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Come riconoscere un buon tartufo bianco con i consigli di un grande esperto

"Il miglior frigorifero per il tartufo? Il nostro pancino". I consigli di Cristiano Savini per riconoscere e conservare il tartufo bianco

  • 06 Ottobre, 2024

Cristiano Savini è uno dei grandi nomi del tartufo (qui una guida per sapere tutto quello che non sapete sull’ingrediente principe dell’autunno). Toscano, rappresenta la quarta generazione di tartufai, anche se l’attività l’ha avviata il nonno. Oggi è uno dei maggiori produttori di tartufo, con 650 cavatori che operano in tutto il centro Italia, e non solo nella zona in cui si trova l’azienda, tra Pisa, Firenze e Siena: terra fortunata per il tartufo, che qui si trova tutto l’anno nelle varietà stagionali. A Cristiano Savini chiediamo come riconoscere il bianco pregiato. «I consigli sono pochi – risponde – ma fondamentali». Tra gli altri, anche avere un rapporto di fiducia con chi ce lo vende.

Come scegliere il tartufo bianco

Il primo consiglio è affidarsi all’olfatto, che non mente. Il profumo deve essere pungente, pulito quasi piccato, ma non piccante, con quell’odore di tartufo pieno. Deve avere un aroma agliato, di nocciola, fungo, sottobosco, mai sgradevole o di ammoniaca. La sensazione all’olfatto deve essere di goduria, se non c’è, lascia perdere.

Il tatto è un altro indicatore: un tartufo con qualche giorno in più o mal conservato al tatto è leggermente gommoso, mentre un tartufo fresco e ben conservato ha una buona compattezza, è turgido e fresco. Ricordiamoci che il tartufo è composto per l’85% di acqua e se lo si strizza o schiaccia si vede. Un buon tartufo lo senti subito risponde immediatamente a una leggera pressione. Poi c’cmil peso: deve essere adeguato ala grandezza, se è leggero significa che dentro è vuoto.

Per valutare un buon tartufo solo dalla vista c’è bisogno di un po’ più di esperienza. Il colore deve essere uniforme, con sfumature nitide, senza macchie nere o buchi dati dai vermi. I difetti estetici come il segno lasciato dal cane o dal vanghetto non sono problemi. Quelli con il foro delle lumache, poi, sono i migliori. Il tartufo lumacato è uno dei miei preferiti. Più integro è meglio è, più compatto è meglio è, ma un tartufo rotto o scheggiato non è da scartare se si usa ne breve tempo possibile.

I consigli per la conservazione

La vita del tartufo è di massimo 2 settimane nel caso del bianco, a 4 nel caso del nero. Si conserva avvolto in un tovagliolino di carta che deve essere cambiato ogni giorno e poi riposto in frigo in un contenitore ermetico. Ma il mio consiglio spassionato è di consumarlo in tempi brevi: il nostro pancino è il miglior frigorifero.

La cosa migliore è consumare il tartufo poco dopo la raccolta. Dunque meglio fare come per le mozzarelle, chiediamolo in anticipo a chi ce lo vende per il giorno precedente a quello in cui intendiamo consumarlo. Se si ha una cena sabato, prenotarlo per venerdì. Lo stesso se lo si vuole regalare per Natale.

L’acquisto

Quanto ne serve? Dipende dal tipo di piatto: su un uovo al tegamino se ne userà meno di un piatto di tagliolini. Si va dai 3 agli 8 grammi a testa, ma non esiste un limite. Difficile avere un preventivo di spesa preciso, perché la valutazione cambia in base alla pezzatura (un tartufo da record, come quello in foto di copertina, ha un prezzo al grammo più alto), all’integrità, e al mercato del momento, ma in linea di massima si può dire che il bianco va dai 3,5 ai 5 euro al grammo, ma si arriva anche al doppio, il nero uncinato, più accessibile, sta 1 euro e mezzo.

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