel 1975 in un piccolo villaggio dell’Essex, Oliver cresce tra i fornelli del pub di famiglia. Dopo il Westminster Kingsway College, lavora con Antonio Carluccio e poi con Gennaro Contaldo, cuochi italiani naturalizzati britannici noti per aver diffuso la cucina tradizionale italiana nel Regno Unito, e mentori di Oliver. Il debutto televisivo arriva quasi per caso: viene notato da una troupe durante un servizio al ristorante londinese River Café dove lavora come sous chef. Il programma The Naked Chef debutta nel 1999 sulla BBC e subito Oliver fa breccia nel cuore del pubblico britannico grazie al tono informale, approccio sbarazzino, e ricette essenziali. Nello stesso anno viene invitato a preparare un pranzo per il primo ministro Tony Blair a Downing Street. Costruisce la sua notorietà su un’immagine precisa: giovane, umile, entusiasta. A questo si aggiunge un’efficace strategia editoriale: format TV, merchandising e libri (oltre 14 milioni di copie vendute, diventando l’autore di saggistica più venduto nel Regno Unito), che lo rende familiare a un pubblico sempre più ampio. Ma proprio questa esposizione contribuisce all’insorgere di critiche: c’è chi gli imputa superficialità, e chi nota la tendenza a semplificare all’eccesso ricette di tradizione, soprattutto le sue reinterpretazioni di piatti italiani.
Dal 2005 in poi Oliver sposta il focus sulla nutrizione scolastica e sul cibo come leva sociale. Campagne come Feed Me Better per migliorare l’alimentazione nelle scuole britanniche, ottenendo il sostegno del governo, o Food Revolution tentano di influenzare le politiche pubbliche, ma ricevono anche critiche per l’approccio poco attento alle dinamiche culturali dei territori coinvolti. Poi il disastro.
La sua catena di ristoranti subisce nel 2019 un ridimensionamento drastico, con la dichiarazione di bancarotta e la chiusura di 22 locali nel Regno Unito: un segnale dei limiti della sua espansione imprenditoriale.
Chef’s Table Legends
Nonostante le difficoltà, Oliver continua a promuovere l’educazione alimentare. È recentissima l’inaugurazione di una nuova scuola di cucina a Londra e il lancio del programma Eat Yourself Healthy, focalizzato su ricette che migliorano il benessere generale. Continua a pubblicare libri e il 1 luglio guiderà un tentativo per il Guinness dei primati per la lezione di cucina online più partecipata, insegnando a preparare una semplice pasta al pomodoro. Parallelamente, lancia negli Stati Uniti il programma gratuito 10 Cooking Skills for Life, destinato a insegnare competenze culinarie fondamentali agli studenti delle scuole medie e superiori. I suoi contenuti restano coerenti con il suo stile: piatti amati e accessibili, con un messaggio sempre educativo. Le formule cambiano, ma il tono resta quello di sempre: diretto, ottimista, pedagogico.
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