Era un vitigno quasi dimenticato, difficilmente reperibile sugli scaffali. Ora sta ritrovando una nuova vita. Parliamo della Schiava, vino tradizionale e simbolo dell’Alto Adige vitivinicolo. Un “rinascimeno” legato anche alla fortuna turistica del luogo di culto di questo vino. E se proprio il vino ha dato il là all’exploit del turismo, oggi sono invece i flussi di visitatori a plasmare la produzione di Schiava nel comune di Caldaro e nei suoi dintorni, creando un fermento di vignaioli minuscoli – alle volte quasi garagisti – che non c’è in molte altre aree di questa regione.
Non che qui non siano presenti anche giganti enoici: dopo la fusione con Erste + Neue del 2016, Cantina Kaltern (la cooperativa di Caldaro) è diventata la più grande dell’Alto Adige e gestisce più della metà degli oltre 700 ettari vitati del comune che ammontano a circa il 14% della superficie regionale. Accanto a questa realtà si sono moltiplicati piccoli e piccolissimi vignaioli che hanno ricominciato a fare i loro vini, in piccolo. Ma anche regalando belle soprese… ve ne presentiamo alcune.
Klosterhof
Da vigne tra 25 e 85 anni di età, vinificato con una piccola percentuale di grappoli interi, offre profumi ammalianti di fragolina, acqua di rose e un soffio di spezie orientali. Il raspo e la macerazione carbonica scolpiscono un sorso di rara suadenza e freschezza, con un frutto succosissimo al centro e un finale vibrante che invita al secondo sorso. Da provare alla cieca in una batteria di Pinot Nero per rimanere sorpresi.
Seeperle
Ribes, peonia, anice e qualche pennellata selvatica definiscono un naso di complessità sorprendente. Il sorso ha più corpo di altri, ma anche buona freschezza e un accenno leggero di tannino che aiuta nell’abbinamento con le classiche ricette altoatesine, polenta in primis. La ‘22 assaggiata tete a tete dimostra che evolve anche molto bene.
Thomas Unterhofer
Pochissime bottiglie per un vino originale, ematico sulle prime e poi balsamico e pepato, perfettamente evocativo della posizione alta – 450-500 metri – delle vigne da cui proviene. Leggero, slanciato, dotato di acidità molto rinfrescante e una vena salina che allungano il sorso e lo rendono facile da accoppiare a piatti ricchi di grassi.
Kaltern
Da vigne con un’età compresa tra 40 e 100 anni, la selezione della cantina sociale più grande della regione fa forza sull’eleganza, con profumi floreali, balsamici e di frutti di rovo appena raccolti. Morbido e relativamente leggero, sta benissimo con il pesce sia d’acqua dolce che di mare.
Manincor
In uscita in questi giorni, fa un affinamento breve in botte grande e ha un naso classico di liquirizia, erbette e geranio. Spinto sull’acidità e sulla freschezza quasi erbacea in questa fase, la 2019 assaggiata subito dopo dimostra che nel giro di qualche anno si assesterá e guadagnerà un po’ di volume in più, diventando un passepartout gastronomico.
Peter Sölva
A un profilo scuro di chinotto, more e spezie, fa seguito una bocca superiore alla media per incisività e struttura, con una leggera percezione tannica che dà spessore e ritorni pepati che ravvivano il finale preciso. Pollo arrosto o tagliatelle con speck e formaggio.
Castel Sallegg
In uscita nell’autunno 2025, la versione in anteprima di questo vino di una delle aziende private più storiche della zona ha un naso semplice e accattivante di fragola e fiori rossi, seguito da un sorso morbido e composto, con un finale preciso e scorrevole. Minestre e paste al pomodoro.
Oberpreyhof
Ribes selvatico, pepe ed erbette compongono un naso semplice, ma particolarmente fine. È leggero, immediato, godibilissimo nella sua semplicità, con un finale citrino e salino che restituisce l’immagine dei vigneti sopra i 400 metri d’altitudine. Ha superato alla grande la prova dell’abbinamento con il salame al Kalterersee.
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