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Neo proibizionismo

“Il prezzo del vino è troppo basso”. L’Oms invita i governi europei a introdurre le accise

L'Organizzazione mondiale della sanità continua la sua crociata contro il vino e chiede ai Paesi europei di rivedere la loro politica fiscale per il settore: più tasse, meno consumi, più entrate pubbliche

  • 29 Maggio, 2025

L’Oms riparte all’attacco del vino, colpevole di costare troppo poco. In un documento dal titolo Too cheap to ignore (Troppo economico per essere ignorato), l’Organizzazione mondiale della sanità invita i governi ad introdurre o inasprire le politiche fiscali su questo prodotto. «In molti paesi europei, l’alcol è oggi più accessibile rispetto a 20 anni fa e le persone ne pagano il prezzo con la propria salute», si legge nel testo. La soluzione? Ricorrere ad «uno strumento molto potente: la tassazione».
In attesa del prossimo vertice d’autunno sulle malattie non trasmissibili, l’Oms lancia la sfida e si rivolge direttamente ai Paesi europei, proponendosi come supporto nella progettazione di politiche fiscali più efficaci per l’alcol. A partire dalla pubblicazione di un nuovo rapporto sulla tassazione degli alcolici in Europa, che offre un’analisi approfondita di come i paesi utilizzano, o meno, le tasse.

Pochi Paesi applicano l’accisa sul vino

Nello specifico, il nuovo rapporto Oms evidenzia come nel 2022, solo 29 dei 53 Stati membri applicavano una qualsiasi forma di accisa sul vino, lasciando una quota significativa del consumo di alcolici non tassata (vedi il caso italiano). Ciò è dovuto in gran parte alla direttiva dell’Unione Europea sulle accise sugli alcolici, aggiornata l’ultima volta nel 1992, che consente ancora un‘imposta minima pari a zero sul vino. Mentre la maggior parte dei paesi della regione impone accise basate sul contenuto alcolico su birra e alcolici (rispettivamente il 63% e il 90%), solo due paesi lo fanno per il vino. Nel complesso, le accise contribuiscono in media per il 37% al prezzo degli alcolici, per il 16% alla birra e solo per il 14% al vino – cifre che diminuiscono ulteriormente nell’Ue, dove le accise sul vino si attestano in media solo sul 4%.

Tassazione e prezzo minimo

Da qui l’invito ad aumentare o inserire la tassazione. Nel rapporto, si legge, che le accise basate sul contenuto alcolico sono considerate lo strumento governativo più conveniente per la salute pubblica. Accanto alla tassazione, viene inserito anche il prezzo minimo (di cui si sta discutendo in Europa) per garantire che l’alcol più economico non venga venduto a prezzi stracciati.
I prezzi bassi, infatti, secondo l’Oms sarebbero responsabili di un maggiore consumo, in particolare tra i giovani e i bevitori accaniti.

«Eppure molti governi esitano ad agire, preoccupati per la mancanza di sostegno pubblico o per i potenziali aumenti del consumo di alcol non registrato», prosegue l’Oms nella sua crociata contro il vino, ricordando ai governi che «la tassazione degli alcolici non riguarda solo la salute, ma anche le entrate e il reinvestimento». Il ragionamento è semplice: più tasse, meno consumi, meno problemi di salute, più entrate per il Governo. Ma è davvero così, soprattutto in un momento in cui i consumi di vino si avviano verso il loro minimo storico e le aziende di vino sono già in grande difficoltà economica?

Gli esempi virtuosi secondo l’Oms

Lo studio dell’Oms riporta l’esempio dei Paesi nordici (Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia e Isole Faroe) che con i loro monopoli statali sugli alcolici regolano sia i prezzi che l’accesso. Secondo l’Oms questi sistemi avrebbero contribuito a mantenere prezzi elevati e a ridurre i danni. Altro esempio citato è quello della Lituania, dove a seguito di un significativo aumento delle accise sugli alcolici nel 2017, il consumo pro capite di alcol è diminuito del 7% rispetto all’anno precedente, mentre il gettito derivante dalle accise sugli alcolici è aumentato del 27%.

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