«Io di tutta questa verdura non so che farmene». È stata questa inequivocabile frase pronunciata da Pietro Segatta a far scattare sull’attenti lo chef Roy Caceres, che oggi assieme a Silvia Galan e Pietro, dell’azienda Cercatori di Semi, si prende cura di un orto sperimentale ad Ardea, in provincia di Roma.
«Silvia, colombiana anche lei, e Pietro sono i fondatori di Cercatori di Semi, il loro core business è la selezione genetica sul terreno, mediate la quale selezionano i vegetali più belli: a loro servono solo questi, dai quali prelevare e preservare il seme. Così, la prima volta che sono andato ad Ardea, mi sono portato a “casa” chili di frutta e verdura, particolari e rari, inutilizzati», racconta Roy Caceres, chef di Orma Roma, attualmente uno degli indirizzi più interessanti della Capitale. Ma la questione non poteva risolversi in questo modo, i tre hanno dunque messo a sistema un orto dedicato al fabbisogno di Orma, che ha poi coinvolto altri ristoranti.
«Noi gli diamo degli input e loro mettono in campo le nostre idee, pensate che alcuni loro semi sono stati richiesti dal team del Noma». Mentre ci parla, Roy sta sfogliando un diario con la programmazione dell’orto nei mesi che verranno. «Ho proposto di coltivare questo frutto che uso molto – spiega lo chef, indicando una foto del lulo – fa parte della famiglia delle Solanacee ed è tipico delle Ande. Pietro è riuscito a trovare dei semi, coltivandolo in vaso nei periodi invernali e a terra durante quelli estivi, quest’anno dovremmo ottenere i primi frutti. È riuscito anche a trovare i semi della papa criolla, una patata molto diffusa in Colombia, piccolina e gialla, di un sapore speciale. Tra qualche mese dovremmo ottenere le prime. Non vedo l’ora».
Quando assaggia prodotti nuovi o che le ricordano le sue origini, pensa subito a un piatto? «Sinceramente no, aspettiamo di averlo qui da Orma per poter cominciare a lavorarci. Così è stato con un piatto a cui teniamo molto – Caceres parla al plurale perché braccio destro e sinistro sono Giovanni Olivieri (con Caceres da quasi dieci anni) e Pier Mario Fiengo – tutto ruotato attorno al pomodoro, concepito grazie a un pomodoro coltivato da Pietro, si chiama Pantano di Ardea, è molto grande, molto succoso, quando lo si taglia sembra quasi una bistecca, nel periodo in cui mi ha fatto conoscere questo, ho assaggiato anche il Galapagos, il White Cherry, quasi biancastro, il Gold Berry, il dolcissimo pomodoro Coeur de Pigeon, il Black Cherry, tendente al nero.
Ci abbiamo costruito un piatto, nel quale c’erano anche tre tomatillos, sapete quei frutti usati come guarnizione negli anni ’90? Quest’anno ne stiamo coltivando quattro tipi, di colori e forme differenti, noi li usiamo in diversi stadi di maturazione, ad esempio il tomatillo giallo quando è acerbo spinge sull’acidità, per poi diventare dolcissimo, con un sapore che ricorda un po’ quello di una pera». Il piatto in questione, dove i pomodori erano presentati in diverse consistenze e cotture, veniva servito con una sorta di salsa pipián con i semi di zucca, sempre “opera” dei due fondatori di Cercatori di Semi, e accompagnato da una foglia di ibiscus rosso con all’interno il miso di fagioli rossi e paprika, preparato all’interno del loro laboratorio. Un piatto vegano, come del resto lo sono, nell’ultimo menu degustazione, Cavolfiore e tartufo, il Carciofo in brodetto e il Ceviche di spaghetti freddi conditi con succo di mais lattofermentato, semi di coriandolo tostato, alga kombu e un pestato di cipollotto, buccia di lime, jalapeño e rapa grattugiata. «Sono le ultime rape, le abbiamo raccolte l’altro giorno, sono favolose, dolcissime, sono originarie del Giappone».
Cavolfiore e tartufo
Mentre racconta il piatto ci fa vedere un’altra foto. «Questa è la loro serra dove si preparano tutti i germogli, vedete questa, si chiama myoga, gliela abbiamo fatta piantare noi, è una pianta che fa un bulbo alla base ed è una via di mezzo tra una cipolla e uno zenzero, è favolosa, non si trova in Italia. Pietro è riuscito, non so come, a trovare le piantine. L’anno scorso ne abbiamo raccolto tipo quattro chili, attualmente la serviamo con l’ostrica. Ora stiamo aspettando il cosmos fior di cioccolato, tipico messicano, ma ci aspetta un periodo florido – dice buttando un occhio all’agenda con il piano di coltivazione – a settembre riusciremo ad avere una sessantina di pomodori e una cinquantina di peperoncini diversi, per non parlare della melanzana giapponese che si può mangiare cruda perché non sviluppa solanina». Non stupisce che nel frattempo Pietro e Silvia abbiano aperto una azienda agricola a tutti gli effetti. «L’Azienda Agricola Santa Teresa è loro ma noi abbiamo fatto un contratto per il quale ci hanno dedicato un orto, che volendo è pure visitabile, bello grande. Ci andiamo all’incirca ogni due settimane, durante l’ultima visita mi hanno fatto assaggiare una papaccella tipica napoletana. “Guardala, questa è la vera papaccella, non quella che vendono in giro”, mi ha detto Pietro, ed effettivamente da cruda è croccantissima, succosa, dolcissima con una nota piccantina; anche questa potrebbe dare grandi soddisfazioni nel laboratorio di ricerca», commenta entusiasta Caceres. Siamo curiosi di vedere e assaggiare i prossimi piatti che tireranno fuori dalla “milpa” di Ardea.
Foto di Cultivar
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