«La pizza è un prodotto artigianale, non si può omologare», dice Ciro Salvo (pizzaiolo Tre Spicchi con 50 Kalò a Napoli e Roma), in risposta alla recente affermazione di Massimo Bottura che, intervistato da Reid Hoffman sul futuro del cibo e sulle potenzialità aperte dall’Intelligenza artificiale e dalle tecnologie, tira in causa proprio la pizza: «Se hai una macchina con un cool approach a tutto ciò che fai – il pomodoro perfetto con la quantità ideale di olio extravergine d’oliva, di origano, con la mozzarella perfetta, l’impasto perfetto cotto alla giusta temperatura – puoi fare una pizza uguale a Modena o nella Repubblica Ceca». Non solo è possibile, secondo le chef dell’Osteria Francescana, ma già qualcuno lo fa: è Italpizza. «Un’azienda incredibile» dice chef Bottura, perché fare la pizza è un esercizio molto complesso, e con la meccanizzazione riesce a ottenere e replicare la perfetta pizza napoletana. Avendo a disposizione una tecnologia che automatizza i processi dando un risultato preciso, senza margini di errore, «il cuoco può concentrarsi su cose diverse, pensare a una nuova ricetta, a cose nuove, senza perdersi a correggere tutti gli errori dell’uomo».
Ciro Salvo
Ohibo! Dove è finito il valore dell’artigianalità? È davvero possibile standardizzare? «Magari sì – fa Ciro Salvo – ma penso che un prodotto artigianale resti un prodotto artigianale, come fare il panino a casa o prendere quello del MacDonald’s. È un panino, sì, sempre uguale, ma se prendiamo la carne da un bravo macellaio, la cuociamo bene, usiamo il pane migliore, il risultato è diverso». Ma si può meccanizzare del tutto la realizzazione dell’impasto della pizza? «Non credo: l’impasto risente di tante variabili. Quelle climatiche, ma non solo: la farina cambia molto da un lotto all’altro, anche in base a come viene conservata, è molto sensibile all’ambiente in cui risiede».
Questo vale solo per farine artigianali? «No, vale per tutte le farine, anche quelle industriali». Forse chi non ha mai vissuto in prima persona il lavoro del pizzaiolo non ci pensa, ma fare la pizza non è solo mettere insieme acqua e farina, «è una questione di manico, come si diceva una volta». C’è poi la questione dell’unicità di un prodotto capace di restituire una fotografia fedele del luogo e del momento, oltre che della mano di chi la realizza. «Già due artigiani hanno risultati diversi con lo stesso impasto, figuriamoci se proviamo a meccanizzare il processo». Però automatizzando il lavoro si evitano errori… «Allora anche la pizza surgelata funziona, ma per fortuna non è solo questo. Forse – conclude – ha banalizzato troppo il nostro lavoro, siamo artigiani il nostro è un prodotto identitario».
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